Teorema – Tomb Raider
È uscito TEOREMA #20. Questo mese, ho scritto Tomb Raider – Cronache di uno scisma concettuale, un articolo sul fenomeno della dissonanza ludonarrativa. Ecco un estratto.
Alla fine del gioco, dopo qualche settimana di tempo “narrativo”, Lara Croft ha assassinato con le sue mani ogni forma di vita animale sull’isola, dal più piccolo volatile all’intera popolazione di cervi e cinghiali, più un migliaio di russi spiaggiati e qualche dozzina di creature soprannaturali, compresa una regina-strega immortale. E, mentre spacca teste e vaporizza degli ignari indigeni, continuerà – nelle cutscene – a ribadirci la sua vulnerabilità, sensibilità e rispetto per la vita in ogni sua forma. Secondo la storia che ci viene proposta, il suo arco narrativo è quello della ragazza della porta accanto che diventa un’eroina attraverso la perseveranza e la resilienza, eppure la nostra esperienza di gameplay contraddice questo assunto: nelle mani del giocatore, Lara è un flagello cieco e mostruoso. Come dice il colonnello Kurtz in Apocalypse Now, agisce “senza passione, senza discernimento” ed è capace di atti psicotici, immotivati, sadici, rispondenti a un pragmatismo mortifero quasi industriale.
Questo fenomeno, tipico di ogni forma d’arte, ma particolarmente evidente nei videogame, si chiama dissonanza ludonarrativa. Il problema emerge quando un game designer ignora una delle regole cardine del suo mestiere: ovvero che le meccaniche di gioco servono a illustrare la storia e la storia serve a mettere in luce le meccaniche di gioco.