21
Giu
2009

Le ferite di Gaza e le nuove armi — 22/02/09

(Que­sto arti­co­lo è sta­to tra­dot­to per Mega­chip)

di Dr. Ghas­san Abu Sit­tah e Dr. Swee Ang – «The Lancet»*

Il dot­tor Ghas­san Abu Sit­tah ed il dot­tor Swee Ang, due chi­rur­ghi ingle­si, sono riu­sci­ti a rag­giun­ge­re Gaza duran­te l’invasione israe­lia­na. In que­sto arti­co­lo descri­vo­no le loro espe­rien­ze, con­di­vi­do­no le loro opi­nio­ni e ne trag­go­no le ine­vi­ta­bi­li con­se­guen­ze: la popo­la­zio­ne di Gaza è estre­ma­men­te vul­ne­ra­bi­le e total­men­te iner­me davan­ti ad un even­tua­le attac­co israeliano.

Le feri­te di Gaza sono pro­fon­de e stra­ti­fi­ca­te. Inten­dia­mo par­la­re del mas­sa­cro di Khan You­nis del 1956, in cui 5mila per­so­ne per­se­ro la vita? Oppu­re dell’esecuzione di 35mila pri­gio­nie­ri di guer­ra da par­te dell’esercito israe­lia­no nel 1967? E la pri­ma Inti­fa­da, in cui alla disob­be­dien­za civi­le di un popo­lo sot­to occu­pa­zio­ne si rispo­se con un incre­di­bi­le nume­ro di feri­ti e cen­ti­na­ia di mor­ti? Ancor di più, non pos­sia­mo non tener con­to dei 5.420 feri­ti nel sud di Gaza duran­te le osti­li­tà del 2000. Ma, nono­stan­te tut­to ciò, in que­sto arti­co­lo ci occu­pe­re­mo esclu­si­va­men­te dell’invasione che ha avu­to luo­go dal 27 dicem­bre 2008 al 18 gen­na­io 2009.
Si sti­ma che, in quei 23 gior­ni, sia­no sta­te river­sa­te sul­la Stri­scia di Gaza un milio­ne e mez­zo di ton­nel­la­te di esplo­si­vo. Per dare un’idea appros­si­ma­ti­va di ciò di cui si sta par­lan­do, è bene spe­ci­fi­ca­re che il ter­ri­to­rio in que­stio­ne copre una super­fi­cie di 360 kilo­me­tri qua­dra­ti ed è la casa di 1,5 milio­ni di per­so­ne: è l’area più den­sa­men­te popo­la­ta del mon­do. Pri­ma dell’invasione, è sta­ta affa­ma­ta per 50 gior­ni da un embar­go com­mer­cia­le ma, in real­tà, fin dall’elezione dell’attuale gover­no è sta­ta posta sot­to vin­co­li com­mer­cia­li. Negli anni, l’embargo è sta­to par­zia­le o tota­le, ma mai assen­te.
L’occupazione si è aper­ta con 250 vit­ti­me in un solo gior­no. Ogni que­stu­ra è sta­ta bom­bar­da­ta, cau­san­do ingen­ti per­di­te tra le for­ze dell’ordine. Dopo aver spaz­za­to via la poli­zia, l’esercito israe­lia­no si è dedi­ca­to ai ber­sa­gli non gover­na­ti­vi. Gli eli­cot­te­ri Apa­che e gli F16 han­no fat­to pio­ve­re mor­te dal cie­lo, men­tre i can­no­ni del­la mari­na mili­ta­re han­no con­dot­to un attac­co dal mare e l’artiglieria si è occu­pa­ta del­la ter­ra. Mol­te scuo­le sono sta­te ridot­te in mace­rie, tra cui l’American School of Gaza, 40 moschee, alcu­ni ospe­da­li, vari edi­fi­ci dell’ONU ed ovvia­men­te 21mila case, di cui 4mila sono sta­te rase al suo­lo. Cir­ca 100mila per­so­ne sono dive­nu­te improv­vi­sa­men­te senzatetto.

Le armi israeliane

Gli arma­men­ti impie­ga­ti, oltre alle bom­be e agli esplo­si­vi ad alto poten­zia­le con­ven­zio­na­li, inclu­do­no anche tipo­lo­gie non con­ven­zio­na­li. Ne sono sta­te iden­ti­fi­ca­te alme­no quat­tro categorie:

Pro­iet­ti­li e bom­be al fosfo­ro
I testi­mo­ni ocu­la­ri affer­ma­no che alcu­ne bom­be esplo­de­va­no in quo­ta, rila­scian­do un ampio ven­ta­glio di micro-ordi­gni al fosfo­ro che si distri­bui­va­no su un’ampia super­fi­cie. Duran­te l’invasione via ter­ra, i car­ri arma­ti era­no usi sfon­da­re le mura del­le case con pro­iet­ti­li ordi­na­ri per poi far fuo­co al loro inter­no con pro­iet­ti­li al fosfo­ro. Que­sto meto­do per­met­te di sca­te­na­re ter­ri­bi­li incen­di all’interno del­le strut­tu­re, ed un gran nume­ro di cor­pi car­bo­niz­za­ti è sta­to rin­ve­nu­to rico­per­to da par­ti­cel­le di fosfo­ro incan­de­scen­te. Un pre­oc­cu­pan­te inter­ro­ga­ti­vo è posto dal fat­to che i resi­dui rin­ve­nu­ti paio­no amal­ga­ma­ti ad un agen­te sta­bi­liz­zan­te spe­cia­le, che gli con­fe­ri­sce la capa­ci­tà di non bru­cia­re com­ple­ta­men­te, fino all’estinzione. I resi­dui di fosfo­ro anco­ra copro­no le cam­pa­gne, i cam­pi da gio­co e gli appar­ta­men­ti. Si riac­cen­do­no quan­do i bam­bi­ni curio­si li rac­col­go­no, oppu­re pro­du­co­no fumi tos­si­ci quan­do i con­ta­di­ni annaf­fia­no le loro ter­re con­ta­mi­na­te. Una fami­glia, ritor­na­ta al suo orto dopo le osti­li­tà, ha irri­ga­to il ter­re­no ed è sta­ta inglo­ba­ta da una col­tre di fumo spri­gio­na­ta dal suo­lo. La sem­pli­ce ina­la­zio­ne ha pro­dot­to epi­stas­si. Que­sti resi­dui di fosfo­ro trat­ta­to con sta­bi­liz­zan­te sono, in un cer­to sen­so, un ana­lo­go del­le mine anti­uo­mo. A cau­sa di que­sta costan­te minac­cia, la popo­la­zio­ne (spe­cial­men­te quel­la infan­ti­le) ha dif­fi­col­tà a tor­na­re ad una vita nor­ma­le.
Dagli ospe­da­li, i chi­rur­ghi rac­con­ta­no di casi in cui, dopo una lapa­ro­to­mia pri­ma­ria per cura­re feri­te rela­ti­va­men­te pic­co­le e poco con­ta­mi­na­te, un secon­do inter­ven­to ha rive­la­to aree cre­scen­ti di necro­si dopo un perio­do di 3 gior­ni. In segui­to, la salu­te gene­ra­le del pazien­te si dete­rio­ra ed, entro 10 gior­ni, neces­si­ta­no un ter­zo inter­ven­to, che met­te in luce una mas­sic­cia necro­si del fega­to. Que­sto feno­me­no è, a vol­te, accom­pa­gna­to da emor­ra­gie dif­fu­se, col­las­so rena­le, infar­to e mor­te. Seb­be­ne l’acidosi, la necro­si del fega­to e l’arresto car­dia­co improv­vi­so (dovu­to all’ipocalcemia) sia­no tipi­che com­pli­ca­zio­ni nel­le vit­ti­me di fosfo­ro bian­co, non è pos­si­bi­le attri­buir­le alla sola ope­ra di que­sto agen­te.
È neces­sa­rio ana­liz­za­re ed iden­ti­fi­ca­re la vera natu­ra di que­sto fosfo­ro modi­fi­ca­to ed i suoi effet­ti a lun­go ter­mi­ne sul­la popo­la­zio­ne di Gaza. È anche urgen­te la rac­col­ta e lo smal­ti­men­to dei resi­dui di fosfo­ro sul­la super­fi­cie dell’intera regio­ne. Que­ste sostan­ze emet­to­no fumi tos­si­ci a con­tat­to con l’acqua: alla pri­ma piog­gia potreb­be­ro avve­le­na­re tut­ta la Stri­scia. I bam­bi­ni dovreb­be­ro impa­ra­re a rico­no­sce­re ed evi­ta­re que­sti resi­dui pericolosi.

Bom­be pesan­ti
L’uso di bom­be DIME (esplo­si­vi a mate­ria­le den­so iner­te) risul­ta evi­den­te, anche se non è sta­to deter­mi­na­to con chia­rez­za se sia sta­to impie­ga­to ura­nio impo­ve­ri­to nel­le aree meri­dio­na­li. Nel­le zone urba­ne, i pazien­ti soprav­vis­su­ti mostra­no ampu­ta­zio­ni dovu­te a DIME. Que­ste feri­te sono facil­men­te rico­no­sci­bi­li per­ché i mon­che­ri­ni non san­gui­na­no ed il taglio è net­to, a ghi­gliot­ti­na. I bos­so­li e gli shra­pnel del­le DIME sono estre­ma­men­te pesanti.

Bom­be ad implo­sio­ne
Tra le armi usa­te, ci sono anche i bun­ker-buster e le bom­be ad implo­sio­ne. Ci sono casi, come quel­lo del Scien­ce & Tech­no­lo­gy Buil­ding o dell’università isla­mi­ca di Gaza, in cui un palaz­zo ad otto pia­ni è sta­to ridot­to ad un muc­chio di detri­ti non più alto di un metro e mezzo.

Bom­be silen­zio­se
La popo­la­zio­ne di Gaza ha descrit­to un nuo­vo tipo di arma dagli effet­ti deva­stan­ti. Arri­va sot­to for­ma di pro­iet­ti­le silen­zio­so, o al mas­si­mo pre­ce­du­to da un fischio, e vapo­riz­za tut­to ciò che si tro­va in aree este­se sen­za lascia­re trac­ce con­si­sten­ti. Non sap­pia­mo come cate­go­riz­za­re que­sta tec­no­lo­gia, ma si può ipo­tiz­za­re che sia una nuo­va arma a par­ti­cel­le in fare di sperimentazione.

Ese­cu­zio­ni
I soprav­vis­su­ti rac­con­ta­no di tank israe­lia­ni che, dopo esser­si fer­ma­ti davan­ti agli appar­ta­men­ti, inti­ma­va­no ai resi­den­ti di uscir­ne. Di soli­to, i pri­mi ad obbe­di­re era­no i bam­bi­ni, gli anzia­ni e le don­ne. Che, altret­tan­to pron­ta­men­te, veni­va­no mes­si in fila e fuci­la­ti sul posto. Deci­ne di fami­glie sono sta­te smem­bra­te in que­sto modo. Nel­lo scor­so mese, l’assassinio deli­be­ra­to di bam­bi­ni e don­ne disar­ma­te è sta­to anche con­fer­ma­to da atti­vi­sti per i dirit­ti umani.

Eli­mi­na­zio­ne di ambu­lan­ze
Alme­no 13 ambu­lan­ze sono sta­te vit­ti­ma di spa­ra­to­rie. Gli auti­sti e gli infer­mie­ri sono sta­ti spa­ra­ti men­tre recu­pe­ra­va­no ed eva­cua­va­no i feriti.

Bom­be a grap­po­lo
Le pri­me vit­ti­me del­le bom­be a grap­po­lo sono sta­te rico­ve­ra­te all’ospedale Abu Yusef Naj­jar. Più del­la metà dei tun­nel di Gaza sono sta­ti distrut­ti, ren­den­do inu­ti­liz­za­bi­le gran par­te del­le infra­strut­tu­re atte alla cir­co­la­zio­ne dei beni pri­ma­ri. Al con­tra­rio di ciò che si pen­sa, que­sti tun­nel non sono depo­si­ti per armi (anche se potreb­be­ro esse­re sta­ti usa­ti per tra­fu­ga­re armi leg­ge­re), ma per car­bu­ran­te ed ali­men­ti. Lo sca­vo di nuo­vi tun­nel, che ora occu­pa un buon nume­ro di pale­sti­ne­si, ha tal­vol­ta inne­sca­to bom­be a grap­po­lo pre­sen­ti sul suo­lo. Que­sto tipo di ordi­gni è sta­to usa­to al con­fi­ne di Rafah e già cin­que ustio­na­ti gra­vi sono sta­ti por­ta­ti all’ospedale dopo l’esplosione di que­ste trappole.

Con­teg­gio dei mor­ti
Al 25 gen­na­io 2009, la sti­ma dei mor­ti è arri­va­ta a 1.350. Il nume­ro è in con­ti­nua asce­sa a cau­sa del­la mole di feri­ti gra­vi che con­ti­nua­no a mori­re negli ospe­da­li. Il 60% dei mor­ti è costi­tui­to da bambini.

Feri­ti gra­vi
Il nume­ro dei feri­ti gra­vi è di 5.450, con un 40% di bam­bi­ni. Si trat­ta in mas­si­ma par­te di pazien­ti ustio­na­ti o poli­trau­ma­ti­ci. Colo­ro che han­no subi­to frat­tu­re ad un solo arto e colo­ro che, pur aven­do ripor­ta­to lesio­ni sono anco­ra in gra­do di cam­mi­na­re, non sono sta­ti inclu­si in que­sto con­teg­gio.
Nel­le nostre discus­sio­ni con infer­mie­re e dot­to­ri, le paro­le “olo­cau­sto” e “cata­stro­fe” sono sta­te spes­so men­zio­na­te. Lo staff medi­co al com­ple­to por­ta i segni del trau­ma psi­co­lo­gi­co dovu­to al lavo­ro fre­ne­ti­co dell’ultimo mese, pas­sa­to a fron­teg­gia­re le mas­se che han­no affol­la­to le came­re mor­tua­rie e le sale ope­ra­to­rie. Mol­ti dei pazien­ti sono dece­du­ti nel Repar­to Inci­den­ti ed Emer­gen­za, ancor pri­ma del­la dia­gno­si. In un ospe­da­le distret­tua­le, il chi­rur­go orto­pe­di­co ha por­ta­to a ter­mi­ne 13 fis­sa­zio­ni ester­ne in meno di un gior­no.
Si sti­ma che, tra i feri­ti gra­vi, 1.600 sono desti­na­ti a rima­ne­re disa­bi­li a vita. Tra que­sti, mol­ti han­no subi­to ampu­ta­zio­ni, feri­te alla colon­na ver­te­bra­le, feri­te alla testa, ustio­ni este­se con con­trat­tu­re sfiguranti.

Fat­to­ri spe­cia­li
Duran­te l’invasione, il nume­ro dei mor­ti e dei feri­ti è sta­to par­ti­co­lar­men­te alto a cau­sa dei seguen­ti motivi:

* Nes­su­na via di fuga: Gaza è sta­ta sigil­la­ta dal­le trup­pe israe­lia­ne, che han­no impe­di­to a chiun­que di fug­gi­re dai bom­bar­da­men­ti e dall’invasione ter­re­stre. Sem­pli­ce­men­te, non c’era alcu­na via di fuga. Anche all’interno dei con­fi­ni di Gaza gli spo­sta­men­ti dal nord al sud sono sta­ti resi impos­si­bi­li dai tank israe­lia­ni, che han­no taglia­to ogni via di comu­ni­ca­zio­ne. Al con­tra­rio del­la guer­ra in Liba­no dell’82 e del ‘06, in cui la popo­la­zio­ne pote­va spo­star­si dal­le aree di bom­bar­da­men­to mas­sic­cio a quel­le di rela­ti­va sicu­rez­za, un opzio­ne di que­sto tipo era pre­clu­sa a Gaza.

* La den­si­tà del­la popo­la­zio­ne di Gaza è ecce­zio­na­le. E’ inquie­tan­te nota­re che le bom­be impie­ga­te dall’esercito israe­lia­no sono “ad alta pre­ci­sio­ne”. Il loro tas­so di suc­ces­so, nel cen­tra­re palaz­zi affol­la­ti, è del 100%. Altri esem­pi? Il mer­ca­to cen­tra­le, le sta­zio­ni di poli­zia, le scuo­le, gli edi­fi­ci dell’ONU (in cui gli abi­tan­ti era­no con­flui­ti per sfug­gi­re ai bom­bar­da­men­ti), le moschee (di cui 40 sono sta­te rase al suo­lo) e le case del­le fami­glie, con­vin­te di esse­re al sicu­ro per­ché tra loro non si anni­da­va­no com­bat­ten­ti. Nei con­do­mi­ni, una sola bom­ba a implo­sio­ne è suf­fi­cien­te a ster­mi­na­re deci­ne di fami­glie. Que­sta ten­den­za a pren­de­re di mira i civi­li ci fa sospet­ta­re che gli obiet­ti­vi mili­ta­ri sia­no con­si­de­ra­ti ber­sa­gli col­la­te­ra­li, men­tre l’obiettivo pri­ma­rio sia la popolazione.

* La quan­ti­tà e la qua­li­tà del­le muni­zio­ni sopra descrit­te ed il modo in cui sono sta­te impiegate.

* La man­can­za di dife­se che Gaza ha dimo­stra­to nei con­fron­ti del­le moder­ne armi israe­lia­ne. La regio­ne non ha tank, aero­pla­ni da guer­ra, nes­sun siste­ma anti­ae­reo da schie­ra­re con­tro l’esercito inva­so­re. Sia­mo sta­ti testi­mo­ni in pri­ma per­so­na di uno scam­bio di pal­lot­to­le tra un tank israe­lia­no e gli AK47 pale­sti­ne­si. Le for­ze in cam­po era­no, per usa­re un eufe­mi­smo, impa­ri.
L’assenza di rifu­gi anti­bom­ba fun­zio­na­li a dispo­si­zio­ne del­la popo­la­zio­ne civi­le. Sfor­tu­na­ta­men­te, anche se ci fos­se­ro non avreb­be­ro alcu­na chan­ce con­tro i bun­ker-buster israeliani.

Con­clu­sio­ne
Se si pren­do­no in con­si­de­ra­zio­ne i seguen­ti pun­ti, è ovvio che un’ulteriore inva­sio­ne di Gaza pro­vo­che­reb­be dan­ni cata­stro­fi­ci. La popo­la­zio­ne è vul­ne­ra­bi­le ed iner­me. Se la Comu­ni­tà Inter­na­zio­na­le inten­de evi­ta­re feri­men­ti ed ucci­sio­ni di mas­sa nel pros­si­mo futu­ro, dovrà svi­lup­pa­re una qual­che for­za di dife­sa per Gaza. Se ciò non acca­drà, i civi­li con­ti­nue­ran­no a morire.

Arti­co­lo ori­gi­na­le: The wounds of Gaza, «The Lan­cet — Glo­bal Health Net­work», 2 feb­bra­io 2009.

* «The Lan­cet» è la rivi­sta medi­ca più auto­re­vo­le del mondo.