21
Nov
2011

Lovecraft Zero — Vol. 1 — Dagon


Rie­di­to da Edi­zio­ni di Kar­ta, è usci­to il pri­mo eBook del­la serie Love­craft Zero: Dagon.
Scrit­to da H.P. Love­craft e tra­dot­to da Mas­si­mo Spi­ga, è acqui­sta­bi­le e leg­gi­bi­le da chiun­que abbia un let­to­re eBook o un tablet. Cthu­lhu f'taghn!


La col­la­na
Love­craft Zero inten­de ripro­por­re i rac­con­ti bre­vi, le let­te­re e gli altri testi di Howard Phil­lips Love­craft in for­ma­to digi­ta­le ed in ita­lia­no. Soprat­tut­to, la novi­tà di Love­craft Zero è la tra­du­zio­ne: è con­tem­po­ra­nea e dina­mi­ca, pri­va del­la pom­po­si­tà otto­cen­te­sca che carat­te­riz­za lo sti­le del Soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce. Lun­gi dall'essere una "vio­la­zio­ne" degli scrit­ti love­craf­tia­ni, que­sta col­la­na è un atto d'amore nei con­fron­ti del genio di que­sto autore.
Visi­ta la home­pa­ge di Love­craft Zero a que­sto link.
Il pri­mo volu­me con­tie­ne il rac­con­to bre­ve Dagon, scrit­to nel 1917 e pub­bli­ca­to nel 1919 sul­la rivi­sta The Vagrant.


Sinos­si
Dopo esse­re fug­gi­to dal­la pri­gio­nia su una nave tede­sca, al prin­ci­pio del­la pri­ma guer­ra mon­dia­le, un uomo nau­fra­ga su una miste­rio­sa diste­sa mel­mo­sa. I segre­ti che rac­chiu­de que­sto nuo­vo con­ti­nen­te minac­ce­ran­no la sua salu­te men­ta­le. E, for­se, la soprav­vi­ven­za del gene­re umano.


Ante­pri­ma

Ecco l'incipit di Dagon:
Que­sta è la mia ulti­ma not­te. Sen­za sol­di né mor­fi­na, la mia vita è una tor­tu­ra che non pos­so reg­ge­re oltre. Mi tuf­fe­rò dal­la fine­stra di que­sto sola­io e la mia tom­ba sarà la squal­li­da stra­da che si allun­ga al di sot­to. Sono un tos­si­co, cer­to, ma non un debo­le né un debo­scia­to. Dubi­to che com­pren­de­rai appie­no le mie ragio­ni. Dopo aver let­to que­ste pagi­ne, sca­ra­boc­chia­te in pre­da all’angoscia, potrai for­se intui­re il moti­vo per cui non mi resta che una scel­ta binaria.
Oblio o morte.
Un tem­po, lavo­ra­vo come sovrin­ten­den­te in un piro­sca­fo. Navi­ga­vo in mare aper­to, in una del­le zone più deso­la­te del Paci­fi­co. Un incro­cia­to­re tede­sco abbor­dò la mia nave e fece pri­gio­nie­ro tut­to l’equipaggio. Nono­stan­te fos­si­mo puro e sem­pli­ce bot­ti­no, i nostri avver­sa­ri ci trat­ta­ro­no con il rispet­to e l’equanimità impo­sta dal­le leg­gi del mare. La gran­de guer­ra era appe­na comin­cia­ta, e la flot­ta cruc­ca non era anco­ra spro­fon­da­ta nel­la bar­ba­rie che la carat­te­riz­zò in segui­to. Duran­te i gior­ni del­la pri­gio­nia, mi resi con­to che la loro disci­pli­na lascia­va mol­to a desi­de­ra­re. Dopo soli cin­que gior­ni, tro­vai il modo di eva­de­re a bor­do di una bar­chet­ta cari­ca di acqua pota­bi­le e prov­vi­ste. Mi sareb­be­ro sta­te suf­fi­cien­ti per un lun­go tragitto.
Ero libe­ro, ma quel­le acque mi era­no sco­no­sciu­te. La posi­zio­ne del sole e del­le stel­le mi fece sup­por­re di esse­re a sud dell’equatore, ma nien­te più di que­sto. Lon­gi­tu­di­ne igno­ta. Nes­su­na iso­la in vista. Nes­su­na costa all’orizzonte. Pur­trop­po, non sono mai sta­to un gran timo­nie­re. Pri­vo di desti­na­zio­ne, pas­sai innu­me­re­vo­li gior­ni pas­sa­ti alla deri­va, sot­to la luce di un Sole fero­ce. Se la sor­te mi aves­se assi­sti­to, avrei avvi­sta­to una nave. O, alme­no, il mare mi avreb­be vomi­ta­to sul­le spon­de di un’isola abitabile.
L’infinità del blu mi cir­con­da­va. Si fece soffocante.
Comin­ciai a disperare.