1
Dic
2012

Lovecraft Zero — Vol. 4 — Altrove

Rie­di­to da Edi­zio­ni di Kar­ta, è usci­to il quar­to eBook del­la serie Love­craft Zero: Altro­ve.
Scrit­to da H.P. Love­craft e tra­dot­to da Mas­si­mo Spi­ga, è acqui­sta­bi­le e leg­gi­bi­le da chiun­que abbia un let­to­re eBook o un tablet. Cthu­lhu f'taghn!

La col­la­na
Love­craft Zero inten­de ripro­por­re i rac­con­ti bre­vi, le let­te­re e gli altri testi di Howard Phil­lips Love­craft in for­ma­to digi­ta­le ed in ita­lia­no. Soprat­tut­to, la novi­tà di Love­craft Zero è la tra­du­zio­ne: è con­tem­po­ra­nea e dina­mi­ca, pri­va del­la pom­po­si­tà otto­cen­te­sca che carat­te­riz­za lo sti­le del Soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce. Lun­gi dall'essere una "vio­la­zio­ne" degli scrit­ti love­craf­tia­ni, que­sta col­la­na è un atto d'amore nei con­fron­ti del genio di que­sto auto­re.
Visi­ta la home­pa­ge di Love­craft Zero a que­sto link.

Il quar­to volu­me con­tie­ne il rac­con­to bre­ve Altro­ve (tito­lo ori­gi­na­le: From Beyond) scrit­to nel 1920 e pub­bli­ca­to nel 1936 sul­la rivi­sta The Fan­ta­sy Fan.

Sinos­si
Gra­zie alla sua ulti­ma inven­zio­ne, lo scien­zia­to Cra­w­ford Til­lin­gha­st rie­sce a risve­glia­re orga­ni sen­so­ria­li dor­mien­ti nel cor­po del nar­ra­to­re, per­met­ten­do­gli di per­ce­pi­re il nostro mon­do per come è vera­men­te, oltre il velo che la mise­ri­cor­dio­sa Natu­ra ha posto sul­le nostre per­ce­zio­ni. Una real­tà abi­ta­ta da crea­tu­re incon­ce­pi­bi­li che, non viste, vivo­no ad un sof­fio di distan­za da ognu­no di noi.

Ante­pri­ma

Ecco l'incipit di Altrove: 
Il mio ami­co Cra­w­ford Til­lin­gha­st era cam­bia­to. In modo tre­men­do, inimmaginabile. 
Non lo vede­vo da due mesi e mez­zo; l’ultima vol­ta che lo incon­trai, mi rive­lò qua­le fos­se l’obiettivo del­le sue ricer­che di fisi­ca e meta­fi­si­ca. Davan­ti alla mia incre­du­li­tà e, a dire il vero, la mia pau­ra, Til­lin­gha­st rea­gì con uno scop­pio d’ira che rasen­ta­va il fana­ti­smo. Poi mi cac­ciò di casa. 
In segui­to, mi dis­se­ro che si era chiu­so nel suo atti­co con quel­la dan­na­ta mac­chi­na elet­tri­ca e con essa pas­sa­va le set­ti­ma­ne. Man­gia­va poco. Ave­va addi­rit­tu­ra proi­bi­to ai dome­sti­ci di entra­re nel­la stan­za, ormai tra­sfor­ma­ta in labo­ra­to­rio. Non avrei mai imma­gi­na­to che una reclu­sio­ne di appe­na die­ci set­ti­ma­ne potes­se sfi­gu­ra­re a tal pun­to un esse­re umano. 
E’ impres­sio­nan­te vede­re un uomo robu­sto sma­gri­re all’improvviso. Ora la sua pel­le era caden­te e tin­ta di gial­lo­gno­lo o gri­gio. Gli occhi era­no inca­va­ti, bor­da­ti di nero, acce­si da uno scin­til­lio inNa­tu­ra­le. La fron­te, coper­ta di vene e rughe. Le mani, tre­man­ti e ner­vo­se. A que­sto si aggiun­ge­va una disgu­sto­sa tra­scu­ra­tez­za, un abbi­glia­men­to arraf­faz­zo­na­to, i capel­li arruf­fa­ti che, pre­co­ce­men­te, ini­zia­va­no a sbian­ca­re. La sua fac­cia, un tem­po liscia e rasa­ta, era domi­na­ta da una bar­ba sel­vag­gia e bian­ca. Nel com­ples­so, tro­vai scon­vol­gen­te il suo cambiamento. 
E’ in que­ste con­di­zio­ni che mi si parò davan­ti quel­la not­te. Mi ave­va invi­ta­to a casa sua con un mes­sag­gio per mol­ti ver­si deli­ran­te. Il suo silen­zio, dura­to set­ti­ma­ne, si era con­clu­so. Quel­lo spet­tro tre­man­te, can­de­la alla mano, mi accol­se oltre la soglia del suo domi­ci­lio, die­tro Bene­vo­lent Street. Con­ti­nua­va a guar­dar­si alle spal­le, fur­ti­vo. Dava l’impressione di aver pau­ra che in quel­la casa decre­pi­ta e soli­ta­ria si anni­das­se qual­co­sa. Qual­co­sa che io non riu­sci­vo a percepire.