1
Mar
2017

H.P. Lovecraft — L'innominabile sogno di una cosa

(Que­sto arti­co­lo costi­tui­sce la pre­fa­zio­ne del volu­me Cthu­lhu e Rivo­lu­zio­ne – Il pen­sie­ro poli­ti­co del Soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce. Aggior­na­men­to 02/03/17: il pez­zo è sta­to ripre­so da Mega­chip.)


Si vedrà allo­ra come da lun­go tem­po il mon­do pos­sie­de il sogno di una cosa, di cui non ha che da pos­se­de­re la coscien­za, per pos­se­der­la realmente.

Let­te­ra a Ruge, Karl Marx, 1843

La Gran­de Raz­za sem­bra­va for­ma­re un'unica nazio­ne dai lega­mi alquan­to ela­sti­ci e con le mag­gio­ri isti­tu­zio­ni in comu­ne; tut­ta­via c'erano quat­tro spe­ci­fi­che divi­sio­ni. Il siste­ma poli­ti­co-eco­no­mi­co era una spe­cie di socia­li­smo fasci­sta, con le prin­ci­pa­li risor­se distri­bui­te razio­nal­men­te e il pote­re dele­ga­to a un gover­no di pochi indi­vi­dui, elet­to dai voti di tut­ti colo­ro che supe­ra­va­no deter­mi­na­te pro­ve psi­co­lo­gi­che e culturali.

The Sha­dow Out of Time, H.P. Love­craft, 1935

Il gover­no era com­ples­so e pro­ba­bil­men­te di tipo socia­li­sta, anche se a que­sto pro­po­si­to i bas­so­ri­lie­vi non han­no potu­to dar­ci nes­su­na sicurezza. 

At The Moun­tains of Mad­ness, H.P. Love­craft, 1936


Secon­do la vul­ga­ta, non c’è dub­bio che Love­craft fos­se un fasci­sta. Era un con­ser­va­to­re nazio­na­li­sta, miso­gi­no, anti­se­mi­ta, xeno­fo­bo, omo­fo­bo e clas­si­sta, con­vin­to che la demo­cra­zia fos­se una tra­gi­ca far­sa. Eppu­re, il per­cor­so poli­ti­co del Soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce riser­va del­le sor­pre­se a chiun­que desi­de­ri appro­fon­di­re l’argomento; una mera scor­sa super­fi­cia­le alle sue let­te­re e ai suoi arti­co­li non si limi­ta ad offrir­ci una rapi­da con­fu­ta­zio­ne del­la tesi cir­ca il suo pre­sun­to fasci­smo ma, in un sor­pren­den­te col­po di sce­na, mina la nostra sani­tà men­ta­le con un’agghiacciante rive­la­zio­ne: sepol­ta nel­le inno­mi­na­bi­li pro­fon­di­tà del suo ani­mo, vedia­mo sven­to­la­re una ban­die­ra rossa.

Nato in una fami­glia repub­bli­ca­na del ceto medio, HPL ha rice­vu­to un’educazione di stam­po qua­si ari­sto­cra­ti­co, in cui i valo­ri tra­di­zio­na­li affe­ren­ti all’americanismo si mesco­la­va­no a un para­dos­sa­le sen­so d’inferiorità ver­so la cul­tu­ra euro­pea. Da buon con­ser­va­to­re, in gio­ven­tù, espres­se le sue idee sul mon­do tra­mi­te poe­met­ti raz­zi­sti, rac­con­ti sati­ri­ci anti-bol­sce­vi­chi e inni patriot­ti­ci, col­la­bo­ran­do anche a sva­ria­te rivi­ste ama­to­ria­li – quel­le che ora chia­me­rem­mo “blog” – di estre­ma destra. Come egli stes­so ammet­te nel­la sua cor­ri­spon­den­za, era un uomo di let­te­re, e non si curò mai di appro­fon­di­re le ragio­ni di fon­do del­la poli­ti­ca: le sue scel­te in mate­ria era­no det­ta­te più da ragio­ni este­ti­che che socia­li (o “scien­ti­fi­che”, come le defi­ni­sce) e segui­va­no, sen­za met­ter­la in dub­bio, la tra­di­zio­ne ideo­lo­gi­ca del­la sua fami­glia. Quel­la del gio­va­ne Love­craft è l’immagine mag­gior­men­te sedi­men­ta­ta nell’opinione pub­bli­ca con­tem­po­ra­nea; tut­ta­via, qual­co­sa accad­de, e lo costrin­se a uno shock antro­po­lo­gi­co tale da inver­ti­re in manie­ra pres­so­ché com­ple­ta la sua visio­ne del mondo.

Il momen­to del­la “via di Dama­sco” avven­ne nel 1929, quan­do ormai ave­va rag­giun­to l’età adul­ta. È que­sto l’anno in cui, con sua som­ma sor­pre­sa, HPL sco­prì di esse­re pove­ro. Ergo, svi­lup­pò una coscien­za di classe.

Di quel momen­to, scri­ve: “La Gran­de Depres­sio­ne – e la con­co­mi­tan­te pub­bli­ciz­za­zio­ne di ogni sor­ta di pro­ble­mi indu­stria­li, finan­zia­ri e gover­na­ti­vi – mi ha scos­so dal­la letar­gia e mi ha por­ta­to a rie­sa­mi­na­re i fat­ti del­la sto­ria sot­to una pro­spet­ti­va di ana­li­si scien­ti­fi­ca, depu­ra­ta dal sen­ti­men­to; entro bre­ve, mi accor­si di quan­to ero sta­to asi­no. I pen­sa­to­ri di sini­stra, di cui pri­ma ride­vo, ave­va­no ragio­ne – per­ché loro vive­va­no nel pre­sen­te, men­tre io vive­vo nel pas­sa­to. Loro usa­va­no la scien­za, men­tre io ave­vo fino a quel momen­to guar­da­to gli even­ti attra­ver­so un fil­tro anti­qua­rio e romantico⁠(1)”.

Quin­di, da ex-elet­to­re di Hoo­ver, ini­zia il suo radi­ca­le sup­por­to per Roo­se­velt e il suo New Deal. Nel men­tre, la sua opi­nio­ne cir­ca il par­ti­to repub­bli­ca­no si è in qual­che modo dete­rio­ra­ta: “Par­lan­do dei repub­bli­ca­ni… come si può con­si­de­ra­re serio un bran­co di mer­can­ti e for­tu­na­ti per­di­tem­po, spa­ven­ta­ti, avi­di e nostal­gi­ci, che ha deci­so di chiu­de­re gli occhi davan­ti alla sto­ria e alla scien­za, che sca­te­na le sue tur­pi emo­zio­ni con­tro ogni decen­te soli­da­rie­tà uma­na, che si aggrap­pa a idea­li sor­di­di e pro­vin­cia­li, esal­tan­do nel con­tem­po la mera appro­pria­zio­ne, men­tre appro­va la sof­fe­ren­za arti­fi­cia­le impo­sta a colo­ro che non han­no mez­zi? Sen­ti­men­tal­men­te, i repub­bli­ca­ni abi­ta­no com­pia­ciu­ti in un distor­to cosmo oni­ri­co fat­to di slo­gan, prin­ci­pi ed atteg­gia­men­ti obso­le­ti, fon­da­ti su un mon­do agri­co­lo che ormai non esi­ste più, e si cro­gio­la­no su una serie di pre­giu­di­zi men­da­ci (che ne sia­no con­sa­pe­vo­li o no), come, ad esem­pio, la nozio­ne che la Vera Liber­tà sia esclu­si­va­men­te sino­ni­mo di una licen­za eco­no­mi­ca sen­za restri­zio­ni, o che una pia­ni­fi­ca­zio­ne razio­na­le del­la distri­bu­zio­ne del­le risor­se pos­sa in qual­che modo con­trav­ve­ni­re alla loro misti­cheg­gian­te Ere­di­tà Ame­ri­ca­na. E, tut­to que­sto, in pale­se con­trad­di­zio­ne ai fat­ti e sen­za una mini­ma base nell’esperienza uma­na. Intel­let­tual­men­te, gli idea­li dei repub­bli­ca­ni meri­ta­no la tol­le­ran­za ed il rispet­to che si devo­no ai mor­ti(2)".

È inte­res­san­te con­sta­ta­re come HPL svol­ga que­sta piroet­ta a 180° sen­za smet­te­re di con­si­de­rar­si un con­ser­va­to­re. Que­sta defi­ni­zio­ne, a cui è lega­to più per moti­vi sen­ti­men­ta­li che real­men­te poli­ti­ci, stri­de così tan­to con le sue “nuo­ve” idee da spin­ger­lo a crea­re una sin­te­si ad hoc atta a rap­pre­sen­tar­lo. Dal suo pun­to di vista, la mera ade­sio­ne alla social­de­mo­cra­zia non è suf­fi­cien­te, per­ché egli nega con deci­sio­ne l’ideale demo­cra­ti­co. In una let­te­ra, scri­ve: “La demo­cra­zia (distin­ta dall’offerta di oppor­tu­ni­tà ed un trat­ta­men­to equo per tut­ti) è oggi una fal­la­cia e un’impossibilità così gran­de che ogni serio ten­ta­ti­vo di appli­car­la non può esse­re inter­pre­ta­to in altro modo se non come uno scher­zo o una pre­sa in giro. Un gover­no “elet­to dal voto popo­la­re” signi­fi­ca sol­tan­to la nomi­na di uomi­ni dal­le dub­bie qua­li­fi­che da par­te di cla­que (dal­la dub­bia auto­ri­tà e dal­la dub­bia com­pe­ten­za) com­po­ste da poli­ti­ci pro­fes­sio­ni­sti che rap­pre­sen­ta­no inte­res­si nasco­sti. A que­sto, segue la far­sa sar­do­ni­ca di una per­sua­sio­ne emo­ti­va in cui gli ora­to­ri con le lin­gue più lun­ghe e gli slo­gan più spre­giu­di­ca­ti ammas­sa­no al loro fian­co una mag­gio­ran­za nume­ri­ca di idio­ti cie­chi e facil­men­te impres­sio­na­bi­li, che, qua­si tut­ti, non han­no idea di come fun­zio­ni real­men­te tut­to que­sto circo”.⁠(3)

La con­trad­di­zio­ne insi­ta in HPL è insu­pe­ra­bi­le: per lui, anche la poli­ti­ca roo­se­vel­tia­na è, in fin dei con­ti, una mez­za misu­ra. Nei suoi scrit­ti, deli­nea i pun­ti car­di­ne del­la sua visio­ne tec­no­cra­ti­ca e auto­ri­ta­ria di sini­stra: nazio­na­liz­za­re l’intero set­to­re impren­di­to­ria­le pri­va­to, con­dur­re una fero­ce lot­ta di clas­se, depre­ca­re i deca­den­ti valo­ri bor­ghe­si, estir­pa­re il fal­so siste­ma demo­cra­ti­co, con­dan­na­re la guer­ra in quan­to bar­ba­ro sfrut­ta­men­to del­le clas­si ric­che sul pro­le­ta­ria­to, isti­tui­re un siste­ma di wel­fa­re uni­ver­sa­le con l’obiettivo di eli­mi­na­re per sem­pre la pover­tà, impor­re una rivo­lu­zio­ne dall’alto che spaz­zi via il vec­chio siste­ma eco­no­mi­co e poli­ti­co, e vari altri pun­ti capa­ci di scal­da­re il cuo­re a Lenin. Tut­ta­via, pur usan­do un lin­guag­gio e del­le ana­li­si di chia­ra matri­ce mar­xi­sta, Love­craft con­ti­nue­rà per tut­ta la vita ad oppor­si alle poli­ti­che bol­sce­vi­che. Que­sto para­dos­so pare ine­spli­ca­bi­le sol­tan­to a chi non cono­sca la sua per­so­na­li­tà e le sue fon­ti d’informazione.

Il Soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce si è for­ma­to sul­la stam­pa ame­ri­ca­na (sia “uffi­cia­le” sia appar­te­nen­te alle rivi­ste ama­to­ria­li), la qua­le, spe­cial­men­te dopo la Rivo­lu­zio­ne d’Ottobre, si è sfor­za­ta di descri­ve­re il bol­sce­vi­smo come il regno del­la bar­ba­rie e del­la dege­ne­ra­zio­ne ses­sua­le. Per Love­craft, il socia­li­smo rea­le era la nega­zio­ne di ogni valo­re del­la decen­za e dell’estetica: un oscu­ro impe­ro la cui arte era abo­mi­ne­vo­le (Maya­ko­v­sky, Ver­tov e tut­ta l’avanguardia) e la pro­mi­scui­tà ram­pan­te. Inol­tre, egli abor­ri­va la vio­len­za e il caos che una rivo­lu­zio­ne avreb­be por­ta­to. Per cui, i suoi prin­ci­pa­li moti­vi di repul­sio­ne ver­so il comu­ni­smo sovie­ti­co, ali­men­ta­ti cer­to dal­la stam­pa, ave­va­no un carat­te­re emi­nen­te­men­te non poli­ti­co, ma si anco­ra­va­no alla sua ammi­ra­zio­ne per l’antica tra­di­zio­ne cul­tu­ra­le europea.

Inol­tre, dob­bia­mo tene­re in con­si­de­ra­zio­ne che le cri­ti­che di Love­craft rivol­te ai gio­va­ni “radi­ca­li” mar­xi­sti sono, in par­te, una affet­tuo­sa frec­cia­ta ver­so il cir­co­lo di scrit­to­ri con cui ha, per tut­ta la vita, man­te­nu­to rap­por­ti di pro­fon­da ami­ci­zia. Nel­le let­te­re a loro rivol­te, spes­so si rap­pre­sen­ta iro­ni­ca­men­te come un vec­chio con­ser­va­to­re arci­gno in cia­bat­te, cir­con­da­to da gio­va­ni paz­zoi­di con l’Ideale negli occhi e nel cuo­re. Sap­pia­mo che HPL non ha mai let­to o pos­se­du­to un testo di Marx, Engels o Lenin (4), ma pos­sia­mo intui­re che ne abbia assor­bi­to idee e ter­mi­no­lo­gia dai suoi ami­ci scrit­to­ri, seb­be­ne rein­ter­pre­tan­do­le nel­la sua par­ti­co­la­re chia­ve di let­tu­ra. È stu­pe­fa­cen­te scor­re­re alcu­ni para­gra­fi dei suoi arti­co­li, in cui cri­ti­ca Marx in modo sfer­zan­te, segui­ti da argo­men­ta­zio­ni che paio­no para­fra­si o sin­te­si di sezio­ni de Il Capi­ta­le. La sen­sa­zio­ne che emer­ge da que­sta dis­so­nan­za è che HPL abbia basa­to mol­te del­le sue cri­ti­che al mon­do sovie­ti­co su frain­ten­di­men­ti, sen­ti­to dire e reso­con­ti osti­li; per cui, giun­ge da solo alle mede­si­me con­vin­zio­ni dei suoi “nemi­ci” ros­si, sen­za mai abban­do­na­re l’astio nei loro con­fron­ti. Pare che Love­craft covas­se in sé il “sogno di una cosa” mar­xia­no, eppu­re, per i suoi pre­giu­di­zi svi­lup­pa­ti in gio­ven­tù, si sia sem­pre rifiu­ta­to di dar­gli un nome pre­ci­so e di far­lo emer­ge­re alla coscienza.

La disin­for­ma­zio­ne di Love­craft cir­ca la poli­ti­ca euro­pea dell’epoca si mani­fe­sta anche in un secon­do aspet­to, più oscu­ro: ovve­ro, il suo appa­ren­te rispet­to per il fasci­smo. Love­craft par­la di esso qua­si fos­se, in essen­za, la Repub­bli­ca deli­nea­ta da Pla­to­ne, ovve­ro un gover­no con­si­lia­re di sag­gi e di esper­ti che agi­sce per il bene dei popo­li. Que­sti toni blan­di, tut­ta­via, appa­io­no par­ti­co­lar­men­te stri­den­ti quan­do si con­si­de­ra come egli con­dan­ni la Rus­sia in quan­to “tiran­nia per­so­na­le” di un dit­ta­to­re. Il fat­to che HPL non aves­se una chia­ra idea di cosa fos­se il fasci­smo emer­ge anche da un suo aned­do­to per­so­na­le: un gior­no, si tro­vò a com­men­ta­re sul cari­sma di Hitler – da lui visto come una sor­ta di eroe roman­ti­co anti-bor­ghe­se – in casa dei suoi vici­ni. La dome­sti­ca, un’immigrata tede­sca, rea­gì d’impeto e gli spie­gò come si vive­va sot­to il regi­me nazio­nal­so­cia­li­sta; la deli­nea­zio­ne di quel pano­ra­ma d’abiezione lasciò sgo­men­to il Soli­ta­rio di Providence.

È per que­sto moti­vo che, all’interno di Cthu­lhu e Rivo­lu­zio­ne, abbia­mo scel­to di tra­dur­re il ter­mi­ne fasci­st con auto­ri­ta­rio: per Love­craft, le due paro­le era­no sino­ni­mi, men­tre per noi, ere­di di un pesan­te e com­ples­so baga­glio sto­ri­co, l’uso del pri­mo voca­bo­lo avreb­be pro­dot­to poten­ti inter­fe­ren­ze seman­ti­che, pre­giu­di­can­do la com­pren­sio­ne dei pas­sag­gi in cui è men­zio­na­to (chi non con­di­vi­de la nostra linea inter­pre­ta­ti­va è libe­ro di tra­sla­re men­tal­men­te “auto­ri­ta­rio” in “fasci­sta” duran­te la let­tu­ra). L’idea di un gover­no auto­ri­ta­rio, per HPL, era neces­sa­ria per evi­ta­re che il pro­ces­so demo­cra­ti­co – e le distor­sio­ni in esso pro­dot­te dal dena­ro – finis­se per avvan­tag­gia­re le clas­si abbien­ti a sca­pi­to di quel­le popo­la­ri. L’idea può risul­ta­re irri­ce­vi­bi­le alle nostre orec­chie, ma non è cer­to di esclu­si­va per­ti­nen­za del fascismo.

Un altro aspet­to del­la poli­ti­ca love­craf­tia­na incom­pa­ti­bi­le con il fasci­smo è la sua trat­ta­zio­ne del tema del­la raz­za; ovve­ro, non ve n’é alcu­na. Il tema non esi­ste. Que­sto può sem­bra­re scon­ta­to, eppu­re dob­bia­mo con­si­de­ra­re che HPL, in base agli stu­di scien­ti­fi­ci su cui si è for­ma­to, era sin­ce­ra­men­te con­vin­to che i neri, gli ebrei e i popo­li lati­ni fos­se­ro raz­ze infe­rio­ri. Per lui, que­sta deter­mi­na­zio­ne non ave­va carat­te­re di opi­nio­ne, ma era sem­pli­ce­men­te “vera”, così come la leg­ge di gra­vi­tà. Ci dispia­ce che HPL non abbia cam­bia­to idea sull’argomento: dopo­tut­to, duran­te la sua età adul­ta, gli antro­po­lo­gi e i bio­lo­gi ave­va­no già comin­cia­to a sman­tel­la­re la teo­ria del­la raz­za – ma si trat­ta di testi che lui non les­se mai e, di con­se­guen­za, non poté revi­sio­na­re le sue idee “scien­ti­fi­che”. Tut­ta­via, con­sta­tia­mo come il raz­zi­smo non abbia alcu­no spa­zio nel suo pen­sie­ro poli­ti­co, né deve aver­lo, per­ché la prin­ci­pa­le sud­di­vi­sio­ne che HPL vede nel­la popo­la­zio­ne è quel­la in clas­si socia­li, e non in grup­pi etni­ci. Que­sto ele­men­to è mol­to impor­tan­te, in quan­to la dia­let­ti­ca Popo­lo VS Altri si pone alle fon­da­men­ta del­la cul­tu­ra di destra; il Popo­lo, inol­tre, è per­ce­pi­to dai fasci­smi come omo­ge­neo sul pia­no etni­co-reli­gio­so e por­ta­to­re mono­li­ti­co di egua­li inte­res­si eco­no­mi­ci, ovve­ro il bene e il pre­sti­gio del­la nazio­ne. Nien­te di tut­to ciò appa­re in Love­craft: egli, al con­tra­rio, sfi­la i guan­ti bian­chi quan­do si trat­ta di sfer­za­re le ingiu­sti­zie pro­dot­te dal­la dina­mi­ca tra padro­ni e lavo­ra­to­ri, ele­van­do il tono del­la pole­mi­ca a livel­li feroci.

Un altro pila­stro del fasci­smo a cui HPL obiet­ta è il nazio­na­li­smo. Egli pre­sen­ta un rap­por­to con il con­cet­to di nazio­ne che si radi­ca nell’affetto per i suoi luo­ghi natii e nel desi­de­rio di veder­ne pre­ser­va­te le anti­che tra­di­zio­ni di matri­ce euro­pea (il ruo­lo del­la fami­glia, le ritua­li­tà, le ceri­mo­nie, le usan­ze), e nul­la ha a che vede­re con l’aggressione espan­sio­ni­sti­ca tipi­ca dei regi­mi fasci­sti. Al con­tra­rio, Love­craft con­si­de­ra la guer­ra come un’arma capi­ta­li­sti­ca per lo sfrut­ta­men­to ulte­rio­re del pro­le­ta­ria­to; inol­tre ha un atteg­gia­men­to curio­so e aper­to nei con­fron­ti del­le altre cul­tu­re, in spe­cie quel­la gre­ca, india­na e medio­rien­ta­le. Non dedi­chia­mo nean­che un’argomentazione al tema del rap­por­to tra reli­gio­ne e poli­ti­ca, anch’esso un topos del­la cul­tu­ra di destra, per­ché l’ateismo di HPL è con­cla­ma­to e totale.

Spe­ria­mo che que­sti rapi­di appun­ti sia­no suf­fi­cien­ti a lima­re decen­ni di disin­for­ma­zio­ne e luo­ghi comu­ni sul­le ten­den­ze poli­ti­che del Soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce e pos­sa­no ser­vi­re da intro­du­zio­ne e con­te­stua­liz­za­zio­ne al testo che segue.

In con­clu­sio­ne, uno sguar­do rivol­to al futu­ro ante­rio­re. Love­craft è con­vin­to che il socia­li­smo sia l’inevitabile desti­no del pia­ne­ta, e ciò appa­re evi­den­te anche nei suoi rac­con­ti: la Gran­de Raz­za di Yith – un’avanzatissima spe­cie alie­na che rap­pre­sen­ta l’apice del­la civil­tà – ha infat­ti un’organizzazione socia­le curio­sa­men­te “ros­sa” e tec­no­cra­ti­ca. Sono sta­ti pro­prio i due para­gra­fi sul tema in At The Moun­tain Of Mad­ness e The Sha­dow Out Of Time, dis­so­nan­ti rispet­to ai soli­ti pre­giu­di­zi sul­la poli­ti­ca love­craf­tia­na, a spin­ge­re mol­ti let­to­ri ad appro­fon­di­re l’argomento. Il testo che segue, A Lay­man Looks At The Govern­ment, è un lun­go arti­co­lo che scris­se nel 1933 e restò ine­di­to. È sta­to rin­ve­nu­to negli archi­vi di Augu­st Der­leth, diret­to­re del­la casa edi­tri­ce Arkham Hou­se. In esso, Love­craft offre un pano­ra­ma com­ple­to del­la sua ideo­lo­gia poli­ti­ca, rega­lan­do­ci un affre­sco vivi­do del­la cri­si del capi­ta­li­smo, capa­ce di por­ci inter­ro­ga­ti­vi vali­di anco­ra oggi. Il testo è segui­to da due appen­di­ci: Il Cul­to dei Nomi Bar­ba­ri, un bre­ve sag­gio che inda­ga sull’onomastica love­craf­tia­na, e il testo ori­gi­na­le di A Lay­man Looks At The Govern­ment, in modo che i let­to­ri pos­sa­no deli­ziar­si del­la pro­sa fluen­te di HPL ed, even­tual­men­te, indi­vi­dua­re e ragio­na­re sull’opportunità del­le solu­zio­ni di tra­du­zio­ne intra­pre­se in Cthu­lhu e Rivo­lu­zio­ne. Dopo aver let­to que­sto volu­me, potre­mo aggiun­ge­re al vasto pan­theon del pen­sie­ro socia­li­sta una tetra, umi­da nic­chia per il Soli­ta­rio di Providence.

Mas­si­mo Spiga,

06/02/17

1 S.T. Joshi, The decli­ne of the west, U.S.A., Wild­si­de Press, 1990, pag. 64

2 S.T. Joshi, A drea­mer and a visio­na­ry, U.S.A., Liver­pool Uni­ver­si­ty Press, 2001, pag. 355

3 S.T. Joshi, A drea­mer and a visio­na­ry, U.S.A., Liver­pool Uni­ver­si­ty Press, 2001, pag. 352

4 S.T. Joshi, Lovecraft’s Libra­ry – A Cata­lo­gue, U.S.A., Hip­po­cam­pus Press, 2012, pag. 158