23
Ott
2011

La tradizione va saputa tirare in ballo

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 del 23/10/11

In ogni cam­po del­la nostra quo­ti­dia­ni­tà, il cam­bia­men­to che ci avvol­ge e tra­sci­na è sem­pre più radi­ca­le. Que­sta acce­le­ra­zio­ne espo­nen­zia­le del­la sto­ria crea ver­ti­gi­ni e fri­zio­ni, spae­sa­men­to e nau­sea, per cui in mol­ti di noi ogni dub­bio riguar­dan­te il futu­ro si ridu­ce ad una scel­ta bina­ria: accet­ta­re il luc­ci­can­te con­su­mo di mas­sa, un luo­go sen­za coscien­za e sen­za memo­ria, oppu­re rin­ta­nar­si in una visio­ne musea­liz­za­ta e stan­tia del nostro pas­sa­to e usa­re le nostre radi­ci cul­tu­ra­li per fru­sta­re chi è rite­nu­to ester­no alla tri­bù. For­tu­na­ta­men­te, è sem­pre più evi­den­te in tut­ti gli ambi­ti del­la nostra vita come esi­sta una ter­za via, e que­sta fa capo­li­no anche in ambi­ti biz­zar­ri, dove meno la si aspet­ta: ad esem­pio, nel caso spe­ci­fi­co trat­ta­to, il bal­lo sardo.
Il pro­get­to Sa Discu­te­ca, por­ta­to avan­ti da Fran­ce­sco Med­da e Ales­san­dro San­na (meglio cono­sciu­ti coi nomi d’arte DJ Arro­gal­la e Qui­lo dei Sa Raz­za), inten­de pro­por­re la musi­ca  e la cul­tu­ra del bal­lo tra­di­zio­na­le sar­da  attra­ver­so gli stru­men­ti dell’elettronica e del DJ set. Seb­be­ne, ad uno sguar­do super­fi­cia­le, pos­sa sem­bra­re un curio­so esem­pio di biz­zar­ria post­mo­der­na, la serie di even­ti in que­stio­ne par­te dall’esigenza dei suoi orga­niz­za­to­ri di vive­re la cul­tu­ra etni­ca come un’organismo viven­te capa­ce di evol­ver­si, e non come un fos­si­le da esi­bi­re una tan­tum in una teca di vetro.
Vie­ne, comun­que, da pen­sa­re che non sia suf­fi­cien­te infi­la­re un mega-sin­te­tiz­za­to­re ed una bat­te­ria drum n base a 240BPM sot­to un can­to a teno­re per otte­ne­re que­sto risul­ta­to: sareb­be un’operazione super­fi­cia­le di maquillage.
A que­sto pro­po­si­to il musi­ci­sta Pie­ro Mar­ras, com­men­ta: «Io non par­teg­gio né per l’ibridazione super­fi­cia­le né per la musea­liz­za­zio­ne. E’ neces­sa­rio usa­re la sen­si­bi­li­tà odier­na. Non si può ripe­te­re pedis­se­qua­men­te una for­ma d’arte sen­za rivi­ver­la, sen­za rivi­si­tar­la. Quel­lo che pri­ma era tra­di­zio­ne, ora è sem­pre più vec­chio, archeo­lo­gi­co. Ma io voglio esse­re tra­di­zio­ne: sto­ri­ciz­za­re il pas­sa­to e, quin­di, pro­dur­re inno­va­zio­ne. Il bal­lo sar­do è gio­io­so, vita­le. Mi pia­ce, come mi può entu­sia­sma­re un qua­dro di Van Gogh, ma oggi non ha sen­so dipin­ge­re come face­va Van Gogh due­cen­to anni fa.»
La moder­niz­za­zio­ne pro­po­sta da Sa Discu­te­ca, però, scor­re su altri bina­ri. «La musi­ca che pro­por­re­mo nel­le nostre sera­te è quel­la ori­gi­na­le. — spe­ci­fi­ca DJ Arro­gal­la — Abbia­mo un amplis­si­mo archi­vio con i bra­ni dei miglio­ri stru­men­ti­sti del­la nostra iso­la. Saran­no le tec­ni­che di dif­fu­sio­ne ad esse­re inno­va­ti­ve: il patri­mo­nio tec­ni­co ed orga­niz­za­ti­vo tipi­co dei DJ. Abbia­mo scel­to, così, anche per una que­stio­ne di rispet­to: chi si occu­pa di altri gene­ri può cam­pio­na­re la musi­ca tra­di­zio­na­le, distor­cer­la, remi­xar­la e far­ci quel che cre­de, ma chi pro­muo­ve spe­ci­fi­ca­men­te quel gene­re deve, per così dire, pulir­si i pie­di pri­ma di entrarvi.»
Sa Discu­te­ca ha come obiet­ti­vo ripor­ta­re il bal­lo etni­co come momen­to cen­tra­le e vivo del­la socia­li­tà e, nel con­tem­po, dare ossi­ge­no alle cul­tu­re loca­li. Per cui, aggiun­ge Arro­gal­la: «Que­ste musi­che devo­no esse­re vis­su­te, se mi si pas­sa la meta­fo­ra, in jeans, e non in costu­me tra­di­zio­na­le. Devo­no esse­re una par­te viva del pre­sen­te e non solo una cele­bra­zio­ne del passato.»
Ancor pri­ma di aver spe­ri­men­ta­to il suo bat­te­si­mo del fuo­co, che si ter­rà il 22 otto­bre a Nura­gus, a par­ti­re dal­le 22, que­sto pro­get­to ha susci­ta­to gran­de entu­sia­smo nel­le ammi­ni­stra­zio­ni e nei comi­ta­ti. Il suo for­mat, com­pren­den­te anche la pos­si­bi­li­tà di ospi­ta­re pic­co­li live di stru­men­ti­sti e la cru­cia­le pre­sen­za di un voca­li­st, det­to ban­di­do­ri, imper­so­na­to dal rap­per Qui­lo. Il suo ruo­lo sarà quel­lo di improv­vi­sa­re ed inci­ta­re il pub­bli­co, sia con le paro­le che con il canto.
«La musi­ca sar­da potrà esse­re apprez­za­ta dai gio­va­ni, solo se sono essi stes­si a pro­por­la. — affer­ma Arro­gal­la — La tra­di­zio­ne è dina­mi­ca, cre­sce e si evol­ve insie­me a chi la pratica.»
Ci sono esem­pi posi­ti­vi in meri­to: la comu­ni­tà paki­sta­na in Inghil­ter­ra, par­ten­do dal­la pro­pria musi­ca ance­stra­le e facen­do­la incon­tra­re con i mez­zi dell’elettronica, ha crea­to un nuo­vo feno­me­no musi­ca­le, di cui fan­no par­te anche gli Asian Dub Foun­da­tion, Pun­ja­bi MC e simi­li. Anche la Jamai­ca e l’Irlanda han­no avu­to suc­ces­so in que­sto ten­ta­ti­vo di rige­ne­ra­zio­ne col­let­ti­va del pro­prio retag­gio tradizionale.
Gigi Camed­da, musi­ci­sta dei Tazen­da, così com­men­ta: «Sarei por­ta­to a dire che la musi­ca tra­di­zio­na­le non può reg­ge­re il con­fron­to con quel­la moder­na, ma è solo per­ché si pone il pro­ble­ma in ter­mi­ni sba­glia­ti. Non c’è alcu­na con­trap­po­si­zio­ne tra “tra­di­zio­ne” e musi­ca “di con­su­mo”, per­ché tut­ta la secon­da nasce dal­la pri­ma. E, inol­tre, la musi­ca più mar­ca­ta­men­te ispi­ra­ta ad un iden­ti­tà regio­na­le è di nic­chia solo quan­do non usa un lin­guag­gio arti­sti­co suf­fi­cien­te­men­te for­te. La fun­zio­ne del­la musi­ca è quel­la di emo­zio­na­re. Quan­do ci rie­sce, poco impor­ta che la sua pro­ve­nien­za cro­no­lo­gi­ca o geografica.»
La scom­mes­sa di Sa Discu­te­ca sarà quin­di quel­la di riu­sci­re a coniu­ga­re pas­sio­ne ed inno­va­zio­ne anche in con­te­sti ina­spet­ta­ti, par­lan­do anti­che paro­le con una lin­gua nuova.