29
Set
2014

Lovecraft Zero — L'Abisso è la realtà

È usci­to Love­craft Zero, il libro di tra­du­zio­ni con­tem­po­ra­nee dei rac­con­ti del Soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce, del­le sue let­te­re e del­le sto­rie dei suoi epi­go­ni o pre­cur­so­ri (Cham­bers, Bloch, Long, Smith). Come anti­pa­sto, ecco la mia pre­fa­zio­ne del volume.

L'abisso è la realtà

Duran­te la sua vita, Howard Phil­lips Love­craft ebbe modo di vede­re stam­pa­to un suo libro solo al ter­mi­ne del 1936: The sha­dow over Inn­smouth, pub­bli­ca­to da Wil­liam L. Cra­w­ford, un appas­sio­na­to fan dell’autore. Arma­to di buo­na volon­tà e di un minu­sco­lo capi­ta­le pre­so in pre­sti­to al padre, l’improvvisato edi­to­re die­de alle stam­pe quat­tro­cen­to copie del­la novel­la, facen­do­la illu­stra­re dall’artista Frank Utpa­nel, il qua­le con­tri­buì con quat­tro lito­gra­fie rea­liz­za­te in uno sti­le affi­ne a quel­lo di El Gre­co. Love­craft apprez­zò le illu­stra­zio­ni, ma rima­se disgu­sta­to dai mol­ti erro­ri di bat­ti­tu­ra pre­sen­ti nel testo, dovu­ti all’arraffazzonata impa­gi­na­zio­ne di Cra­w­ford. Inol­tre, per caren­za di fon­di, quest’ultimo riu­scì a rile­ga­re e met­te­re in com­mer­cio sol­tan­to due­cen­to copie del­le quat­tro­cen­to pro­dot­te. Furo­no pub­bli­ciz­za­te su Weird Tales e su alcu­ne rivi­ste di let­te­ra­tu­ra ama­to­ria­le. Il prez­zo di coper­ti­na era un dol­la­ro. Le scar­sis­si­me ven­di­te, spal­ma­te peral­tro in mol­ti mesi, costrin­se­ro Cra­w­ford a man­da­re al mace­ro le copie non rile­ga­te ed abban­do­na­re il mon­do dell’editoria. Qual­che mese dopo la pub­bli­ca­zio­ne di The sha­dow over Inn­smouth, Love­craft fu con­su­ma­to dal can­cro: morì al Jane Bro­wn Memo­rial Hospi­tal dopo una bre­ve ed ago­niz­zan­te degen­za. Sep­pu­re rac­con­ta­ta in estre­ma sin­te­si, quel­la appe­na descrit­ta è l’inte­ra car­rie­ra di Howard Phil­lips Love­craft nell’ambito dell’editoria tradizionale.
Set­tan­ta­set­te anni dopo, il “soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce” è con­si­de­ra­to il più gran­de scrit­to­re hor­ror del Nove­cen­to. La sua influen­za è scon­fi­na­ta ed ha lam­bi­to, in modo diret­to o indi­ret­to, tut­ti gli auto­ri del suo gene­re, oltre a cen­ti­na­ia di scrit­to­ri dedi­ti ad altri ambi­ti crea­ti­vi. Esi­sto­no doz­zi­ne di case edi­tri­ci inte­ra­men­te foca­liz­za­te sul­la pub­bli­ca­zio­ne di deri­va­zio­ni con­tem­po­ra­nee dei testi love­craf­tia­ni. Le sue sto­rie bre­vi han­no gene­ra­to cen­to­tren­ta­due film ed un nume­ro non quan­ti­fi­ca­bi­le di com­po­si­zio­ni musi­ca­li, fumet­ti, gio­chi di ruo­lo, gio­chi da tavo­lo, video­ga­me, musi­cal, spet­ta­co­li tea­tra­li, instal­la­zio­ni arti­sti­che, dipin­ti e, addi­rit­tu­ra, mor­bi­do­si pelu­che, non­ché una reli­gio­ne, una man­cia­ta di set­te eso­te­ri­che ed una tra­di­zio­ne stre­go­ne­sca basa­te sul­la “sapien­za occul­ta” dei testi love­craf­tia­ni. L’immaginario fan­ta­sti­co con­tem­po­ra­neo por­ta le sue ten­ta­co­la­ri trac­ce in modo così pro­mi­nen­te da spin­ge­re lo scrit­to­re Fri­tz Lei­ber a con­si­de­rar­lo un ana­lo­go di Copernico.
Restrin­gia­mo il cam­po alla sola scrit­tu­ra: Love­craft ha con­tri­bui­to a carat­te­riz­za­re e, in veste di cri­ti­co let­te­ra­rio, defi­ni­re il gene­re weird (ter­mi­ne intra­du­ci­bi­le in que­sta spe­ci­fi­ca acce­zio­ne, la cui miglio­re tra­spo­si­zio­ne è “orro­re cosmi­co”). Que­sta tipo­lo­gia si fon­da su un’originale mesco­lan­za di ele­men­ti fan­ta­scien­ti­fi­ci, fan­ta­sti­ci e sini­stri in un uni­ver­so nar­ra­ti­vo alta­men­te con­ta­gio­so, teso ad anni­chi­li­re per la sua vasti­tà ed il suo miste­ro subli­me e, nel con­tem­po, sfu­ma­re la distin­zio­ne tra real­tà e let­te­ra­tu­ra. Per que­sta sua carat­te­ri­sti­ca, potreb­be anche esse­re defi­ni­to “rea­li­smo occul­ti­sti­co”, in oppo­si­zio­ne a quel­lo “magi­co”.
Tra i temi ricor­ren­ti del­la pro­du­zio­ne weird di Love­craft, tro­via­mo i gri­mo­ri male­det­ti e la sapien­za proi­bi­ta; un pan­theon alie­no di pseu­do-divi­ni­tà fred­de, vaste ed indif­fe­ren­ti alle sor­ti dell’umanità; un affet­to nostal­gi­co per l’architettura ed il pae­sag­gio del New England; uno stri­scian­te orro­re per la mesco­lan­za raz­zia­le e per l’atavismo, con un piglio lom­bro­sia­no che oggi lascia basi­ti mol­ti let­to­ri (evi­den­te­men­te igna­ri del con­te­sto cul­tu­ra­le e scien­ti­fi­co in cui ope­ra­va HPL). Tut­ti que­sti ele­men­ti sono rile­van­ti, a nostro giu­di­zio, solo a livel­lo super­fi­cia­le o cosme­ti­co: la più radi­ca­le inno­va­zio­ne di Love­craft si tro­va nel­lo sfon­do filo­so­fi­co che sog­gia­ce al suo inte­ro uni­ver­so narrativo.
Sia nell’arte che nel­la vita pri­va­ta, l’autore pro­pu­gna­va fie­ra­men­te il suo “indif­fe­ren­ti­smo cosmi­co”, ovve­ro una sor­ta di estre­mi­smo mate­ria­li­sta, nichi­li­sta ed ateo che lo por­te­rà ad abbrac­cia­re la scien­za come uni­co faro per illu­mi­na­re “l’oscurità del mero esse­re”. A dif­fe­ren­za dei posi­ti­vi­sti, Love­craft è pes­si­mi­sta: secon­do lui, il sape­re scien­ti­fi­co può sol­tan­to delu­de­re i nostri sogni di gran­deur, rive­lan­do­ci il nostro ruo­lo insi­gni­fi­can­te nell’universo (o, per meglio dire, la man­can­za di un ruo­lo), men­tre, in paral­le­lo, obli­te­ra le nostre stam­pel­le ideo­lo­gi­che ed i nostri affet­ti cul­tu­ra­li. Nel­le sue sto­rie, que­sta dina­mi­ca fa sì che non ci sia alcu­na neces­si­tà di un con­flit­to mora­le né di una tra­di­zio­na­le minac­cia sopran­na­tu­ra­le: non c’è alcun biso­gno del Dia­vo­lo, quan­do il mero sve­la­men­to del­la real­tà dell’universo è suf­fi­cien­te a far­ci impaz­zi­re. Il nemi­co è la real­tà. L’abisso è la realtà.
La tra­sla­zio­ne di que­sta pro­spet­ti­va in ambi­to poli­ti­co, e del suo por­si al di là del bene e del male, si sostan­zia in un geli­do appog­gio ad un socia­li­smo tec­no­cra­ti­co ed auto­ri­ta­rio, il cui sco­po fina­le non è la feli­ci­tà o il benes­se­re dei sin­go­li, ma la pre­ser­va­zio­ne e lo svi­lup­po del­la civil­tà in quan­to tale.
Ulti­mo ele­men­to cru­cia­le in que­sta rapi­da pano­ra­mi­ca sul pen­sie­ro di Love­craft è il ruo­lo del sogno: come scri­ve lo stu­dio­so Erik Davis, «la visio­ne let­te­ra­ria dell’autore è anche ampli­fi­ca­ta dai sogni vivi­di, per­tur­ban­ti e det­ta­glia­ti di cui è costel­la­ta la sua vita. Sono sta­ti un’influenza cru­cia­le sul­la sua scrit­tu­ra, e pos­so­no esse­re inte­si come un sup­ple­men­to fan­ta­sma­ti­co al natu­ra­li­smo ridu­zio­ni­sta del­la sua welt­an­schauung: han­no offer­to alla sua ope­ra un biz­zar­ro dina­mi­smo che con­tri­bui­sce a spie­ga­re la sua per­du­ran­te capa­ci­tà di sti­mo­la­re il pen­sie­ro, l’immaginazione e la crea­zio­ne culturale».
I libri, i sogni e l’abisso: l’intera vita ed arte di Love­craft è con­te­nu­ta nel­le geo­me­trie che lega­no que­sti stra­ni attrattori.