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Feb
2014
Re degli Orchi (1 di 4) — Testimonianza di un tossico di World Of Warcraft
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Allora, recap: qualche tempo fa, su Megachip, Giulietto Chiesa si è lanciato in una invettiva contro GTA V ed, in generale, alcuni effetti negativi da lui riscontrati in alcune manifestazioni del medium videogame (attenzione: eufemismo gigante in corso). La polemica è si è sviluppata in quattro contributi:
1) Pezzo originale di Chiesa a questo link, al che
2) io ho tentato di dimostrare la mia contrarietà alle sue tesi a questo link,
3) poi Paolo Bartolini ha dato il suo contributo a questo link
4) ed, infine, Giulietto Chiesa ha rincarato la dose a questo link, rispondendo al mio pezzo e sviluppando ulteriormente il suo ragionamento.
Ora, la mia reazione naturale sarebbe stata quella di rispondere con un quinto pezzo, ed andare ad enumerare le varie occasioni in cui Chiesa, nel suo ultimo testo, fraintende le mie tesi in vari punti (forse per una mia carenza argomentativa), oppure sostiene assunti che io ritengo infondati, oppure elabora delle ricostruzioni fantasiose, oppure esprime altre idee con cui mi potrei eventualmente trovare d'accordo.
Ho scelto di non farlo, perché, francamente, dubito che a qualcuno importi di una lenzuolata d'autopsia testuale scritta con l'unico obiettivo di Dimostrare Che Ho Ragione. Dopotutto, ho già espresso il mio punto di vista a grandi linee ed il lettore potrà consultare i vari articoli della bagarre in questione e farsi la sua idea. Al posto di una ennesima risposta, voglio cogliere l'ultimo spunto di Giulietto, ovvero quello di partecipare al dibattito. Per cui, prima regola del dibattito: capiamo di che stiamo parlando. Il mio contributo è la traduzione di una testimonianza diretta di uno "zombie" (come lo chiama Chiesa), che racconta la sua dipendenza da World Of Warcraft ed il modo in cui il videogame ha deformato la sua vita. Ho scelto proprio questo articolo perché non mostra un caso estremo: chiunque abbia giocato a WoW ci si può, almeno in parte, identificare. È un lungo pezzo apparso su Kill Screen, che io ritengo essere una delle migliori riviste "alte" sul tema videogame. Vediamo di conoscerli, questi zombie, e vediamo cosa loro stessi hanno da dire. Data la sua lunghezza, ne pubblicherò un pezzo al giorno. Ah, dimenticavo: naturalmente, FOR THE HORDE!
P.S. Mi perdoneranno i giocatori di WoW, ma ho dovuto adeguare in certe parti il linguaggio per renderlo comprensibile agli esseri umani (un esempio tra i tanti: il titolo originale è "King of Ogres").
Re degli Orchi
Una storia d’amore
Parte 1 di 4
(di J. Nicholas Geist, tradotto da Kill Screen #1 — No Fun)
Prologo
Non riesco ad ascoltare più la musica dei Kings of Leon senza che la mente rievochi il grind (NdT: attività lunga e ripetitiva all’interno di un videogame, mirata ad accumulare risorse da utilizzare in-game per ottenere un equipaggiamento migliore). Non appena la voce di Caleb Followill emerge dal mio iPod, torno a Duskwood, nel continente di Azeroth. Là ho trascorso giornate a raccogliere gli ingredienti per creare Elisir dell’Agilità. Per ore, correvo qua e là tra la Fattoria di Yorgen e Addle’s Stead, uccidendo ogni Defias che riuscissi a trovare, in attesa di un bottino che non arrivava mai.
«Non mi sarei dovuto disturbare,» mi dicevo, sghignazzando «Per quel +8 all’Agilità, non ne vale la pena…»
«Che?» mi chiese Megan. Faceva le pulizie in bagno, e mi ha sentito ridere.
«Uh… banane.» risposi «Sono ricche di potassio.»
«Aha» disse. Scosse la testa, puntando gli occhi sul suo miserabile, tragico marito. Tornò alle pulizie.
Se c’è un immagine che ben rappresenta quell’estate è proprio questa: una Megan esasperata, intenta a mandare avanti le fatiche della vita quotidiana, mentre la mia mente si crogiola, indecisa, tra le molte variabili offerte dai paesaggi implausibili di Azeroth.
Capitolo 1
Tutto iniziò a ridosso di Natale. Mi resi conto che era passato un’anno da quando avevo acquistato The Burning Crusade, la prima espansione di World Of Warcraft, un gioco online oscenamente popolare. Smisi di giocarci circa un mese dopo. Ma iniziavo a provare nostalgia per il gioco, ed ero dolorosamente cosciente di quante aree del mondo virtuale non avessi esplorato. In aggiunta, il mio migliore amico, Dave, e sua moglie, Zarqua, avevano ripreso a giocare; farlo anch’io mi parve un buon modo per frequentarli. Megan ed io mangiavamo ad un fast food, quando glielo dissi: «Pensavo di riprendere ad usare il mio account di WoW».
«Oh, sì?» chiese. Non ricordo esattamente cosa fece. Forse guardavo il menù per evitare di notare la sua reazione. Immagino che tutti i suoi muscoli le si siano irrigiditi e la sua spina dorsale si sia drizzata, quasi avessi sfoderato un coltello.
«Sì, Dave e Zarq hanno ripreso a giocare,» dissi «ed ora abbiamo tutti un giorno libero il martedì. Quindi… pensavo che potremmo ricominciare tutti da capo con un nuovo personaggio e proseguire insieme.»
«Una volta alla settimana, uh?»
«Sì, certo. Non come prima.»
Dopo questa conversazione, più o meno tutti i giorni, si ripeté la stessa scena. Magari stavamo facendo shopping, o ci trovavamo seduti al bar, o sulla strada per Yosemite, oppure in attesa al ristorante. Lei tornava dal bagno e mi trovava impegnato a calcolare i migliori coefficienti di attacco per il gioco. Lei guardava un film ed io sceglievo la migliore combinazione per le mie armi ed armature. Quindi non so dire con precisione, o cosa stessi facendo, quando avvenne la seguente conversazione. In un furtivo momento di distrazione nerd, mi scappò un «Oddio» dalle labbra.
«Che succede?» chiese Megan. Mi aveva beccato.
«Oh, um» dissi «Beh, a quanto pare c’è un blah blah DPS blah blah blah mana blah blah blah fuoco automatico blah blah blah.»
«Capisco» rispose, probabilmente studiando i barboni più prossimi per scegliere quale potesse essere un marito migliore.
«Scusa» dissi «Ma me l’hai chiesto tu.»
«Beh, credevo fosse qualcosa di sensato.»
«Pfft. Questo dimostra che non ne capisci nulla.»
«Immagino di sì.»
«Va bene. La prossima volta che me lo chiedi, ti dirò che le banane hanno un contenuto di potassio insolitamente alto, rispetto all’altra frutta. Così, almeno il mio blaterare ti fornirà qualche informazione importante.»
«Ok.»
Tutto ciò mi torna alla mente per la musica dei Kings of Leon, la band che ascoltavo durante le sessioni di gioco. Domani, potrebbe accadere a causa di una chiamata da parte di Dave, oppure per colpa di un gatto somigliante al mio animaletto domestico all’interno del gioco, o chissà cos’altro. È come un buco nero: io galleggio sempre vicino all’orizzonte degli eventi di WoW, in attesa di una spinta. Megan non gioca, chiaramente, e quindi riesco a mantenere quello che i non-giocatori chiamano “equilibrio”. Una volta, dopo una sessione di gioco particolarmente movimentata, la informai che ero divenuto il Re degli Orchi. Da quel momento in poi, cambiò il mio nome nel cellulare con quel titolo. Così, ogni volta che la chiamo, sul display appare “Re degli Orchi”. Suppongo abbia accompagnato quel nome con una foto in cui mi esibisco in un’espressione appropriata. I membri della mia gilda mi chiedevano perché giocavo sempre ad orari così tardi. Spiegai loro che, quando Megan era sveglia, preferivo passare il mio tempo con lei. Il che era, ovviamente, vero. Ed era anche una comoda coincidenza che, durante l’estate, Megan andasse sempre a letto subito dopo il tramonto: così avevo un bel po’ di tempo da dedicare al gioco, fino all’alba.
Dicevo ai miei compagni che il tempo trascorso con lei era più divertente, ed ero sincero. Ma il fatto che fosse vero non implica che non fosse anche falso: ovvero, giocavo molto di meno di quanto avrei voluto. Non riesco a spiegarle bene il motivo per cui per me fosse così frustrante non poter essere online quando lo erano i miei compagni di gilda, o il fatto che, di domenica, non potevo fare scorribande a Karazhan della durata di otto ore, o che non avrei mai ottenuto mai l’equipaggiamento migliore perché non avevo il tempo di fare raid da 25 giocatori. Non riesco a spiegarle che la ragione per cui Dave e Zarq provavano con così tanta foga a farla diventare una giocatrice era perché volevano stare più tempo online insieme a noi. E, visto che lei non poteva capire, a me era proibito fare tutta una serie di cose. E, dato che mi era proibito, sono riuscito ad aggrapparmi ai pochi brandelli di normalità che molti dei miei amici hanno perduto.