23
Ago
2011

Ci vuole tattoo

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to il 19/08/11 su Sar­de­gna 24.

La moder­na bat­ta­glia per l’identità si com­bat­te anche sul­la pel­le dei cit­ta­di­ni. Let­te­ral­men­te. Nel cor­so del­la sto­ria, i tatuag­gi han­no svol­to la fun­zio­ne di desi­gna­re lo sta­tus ed il ruo­lo socia­le di chi li indos­sa­va: han­no ador­na­to galeot­ti e nobi­li, guer­rie­ri mao­ri e pesca­to­ri giap­po­ne­si. Han­no trac­cia­to con­fi­ni socia­li all’interno del­la popo­la­zio­ne e riven­di­ca­to dif­fe­ren­ze culturali.
Dice, a que­sto pro­po­si­to, il roc­ker caglia­ri­ta­no Joe Per­ri­no: «È meglio ave­re un po’ di fan­ta­sia sul pro­prio cor­po. I temi prin­ci­pa­li dei miei tatuag­gi sono l’immaginario rock e la pit­tu­ra giap­po­ne­se. Il rock è la mia moda­li­tà d’espressione crea­ti­va pre­fe­ri­ta. Inve­ce, ho scel­to di “indos­sa­re” l’arte giap­po­ne­se, con ripro­du­zio­ni di ope­re d’arte o di moti­vi tra­di­zio­na­li del­la Yaku­za, per­ché ado­ro il loro sen­so estetico.»
Con l’avanzata ram­pan­te del McMon­do occi­den­ta­le, che schiac­cia ed omo­lo­ga ogni dif­fe­ren­za, anche l’arte del tatuag­gio è sta­ta uni­ver­sa­liz­za­ta. Ormai, le iden­ti­tà ven­go­no pre­sen­ta­te dai media come beni di con­su­mo e, per que­sto, ora tut­ti ador­na­no la loro pel­le con sim­bo­li usa e get­ta, pri­vi di una con­no­ta­zio­ne socia­le codi­fi­ca­ta. Se è vero che un tatuag­gio defi­ni­sce il ruo­lo di chi lo indos­sa, ora espri­me un mes­sag­gio del tut­to diver­so: puoi esse­re chiun­que tu voglia.
È anche per cele­bra­re que­sti cam­bia­men­ti nell’arte del tatuag­gio che, dal 26 al 28 ago­sto all’Hotel Setar, si ter­rà la quar­ta edi­zio­ne del­la Caglia­ri Tat­too Con­ven­tion. Que­sta mani­fe­sta­zio­ne, ric­ca degli stand di 130 tatua­to­ri, con­cer­ti rock e hip hop, even­ti di pit­tu­ra live e gal­le­rie d’arte, pun­ta a rap­pre­sen­ta­re lo svi­lup­po di quest’arte nel­le sue sva­ria­te for­me ed offri­re alla popo­la­zio­ne l’occasione di cono­scer­ne gli arti­gia­ni. Oppu­re, illu­stra­re la pro­pria pel­le con un gli­fo di par­ti­co­la­re interesse.
«Abbia­mo con­sta­ta­to come — spie­ga Fran­ce­sca Mulas, addet­ta alla comu­ni­ca­zio­ne del­la Con­ven­tion — il pub­bli­co, pri­ma com­po­sto da addet­ti ai lavo­ri, ora sia sem­pre meno eli­ta­rio. Sia­mo par­ti­ti da 4 mila pre­sen­ze nel 2008 e, di anno in anno, l’aumento è sta­to esponenziale».
Se è vero che mol­ti sono attrat­ti dal tatuag­gio per moda, è neces­sa­rio sot­to­li­nea­re come l’aspetto iden­ti­ta­rio di quest’arte non sia del tut­to scom­par­so. «I tatua­to­ri non ama­no i clien­ti pri­vi di un’idea pre­ci­sa, che scel­go­no un’illustrazione da un cata­lo­go, per­ché una simi­le opzio­ne pri­va il loro lavo­ro del­la respon­sa­bi­li­tà che meri­ta. In Sar­de­gna, è mol­to popo­la­re il tatuag­gio a sfon­do archeo­lo­gi­co: mol­ti deci­do­no di riven­di­ca­re la pro­pria appar­te­nen­za alla comu­ni­tà iso­la­na con dise­gni trat­ti da petro­gli­fi o dall’immaginario tra­di­zio­na­le, qua­li masche­re e sim­bo­li nuragici.»
La con­ven­tion ha otte­nu­to una note­vo­le pre­sen­za di tatua­to­ri nazio­na­li e inter­na­zio­na­li anche gra­zie al lato turi­sti­co dell’iniziativa: gli arti­sti pos­so­no dedi­car­si alla loro pas­sio­ne duran­te la not­te e visi­ta­re le bel­lez­ze dell’isola di gior­no. «Que­sta com­po­si­zio­ne inter­na­zio­na­le, — dice Mil­ly, tatua­tri­ce vete­ra­na dell’Inkanto Tat­too Empo­rium di Caglia­ri — con­tri­bui­sce ad aumen­ta­re la qua­li­tà del­le ope­re ese­gui­te duran­te la con­ven­tion. Anche il pub­bli­co ha gusti sem­pre più raf­fi­na­ti. Cio­no­no­stan­te, il tatuag­gio di tipo tra­di­zio­na­le è quel­lo più richie­sto: pochi colo­ri, dise­gni inci­si­vi, sep­pur semplici».
La con­ven­tion cele­bra anche la varie­tà sti­li­sti­ca offer­ta dal­la tec­no­lo­gia. La tipi­ca mac­chi­net­ta a bobi­na è anco­ra in uso, ma è affian­ca­ta da quel­la a rota­ti­va, che offre un dise­gno più pre­ci­so, con mag­gio­ri pos­si­bi­li­tà crea­ti­ve. È pos­si­bi­le impie­ga­re inchio­stri spe­cia­li, in cui i tatuag­gi sono visi­bi­li solo in date con­di­zio­ni di luce, oppu­re usa­re mac­chi­ne ali­men­ta­te dall’energia foto­vol­tai­ca per dimi­nuir­ne l'impatto sull'ambiente. All'orizzonte si pro­fi­la­no pure i tatuag­gi elet­tro­ni­ci, come quel­li svi­lup­pa­ti da Todd Cole­man dell’Università dell’Illinois, capa­ci di inter­fac­ciar­si con gli smart­pho­ne e muta­re dise­gno secon­do i capric­ci dell’utente.
Ric­chi di una tra­di­zio­ne mil­le­na­ria, i tatuag­gi con­ti­nua­no a riflet­te­re l’identità di chi li por­ta. Anche se l’identità, nel nostro occi­den­te, può dura­re lo spa­zio di un mattino.