Per tutti i diavoli, ho perso il mio sceneggiatore
La passione di Sergio Bonelli, scomparso ieri a 79 anni all'ospedale San Gerardo di Monza dove era ricoverato da alcuni giorni, era la scrittura. Tra i suoi personaggi non a caso c’era Zagor, sintesi delle sue due passioni: il fantastico e l'avventura. Quando alla morte del padre, Sergio ereditò l’eroe per eccellenza del pantheon fumettistico italiano, Tex Willer, il suo problema non fu solo proseguire una linea editoriale, bensì tenere alto il livello delle sue saghe avventurose dal punto di vista narrativo. La sua attenzione, dunque, fu rivolta agli sceneggiatori e agli script forniti da questi ultimi all'epica willeriana, ma pure a quella dei personaggi che contribuì a creare per la sua casa editrice (Martin Mystere, Dylan Dog, Julia, per fare solo alcuni esempi), in maniera sempre vigorosa e influente.
Cresciuto osservando le tavole del western di Galleppini — un deserto brullo e suggestivo che ricordava in maniera evidente i paesaggi della Sardegna dove il papà di Tex aveva vissuto a lungo — accolse con interesse e fiducia nella sua scuderia alcuni autori della nostra isola che contribuirono alla fortuna della sua casa editrice in un periodo d’oro per il fumetto italiano: la decade tra gli Ottanta e i Novanta. Sono questi gli anni in cui nasce uno tra i personaggi di successo delle edizioni bonelliane: Nathan Never. Detective del futuro ed eroe della fantascienza, fu creato da tre giovani autori sardi nel 1996: Michele Medda, Bepi Vigna ed Antonio Serra. Le storie da loro costruite attorno al personaggio, oltre ad essere ricche di citazioni filmiche e letterarie, sono costellate da riferimenti alla nostra isola, tra il riverente e l’ironico. I tre autori riuscirono (e continuano a farlo tuttora) a contaminare la serie con piccoli ma decisivi particolari che rivelano la loro identità. Ma la Sardegna è presente in tante altre avventure bonelliane: si pensi a "Il Mistero del Nuraghe", episodio della serie Martin Mystere (firmato sempre da Bepi Vigna) o all'albo di "Dampyr" in cui è presente la figura dell’Accabadora. I prodotti bonelliani, soprattutto quelli legati al personaggio di Tex, sicuramente ancora oggi tra gli albi più venduti in Italia, hanno creato per varie generazioni un immaginario ben preciso nell’ambito del fumetto popolare.
Tra i fan più fedeli del ranger creato nell’aspetto da Aurelio Galleppini, troviamo il critico cinematografico Gianni Olla, a cui abbiamo chiesto se avesse mai contattato Sergio Bonelli. Ci ha raccontato di una telefonata «nell’occasione di un "compleanno" di Tex in cui l’editore mi raccontava degli evidenti gusti cinematografici del padre svelando le polemiche nate tra i due a proposito del tipo di narrativa western utilizzata: Sergio Bonelli amava Leone e le contaminazioni con il genere fantasy e, dunque, aveva un approccio al western più adatto ai gusti dell’epoca».
Sempre a Olla domandiamo se, da lettore "forte" di Tex, anche oggi ne apprezzi le avventure, così diverse da quelle delle origini. «Rimane l’abitudine della lettura legata alla memoria — risponde — Sono affezionato all’immaginario willeriano dei primi 150 numeri, dove, a mio vedere, le storie erano più complesse e legate ai modelli della narrativa ottocentesca, quasi da melodramma. Oggi, gli episodi sono più poveri sul piano dello sviluppo dell’intreccio, anche se visivamente hanno un aspetto assai curato».