22
Lug
2011

Made in Italy — Intervista su Lo Spazio Bianco

Quest'intervista, con­dot­ta da Ales­san­dro Cia­sca, è sta­ta pub­bli­ca­ta per la pri­ma vol­ta su Lo Spa­zio Bian­co il 21/07/2011. Per mag­gio­ri infor­ma­zio­ni su Made in Ita­ly, clic­ca qui.

Con il fumet­to “Made in Ita­ly – L’Infame” è ini­zia­ta una col­la­bo­ra­zio­ne con la MeLe­to Soft­ware, che ren­de­rà pre­sto dispo­ni­bi­li i vostri fumet­ti sull’App Sto­re per l’iPad. Da cosa nasce que­sta scel­ta e cosa pen­sa­te di que­sta nuo­va veste digi­ta­le del fumetto?
Mas­si­mo Spi­ga
: Made In Ita­ly è sem­pre sta­to un fumet­to digi­ta­le. Fin dal con­ce­pi­men­to, è rima­sto un muc­chio di elet­tro­ni impaz­zi­ti che rim­bal­za­va­no tra i cir­cui­ti di un com­pu­ter. E’ sta­to pub­bli­ca­to per la pri­ma vol­ta dal­la (pio­nie­ri­sti­ca, in mol­ti sen­si) Hybris Comics, nel 2006, in for­ma­to PDF. Ora tor­na più bel­lo, più ric­co ed è pro­po­sto per una piat­ta­for­ma che si adat­ta bene alla let­tu­ra di fumet­ti. Pen­so sia­no que­sti fat­ti ad aver spin­to la MeLe­to a con­tat­tar­ci. Il risul­ta­to mi sem­bra otti­mo: al con­tra­rio del­le pub­bli­ca­zio­ni car­ta­cee, i tablet offro­no l’opportunità di mostra­re i fumet­ti esat­ta­men­te come gli arti­sti li han­no con­ce­pi­ti. Ormai sono in pochi a lavo­ra­re con car­ta e mati­ta. Gran par­te del­la pro­du­zio­ne arti­sti­ca, in gene­ra­le, avvie­ne su uno scher­mo. Ora i let­to­ri potran­no vede­re le tavo­le nel­la loro for­ma “pura” e idea­le, sen­za la media­zio­ne di un foglio di car­ta. Pla­to­ne ne sareb­be orgoglioso.

Per­ché que­sta scel­ta anco­ra più radi­ca­le del­la ripub­bli­ca­zio­ne? E quan­to ha cam­bia­to il modo di pen­sa­re alla sto­ria e alla sceneggiatura?
MS
: Dal mio pun­to di vista, il fumet­to elet­tro­ni­co è da con­si­de­rar­si un media sepa­ra­to rispet­to a quel­lo car­ta­ceo. Col tem­po tro­ve­rà un suo spe­ci­fi­co tec­ni­co e nar­ra­ti­vo. Per ora ha tro­va­to una voce, ma non un’anima. Sono sta­ti fat­ti sol­tan­to ten­ta­ti­vi (piut­to­sto “con­ser­va­to­ri” e cau­ti) di tra­spor­re una sto­ria a fumet­ti in modo che sia frui­bi­le su uno scher­mo. In que­sto sen­so, Made in Ita­ly non è una spe­ri­men­ta­zio­ne spe­ri­co­la­ta e non sfrut­ta tut­te le poten­zia­li­tà del mez­zo. E’ un anel­lo di con­giun­zio­ne tra il vec­chio Topo­li­no ingial­li­to che hai in can­ti­na ed il Tur­bo-Fumet­to del Futu­ro, iper­ci­ne­ti­co e mul­ti­di­men­sio­na­le, che vedia­mo all’orizzonte. Per que­sto è sta­to pro­dot­to in manie­ra ana­lo­ga ai suoi fra­tel­li di car­ta, sen­za pesan­ti influen­ze dovu­te alla sua for­ma elettronica.

Ave­te già dei pri­mi riscon­tri del­la ven­di­ta digi­ta­le di Made in Ita­ly? Inol­tre, que­sto fumet­to e i pros­si­mi, saran­no in usci­ta solo per iPad o anche per altri Tablet?
MS
: Made in Ita­ly ha esor­di­to al secon­do posto nel­la clas­si­fi­ca del­le nuo­ve appli­ca­zio­ni del­la sezio­ne Libri. Poi è migra­to tra le appli­ca­zio­ni “Nuo­ve e Con­si­glia­te” dal­la Apple. Al momen­to, è set­ti­mo tra i libri più ven­du­ti nell’App Sto­re, parec­chie posi­zio­ni sopra l’unico tito­lo che rico­no­sco, cioè Dia­bo­lik. L’App Sto­re è anco­ra un mer­ca­to eli­ta­rio in Ita­lia, cer­to, ma il risul­ta­to è posi­ti­vo. Spe­ro che la MeLe­to pro­du­ca al più pre­sto un Made in Ita­ly per gli altri tablet (ed anche una per il vostro cel­lu­la­re, com­pu­ter, lava­tri­ce e fri­go­ri­fe­ro, se è per que­sto). Cre­do sia una que­stio­ne di tem­po, dovu­ta ad osta­co­li tec­ni­ci più che a una man­can­za di atten­zio­ne. Non abbia­mo alle spal­le una gros­sa orga­niz­za­zio­ne: sia­mo un muc­chio di visio­na­ri dall’aria sospet­ta che par­la in stra­ne lin­gue nel deser­to. Ci sono avvol­toi sopra le nostre teste. Ma non abbia­mo timo­re. Noi ci nutria­mo di avvoltoi.

Le gran­di case sem­bra­no anco­ra titu­ban­ti sul­la scel­ta del fumet­to digi­ta­le e mol­ti appas­sio­na­ti let­to­ri asse­ri­sco­no che la bel­lez­za del car­ta­ceo non potrà mai esse­re rim­piaz­za­ta. Pen­sa­te che il digi­ta­le pos­sa esse­re una oppor­tu­ni­tà, una sor­ta di nuo­vo cor­so per la sto­ria del­la nona arte, oppu­re cre­de­te anche voi che ci sia anco­ra biso­gno di muo­ver­si coi pie­di di piombo?!
MS
: Non sarà di cer­to un “nuo­vo cor­so”. Se il fumet­to è un albe­ro che cre­sce, quel­lo elet­tro­ni­co sarà un nuo­vo ramo che si svi­lup­pe­rà per i fat­ti suoi. E’ vero che la bel­lez­za del car­ta­ceo non può esse­re rim­piaz­za­ta, ma è assur­do pen­sa­re che il fumet­to elet­tro­ni­co voglia far­lo. L’obiettivo è aumen­ta­re e dif­fe­ren­zia­re la quo­ta glo­ba­le di bel­lez­za, non usur­pa­re il tro­no del­le pub­bli­ca­zio­ni tra­di­zio­na­li. La car­ta e gli scher­mi pos­so­no pro­ce­de­re in paral­le­lo. Le gros­se case edi­tri­ci ci arri­ve­ran­no un pas­so alla vol­ta. Sareb­be fol­le get­tar­si a peso mor­to in una for­ma di frui­zio­ne del fumet­to che non ha anco­ra una for­ma defi­ni­ta ed un pub­bli­co con­so­li­da­to. Se il mer­ca­to del fumet­to elet­tro­ni­co non pren­des­se pie­de, io e Fran­ce­sco rischie­rem­mo di aver per­so un po’ di tem­po e spre­ca­to qual­che incaz­za­tu­ra, men­tre un mam­mut come la Bonel­li rischie­reb­be di far per­de­re il posto di lavo­ro a sva­ria­te deci­ne persone.

Si fa tan­to par­la­re ulti­ma­men­te del ruo­lo dell’editore oggi, non sem­pre all’altezza dei biso­gni di auto­ri e let­to­ri: que­sta è una ter­za via rispet­to all’editoria e all’auto­pro­du­zio­ne?
MS
: Non saprei. Sep­pur eccen­tri­co rispet­to agli edi­to­ri tra­di­zio­na­li, il CEO del­la MeLe­to è pur sem­pre un edi­to­re e svol­ge tut­te le fun­zio­ni clas­si­che di que­sto ruo­lo. Se par­lia­mo spe­ci­fi­ca­men­te del fumet­to su tablet, c’è una for­te “sele­zio­ne all’ingresso”. Non tut­ti san­no pro­gram­ma­re un appli­ca­zio­ne per cel­lu­la­re. Chi non lo sa fare, deve pro­por­si ad un edi­to­re, sep­pur un edi­to­re più cyber­punk del­la nor­ma, e segui­re il soli­to iter. E’ anche vero che gli auto­ri di fumet­to ed i let­to­ri che si dedi­ca­no alle pub­bli­ca­zio­ni di que­sto tipo sono per ora pochi, quin­di la sce­na è meno affol­la­ta di quel­la car­ta­cea. Io la con­si­de­ro una fran­gia luna­ti­ca dell’editoria, più che di una for­ma nobi­li­ta­ta di autoproduzione.

Par­lan­do ora det­ta­glia­ta­men­te del vostro fumet­to, le pri­me pagi­ne sono cini­che, mol­to schiet­te e pro­se­guen­do nel­la nar­ra­zio­ne la sto­ria divie­ne sem­pre più rea­li­sti­ca e cru­da. Come suc­ce­de per “Back­sta­ge”, rac­con­ta­te una real­tà che sem­bra gri­da­re qua­si alla rivo­lu­zio­ne (all’anarchia?), allo spo­gliar­si defi­ni­ti­va­men­te di que­sto fal­so per­be­ni­smo dila­gan­te; que­sto sem­bra esse­re il vostro mar­chio di fab­bri­ca, sta­te cer­can­do di comu­ni­ca­re una rilut­tan­za ver­so que­sta real­tà e di que­sta attualità?
MS
: L’unica anar­chia che Made in Ita­ly pro­po­ne è quel­la del neo-feu­da­le­si­mo mafio­so ver­so cui l’Italia si sta diri­gen­do a gran­di fal­ca­te. Quel­la trat­ta­ta nel­la gra­phic novel è una sto­ria che, in manie­ra sti­liz­za­ta, cer­ca di foto­gra­fa­re qua­le influen­za abbia avu­to que­sta clas­se diri­gen­te sul­la visio­ne del mon­do pro­pria dei ragaz­zi cre­sciu­ti negli anni zero. Secon­do noi, è quel­la che vie­ne splen­di­da­men­te raf­fi­gu­ra­ta in Gomor­ra. Io la chia­mo Tur­bo­ca­pi­ta­li­smo Man­na­ro. Vivia­mo un una socie­tà in cui l’ingiustizia, l’ignoranza e la pover­tà si sal­da­no in un uni­co moto­re mafio­ge­no che fa a bran­del­li i lega­mi sociali.
Le vit­ti­me più col­pi­te sono i più giovani.
Si ha una visio­ne cari­ca­tu­ra­le di que­sto fenomeno.
Si pen­sa ai “bam­boc­cio­ni”.
Per ave­re una mora­li­tà ed un sen­so del­lo sta­to biso­gna poter­se­li per­met­te­re. Quan­do si esau­ri­rà l’ammortizzatore socia­le non uffi­cia­le per eccel­len­za, cioè i rispar­mi del­le fami­glie, cosa rimar­rà ai pre­ca­ri di oggi? Si lasce­ran­no mori­re di fame in sere­ni­tà oppu­re ini­zie­ran­no a can­ni­ba­liz­za­re tut­to quel­lo che li cir­con­da, con ogni mez­zo neces­sa­rio? For­se sarà una guer­ra tra pove­ri. Io auspi­co che ini­zi­no a spa­ra­re nel culo di chi li chia­ma “bam­boc­cio­ni”, tan­to per comin­cia­re. Comun­que, una gran­de fet­ta di colo­ro che sono nati dopo il 1975 non ha una cul­tu­ra adat­ta ad agi­re in modo con­cer­ta­to, demo­cra­ti­co, come for­za socia­le. Dopo­tut­to, in uno sta­to neo­li­be­ri­sta “la socie­tà non esi­ste“, no? Quel che resta è una ver­sio­ne ato­miz­za­ta del­la mafia. Made in Ita­ly si occu­pa di que­sto gene­re di pro­ble­mi. E’ cini­co, cru­do e schiet­to, per­ché, al di fuo­ri di ogni ipo­cri­sia, que­sta è la lin­gua che par­la­no sia i salot­ti bor­ghe­si che il mar­cia­pie­de. Non so se repu­tar­lo un mar­chio di fab­bri­ca, anche se è sicu­ro che io e Fran­ce­sco par­lia­mo come man­gia­mo: male e di fretta.

Tan­to che a un cer­to pun­to uno dei vostri per­so­nag­gi affer­ma: “Resta da capi­re che dif­fe­ren­za c’è tra que­sta clas­se diri­gen­te e la mafia“. Qual’è la vostra rispo­sta a que­sta domanda?
MS
: La rispo­sta bre­ve è una risa­ta tonan­te e sini­stra. Quel­la lun­ga è lega­ta alla cosid­det­ta “que­stio­ne mora­le“. Dubi­to che la clas­se diri­gen­te ita­lia­na sia più o meno “mal­va­gia” di quel­la fran­ce­se o sve­de­se. Quan­do Ber­lin­guer rila­sciò la famo­sa inter­vi­sta in cui coniò il ter­mi­ne, spe­ci­fi­cò che la que­stio­ne mora­le ave­va ben poco di mora­le in sen­so stret­to e mol­to di siste­mi­co. Par­lò di come i par­ti­ti si era­no man­gia­ti la socie­tà. Que­sto fa par­te di un pro­ble­ma strut­tu­ra­le dei nostri par­ti­ti e, più in gene­ra­le, del­la nostra ammi­ni­stra­zio­ne del pote­re. E’ irri­le­van­te che il sena­to­re X rubi a man­bas­sa oppu­re il depu­ta­to Y sco­ten­ni le vec­chiet­te per intrat­te­ner­si. Del­la mora­li­tà pos­so­no par­la­re i pre­ti. A noi inte­res­sa­no gli equi­li­bri ed i mec­ca­ni­smi socia­li che han­no pro­dot­to il mon­do che ci cir­con­da. In Made in Ita­ly, in un mon­do in cui il pote­re e la vio­len­za sono la stes­sa cosa, ogni dif­fe­ren­za sostan­zia­le tra cri­mi­na­li­tà orga­niz­za­ta e clas­se diri­gen­te è incon­ce­pi­bi­le. I let­to­ri potran­no usa­re la loro testa per sta­bi­li­re se vivia­mo o no in quel mondo.

Nel fumet­to c’è un per­so­nag­gio chia­ma­to “il comu­ni­sta” e ci sono vari rife­ri­men­ti al Chè e alla Ban­da del­la Maglia­na. C’è indi­scu­ti­bil­men­te un mes­sag­gio “gio­va­ni­le” diret­to alla poli­ti­ca; sie­te con­vin­ti che essa di que­sti di tem­pi stia raschian­do un po’ il fon­do, come se fos­se e fos­si­mo ormai ai fer­ri corti?
MS
: Il fumet­to è con­di­to soprat­tut­to da rife­ri­men­ti alla sto­ria d’Italia, soprat­tut­to quel­la delin­quen­zia­le. E’ impos­si­bi­le capi­re gli even­ti occor­si nel nostro pae­se dal 1860 in poi se non se ne con­si­de­ra il lato cri­mi­na­le. All’interno di Made in Ita­ly i richia­mi agli even­ti del pas­sa­to ser­vo­no a pla­sma­re lo svi­lup­po dei per­so­nag­gi e a for­ni­re un lega­me di cau­sa-effet­to tra l’ambientazione e le deci­sio­ni dei pro­ta­go­ni­sti. Da que­sto pun­to di vista, quel­li di que­sto fumet­to sono per­so­nag­gi sen­za psi­co­lo­gia. Tut­te le loro scel­te sono frut­to del con­te­sto allar­ga­to in cui vivo­no: le dina­mi­che inte­rio­ri non han­no alcu­na impor­tan­za. I quat­tro pro­ta­go­ni­sti non arri­va­no a sta­bi­li­re che “il futu­ro è cosa nostra” per via del­la loro sto­ria per­so­na­le, ma per via del­la nostra sto­ria collettiva.
Un esem­pio di que­sto è appun­to il sopran­no­me del “Comu­ni­sta”. In Made in Ita­ly que­sta paro­la non ha alcun lega­me con la tra­di­zio­ne di sini­stra, Marx, Ber­lin­guer o i soviet. Oggi, la paro­la “Comu­ni­sta” è sta­ta ri-seman­tiz­za­ta dal­la pro­pa­gan­da. Per la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­la popo­la­zio­ne è poco più che un insul­to gene­ri­co. Il per­so­nag­gio con quel nome si com­por­ta in ade­ren­za al nuo­vo signi­fi­ca­to del­la paro­la, ed infat­ti fareb­be orro­re a chiun­que sia comu­ni­sta per dav­ve­ro. Comun­que, come dice­vo sopra, Made in Ita­ly è un fumet­to che par­la di gio­va­ni, ma non neces­sa­ria­men­te par­la ai gio­va­ni. Non c’è nes­sun aspet­to mora­li­sti­co e nes­sun mes­sag­gio. Vor­reb­be esse­re uno spec­chio in cui riflet­ter­si o, all’occorrenza, su cui svol­ge­re riti per divi­na­re il futuro.

Il dise­gno, la scel­ta del con­tra­sto tra colo­ri for­ti nel­le vignet­te in bian­co e nero, sem­bra­no ricer­ca­re uno sti­le “a la Sin City”… visto anche il richia­mo fat­to alla cit­tà del pec­ca­to di Frank Mil­ler in una vignet­ta, è una scel­ta volu­ta o una sem­pli­ce casua­li­tà?!Fran­ce­sco Acqua­vi­va: No, non è per nien­te una casua­li­tà! Frank Mil­ler è uno degli auto­ri che mag­gior­men­te mi ha influen­za­to da ragaz­zi­no, sia in veste di scrit­to­re che di dise­gna­to­re. Volu­mi come Dare­de­vil: Born Again, Sin City, 300 e The Man Without Fear sono dei capo­la­vo­ri asso­lu­ti, che mostra­no una ricer­ca con­ti­nua di sin­te­si e spe­ri­men­ta­zio­ne gra­fi­ca e nar­ra­ti­va. Ma come nel­le sue ope­re è evi­den­te l’influsso degli arti­sti che l’hanno influen­za­to, così mi sono sen­ti­to libe­ro di dare sfo­go alla mia vena crea­ti­va, cer­can­do di non pen­sa­re ai limi­ti che gene­ral­men­te il fumet­to impo­ne (vignette,colorazione etc.) ma di anda­re a ruo­ta libe­ra, sen­za pau­ra di spe­ri­men­ta­re. In fon­do cre­do sia que­sto l’insegnamento più gran­de che arti­sti come Mil­ler ci abbia­no lasciato.

Inse­ri­re nell’impaginazione in secon­do pia­no, qua­si come sfon­do di alcu­ne tavo­le, le ban­co­no­te e la pisto­la, ha un signi­fi­ca­to par­ti­co­la­re? E la scel­ta di ripar­ti­re alcu­ne vignet­te in modo mol­to par­ti­co­la­re che rit­mi­ca dà alla gra­phic novel?
FA
: Ho sem­pre ado­ra­to auto­ri del cali­bro di Bill Sien­kiewicz, Dave McKean, David Mack, auto­ri che han­no un pre­gio, san­no stu­pi­re. Ogni vol­ta che acqui­sta­vo un loro albo pas­sa­vo mesi a gustar­me­lo, per assa­po­ra­re ogni mini­mo par­ti­co­la­re, ogni scel­ta sti­li­sti­ca… era impos­si­bi­le sape­re qua­le sti­le Sien­kiewicz avreb­be adot­ta­to per la pagi­na suc­ces­si­va, come avreb­be svi­lup­pa­to la sce­na. Capo­la­vo­ri come Stray Toa­sters, Elektra:Assassin, Voo­doo Child, Arkham Asy­lum e Kabu­ki sono dei pac­chi sor­pre­sa, dei rega­li per la nostra sfe­ra emo­ti­va, che vie­ne sol­laz­za­ta ad ogni svol­ta di pagi­na. Non dico che que­sto SIA il fumet­to, dico che ANCHE que­sto lo è. Pro­vo gran­dis­si­ma ammi­ra­zio­ne per lo sti­le Bonel­li, ma più lavo­ra­vo a Made in Ita­ly e più mi accor­ge­vo che quel­lo che vole­vo dav­ve­ro rac­con­ta­re non era la sto­ria in sé, ma le emo­zio­ni che que­sta mi susci­ta­va. E allo­ra non ave­va più sen­so dover per for­za atte­ner­si a del­le rego­le pre­sta­bi­li­te. Esca­mo­ta­ge come le ban­co­no­te, la pisto­la o le vignet­te arti­co­la­te mi ser­vo­no pro­prio per que­sto, per cer­ca­re di arric­chi­re il cari­co sen­so­ria­le del let­to­re, usan­do­li un po’ come la musi­ca nel cinema.

La sto­ria nel­la fase clou sem­bra pren­de­re una velo­ci­tà improv­vi­sa, qua­si come se non ci fos­se tem­po di pas­sa­re dal­le paro­le ai fat­ti, come se i pro­ta­go­ni­sti del­la sto­ria voles­se­ro chiu­de­re velo­ce­men­te il “pia­no”. Per­ché que­sta scelta?!
MS
: Made in Ita­ly è la sto­ria del seque­stro di un per­so­nag­gio defi­ni­to “infa­me”. Per enfa­tiz­za­re l’aspetto socia­le del­la sto­ria, abbia­mo deci­so di rove­scia­re la pro­spet­ti­va nar­ra­ti­va più scon­ta­ta e rac­con­ta­re ampia­men­te del ter­re­no di col­tu­ra di quel seque­stro, risol­ven­do l’evento vero e pro­prio nel minor tem­po pos­si­bi­le. Come se fos­se una con­se­guen­za natu­ra­le, sen­za alcun valo­re dram­ma­ti­co. Inol­tre, abbia­mo pre­fe­ri­to evi­ta­re che la vit­ti­ma acqui­sis­se uno spes­so­re uma­no. Qua­si non ha bat­tu­te ed il suo vol­to si vede di sfug­gi­ta solo una vol­ta. Non sap­pia­mo nul­la di lui, se non quel­lo che ci dice uno dei pro­ta­go­ni­sti (che noi sap­pia­mo esse­re ben poco affi­da­bi­le). Alla fine del fumet­to, è il let­to­re a dover cari­ca­re di signi­fi­ca­to la vit­ti­ma e sta­bi­li­re chi è, per­ché è sta­to seque­stra­to, se lo meri­ta­va o no. Noi abbia­mo deci­so di sospen­de­re il giudizio.


Que­sta gra­phic novel mostra un futu­ro alquan­to pie­no di incer­tez­ze per i gio­va­ni, cre­de­te che il fumet­to come mez­zo di infor­ma­zio­ne pos­sa dare un con­tri­bu­to, una scos­sa alle nuo­ve gene­ra­zio­ni per non accet­ta­re pas­si­va­men­te que­sta realtà?
MS: Noi non scuo­tia­mo le nuo­ve o le vec­chie generazioni.
Sono loro a scuo­te­re noi.
Fumet­ti come Made in Ita­ly sono il pro­dot­to, e non la cau­sa, di que­sti bri­vi­di e smot­ta­men­ti tet­to­ni­ci, sia­no essi di ori­gi­ne socia­le o psi­co­lo­gi­ca. Non dob­bia­mo mai scor­da­re che il mez­zo d’informazione prin­ci­pa­le non sono i gior­na­li, i sag­gi o i fumet­ti. Sia­mo noi stes­si. Fac­cio un esem­pio: un paio di set­ti­ma­ne fa, ero alla sta­zio­ne in atte­sa di un tre­no. Mi si avvi­ci­nò un nero, evi­den­te­men­te stra­fa­tat­to, e mi chie­se se pote­va usa­re il mio cel­lu­la­re per una chia­ma­ta. Gli dis­si che non ave­vo cre­di­to. Era una men­zo­gna, ma tut­ti i cir­cui­ti di raz­zi­smo e pau­ra nel­la mia men­te si era­no atti­va­ti. Il nero si allon­ta­nò da me ed ini­ziò ad impor­tu­na­re per­so­ne a caso. Bar­col­la­va, era ubria­co. Una cica­tri­ce gli taglia­va in due il vol­to. Attor­no a lui si creò il vuo­to. Alcu­ne signo­re ben vesti­te sibi­la­ro­no dei com­men­ti taglien­ti e se la svi­gna­ro­no, schi­fa­te. Dopo aver assi­sti­to alla sce­na per qual­che minu­to, e anche per­ché sono un dan­na­to fes­so, mi avvi­ci­nai al nero ed ini­ziai a chiac­chie­ra­re del più e del meno con lui, visto che nes­sun altro era inten­zio­na­to a far­lo. Ave­va un nome impro­nun­cia­bi­le, pro­ve­ni­va dal­la Soma­lia. Mi dis­se che la cica­tri­ce risa­li­va a quan­do era un ragaz­zi­no: un sol­da­to gli spa­rò in fac­cia ed in pan­cia. Accad­de duran­te la guer­ra civi­le, in cui l’ONU infi­lò una zam­pa per but­ta­re giù il gover­no isla­mi­co. L’ONU sia­mo noi, per inci­so. Il soma­lo era rima­sto visi­bil­men­te trau­ma­tiz­za­to dall’esperienza. Lavo­ra­va da un anno in una pic­co­la fab­bri­ca in Inghil­ter­ra, per pochi sol­di, con un muc­chio di ore di lavo­ro e ben poche sod­di­sfa­zio­ni. Dice­va di esse­re stu­fo di fare l’immigrato. Il gior­no suc­ces­si­vo sareb­be tor­na­to in patria, dai suoi ami­ci e la sua fami­glia. Anche io sono un immi­gra­to, pro­prio da un anno. Anche io sono stan­co di quel­la vita. Ed anche io sto tor­nan­do in patria. Scam­bian­do sto­rie con il soma­lo, mi sono reso con­to di quan­ti pen­sie­ri e sen­sa­zio­ni pro­fon­de aves­si­mo in comu­ne. Per­ché que­sto è quel che fan­no gli esse­ri uma­ni. Ed è quel­lo che io e Fran­ce­sco fac­cia­mo con i lettori.