Secondo brano, stavolta DnB, dell'album INFODUMP.
(di J. Nicholas Geist, tradotto da Kill Screen #1 — No Fun)
Leggi la prima parte
Leggi la seconda parte
Leggi la terza parte
(di J. Nicholas Geist, tradotto da Kill Screen #1 — No Fun)
Leggi la prima parte
Leggi la seconda parte
Capitolo 5
Capitolo 6
NARRATORE
(Preferibilmente Susan Sarandon)
Questo è Mike. A lavoro, Mike è divertente, amichevole, socievole. Alle feste, tutti vogliono essergli accanto, per il suo spiccato senso dell'umorismo. Dopo il lavoro, dopo le feste, la gente lo chiama. Vuole passare del tempo con lui. Ma Mike non risponde. Gli lasciano messaggi, ma Mike non richiama. Alle fine, tutti smettono di provarci.
Capitolo 4
Mentre eravamo in pausa, andai da Sarah. Eravamo simili, per cui dovetti porle una domanda: «Su che server sei?»
«Alexstrasza» risponde «Tu?»
«Silver Hand.» Il gioco ha una enorme popolazione (più di 11 milioni, all’ultima conta) e riesce a gestirla dividendola in vari server, ciascuno contenente una copia integrale dello stesso mondo. Incontrare per caso persone che giocano sul tuo server è più o meno come andare a Disneyworld ed imbatterti in tuo cugino.
Quindi blaterammo di WoW, confrontando la densità di Stregoni sui rispettivi server, dibattendo delle ingiuste calunnie rivolte ai Cacciatori… il genere di nerdità distillata che è difficile trovare oltre le mura del Large Hadron Collider. Proseguimmo finché non ci trovammo al McDonald, in cui ordinai una Diet Coke, mentre lei non prese nulla. È strano: durante il ritorno, mi resi conto di non avere assolutamente nulla in comune con quella ragazza. Proprio nulla. Anche all’interno del gioco, facevamo cose diverse, frequentavamo gente diversa, avevamo diversi obiettivi. La nostra chiacchierata durò 15 minuti. Fu interamente condotta in un linguaggio condiviso e trattò di esperienze condivise: ciononostante, non c’era assolutamente alcuna connessione tra me e lei. D'un tratto, mi sentii vuoto.
Se mi chiedi, come io stesso ho fatto, perché giocavo a WoW, la risposta è molto chiara: connessione. Giocavo per stare insieme a gente come me, persone che trovo raramente nel mondo esterno. Persone che, di norma, non chiedono: «Perché giochi a WoW mentre potresti [inserire impresa soverchiante qui]?». Anzi, al contrario, sono solite dire cose così: «Certo, potrei fare la maratona di Boston tra tre ore, ma… sì, credo che probabilmente andrò nel dungeon di Steamvaults.»
Ma, mentre parlavo con Sarah del fatto che lei ed il suo ragazzo — un dettaglio che rievocava in continuazione, probabilmente per disincentivarmi a provarci con lei — si stavano creando nuovi personaggi, dei Ladri, su un nuovo server, ero sopraffatto dalla sensazione che questo speciale, condiviso legame di Alterità contro il resto del mondo fosse in larga parte mera apparenza. Condividevamo quell’attività per poter fingere di essere simili, ma non c’era niente di genuino nel nostro legame: eravamo soli.
«In realtà» le dissi «Io ho appena smesso.»