29
Ott
2014

Intervista di PQEditor su DOMANI

Ecco un estrat­to dell'intervista con­dot­ta da Iva­no Garo­fa­lo per PQE­di­tor.

LE PRINCIPALI DIFFICOLTA’ NELLO SVILUPPARE QUESTA TRAMA

Non è sta­to affat­to dif­fi­ci­le. È sta­to diver­ten­te. In altre occa­sio­ni, ho lavo­ra­to a roman­zi sto­ri­ci oppu­re ope­re spe­ri­men­ta­li: la mole di lavo­ro neces­sa­ria è trau­ma­tiz­zan­te. Al con­tra­rio, scri­ve­re Doma­ni è sta­to stra­na­men­te leg­gia­dro. Pia­ni­fi­ca­re i col­pi di sce­na e tro­va­re usi crea­ti­vi per le sme­ri­glia­tri­ci fa par­te del gio­co. Doma­ni è un hor­ror d’azione abba­stan­za clas­si­co, model­la­to su cano­ni cine­ma­to­gra­fi­ci: una con­se­guen­za di ciò è il pia­ce­re sadi­co che si pro­va nel tra­di­re le aspet­ta­ti­ve del let­to­re, pla­sma­te anch’esse sul­le stes­se fon­ti. All’interno di Doma­ni ci sono tut­te le esplo­sio­ni, spa­ra­to­rie, con­flit­ti inter­per­so­na­li e mor­ti atro­ci che ci si potreb­be aspet­ta­re, eppu­re la logi­ca com­ples­si­va del­la sto­ria va in manie­ra leg­ger­men­te diver­sa da quel­la dei gran­di clas­si­ci. For­se il pun­to più dif­fi­ci­le è sta­to que­sto: esse­re ori­gi­na­le in una strut­tu­ra ben defi­ni­ta e rico­no­sci­bi­le, esse­re inno­va­ti­vo seguen­do le “rego­le”.


Leg­gi l'intervista com­ple­ta a que­sto link.
1
Ott
2014

YouTube Party #1 — Charlie mi ha morso il dito di nuovo

È appe­na usci­to il nuo­vo nume­ro di Dia­ri di Cine­club, in cui si inau­gu­ra una mia rubri­ca, You­Tu­be Par­ty. La use­rò per ana­liz­za­re i più popo­la­ri video non pro­fes­sio­na­li pre­sen­ti su You­tu­be con tut­ti gli stru­men­ti offer­ti dal­la cri­ti­ca cine­ma­to­gra­fi­ca, sul­la scia di Zeno­Bat­ta­glia. Nel pri­mo arti­co­lo, una recen­sio­ne di Char­lie mi ha mor­so il dito di nuo­voPuoi sca­ri­ca­re Dia­ri di Cine­club #21 clic­can­do sul tasto sottostante.
29
Set
2014

Lovecraft Zero — L'Abisso è la realtà

È usci­to Love­craft Zero, il libro di tra­du­zio­ni con­tem­po­ra­nee dei rac­con­ti del Soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce, del­le sue let­te­re e del­le sto­rie dei suoi epi­go­ni o pre­cur­so­ri (Cham­bers, Bloch, Long, Smith). Come anti­pa­sto, ecco la mia pre­fa­zio­ne del volume.

L'abisso è la realtà

Duran­te la sua vita, Howard Phil­lips Love­craft ebbe modo di vede­re stam­pa­to un suo libro solo al ter­mi­ne del 1936: The sha­dow over Inn­smouth, pub­bli­ca­to da Wil­liam L. Cra­w­ford, un appas­sio­na­to fan dell’autore. Arma­to di buo­na volon­tà e di un minu­sco­lo capi­ta­le pre­so in pre­sti­to al padre, l’improvvisato edi­to­re die­de alle stam­pe quat­tro­cen­to copie del­la novel­la, facen­do­la illu­stra­re dall’artista Frank Utpa­nel, il qua­le con­tri­buì con quat­tro lito­gra­fie rea­liz­za­te in uno sti­le affi­ne a quel­lo di El Gre­co. Love­craft apprez­zò le illu­stra­zio­ni, ma rima­se disgu­sta­to dai mol­ti erro­ri di bat­ti­tu­ra pre­sen­ti nel testo, dovu­ti all’arraffazzonata impa­gi­na­zio­ne di Cra­w­ford. Inol­tre, per caren­za di fon­di, quest’ultimo riu­scì a rile­ga­re e met­te­re in com­mer­cio sol­tan­to due­cen­to copie del­le quat­tro­cen­to pro­dot­te. Furo­no pub­bli­ciz­za­te su Weird Tales e su alcu­ne rivi­ste di let­te­ra­tu­ra ama­to­ria­le. Il prez­zo di coper­ti­na era un dol­la­ro. Le scar­sis­si­me ven­di­te, spal­ma­te peral­tro in mol­ti mesi, costrin­se­ro Cra­w­ford a man­da­re al mace­ro le copie non rile­ga­te ed abban­do­na­re il mon­do dell’editoria. Qual­che mese dopo la pub­bli­ca­zio­ne di The sha­dow over Inn­smouth, Love­craft fu con­su­ma­to dal can­cro: morì al Jane Bro­wn Memo­rial Hospi­tal dopo una bre­ve ed ago­niz­zan­te degen­za. Sep­pu­re rac­con­ta­ta in estre­ma sin­te­si, quel­la appe­na descrit­ta è l’inte­ra car­rie­ra di Howard Phil­lips Love­craft nell’ambito dell’editoria tradizionale.
Set­tan­ta­set­te anni dopo, il “soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce” è con­si­de­ra­to il più gran­de scrit­to­re hor­ror del Nove­cen­to. La sua influen­za è scon­fi­na­ta ed ha lam­bi­to, in modo diret­to o indi­ret­to, tut­ti gli auto­ri del suo gene­re, oltre a cen­ti­na­ia di scrit­to­ri dedi­ti ad altri ambi­ti crea­ti­vi. Esi­sto­no doz­zi­ne di case edi­tri­ci inte­ra­men­te foca­liz­za­te sul­la pub­bli­ca­zio­ne di deri­va­zio­ni con­tem­po­ra­nee dei testi love­craf­tia­ni. Le sue sto­rie bre­vi han­no gene­ra­to cen­to­tren­ta­due film ed un nume­ro non quan­ti­fi­ca­bi­le di com­po­si­zio­ni musi­ca­li, fumet­ti, gio­chi di ruo­lo, gio­chi da tavo­lo, video­ga­me, musi­cal, spet­ta­co­li tea­tra­li, instal­la­zio­ni arti­sti­che, dipin­ti e, addi­rit­tu­ra, mor­bi­do­si pelu­che, non­ché una reli­gio­ne, una man­cia­ta di set­te eso­te­ri­che ed una tra­di­zio­ne stre­go­ne­sca basa­te sul­la “sapien­za occul­ta” dei testi love­craf­tia­ni. L’immaginario fan­ta­sti­co con­tem­po­ra­neo por­ta le sue ten­ta­co­la­ri trac­ce in modo così pro­mi­nen­te da spin­ge­re lo scrit­to­re Fri­tz Lei­ber a con­si­de­rar­lo un ana­lo­go di Copernico.
Restrin­gia­mo il cam­po alla sola scrit­tu­ra: Love­craft ha con­tri­bui­to a carat­te­riz­za­re e, in veste di cri­ti­co let­te­ra­rio, defi­ni­re il gene­re weird (ter­mi­ne intra­du­ci­bi­le in que­sta spe­ci­fi­ca acce­zio­ne, la cui miglio­re tra­spo­si­zio­ne è “orro­re cosmi­co”). Que­sta tipo­lo­gia si fon­da su un’originale mesco­lan­za di ele­men­ti fan­ta­scien­ti­fi­ci, fan­ta­sti­ci e sini­stri in un uni­ver­so nar­ra­ti­vo alta­men­te con­ta­gio­so, teso ad anni­chi­li­re per la sua vasti­tà ed il suo miste­ro subli­me e, nel con­tem­po, sfu­ma­re la distin­zio­ne tra real­tà e let­te­ra­tu­ra. Per que­sta sua carat­te­ri­sti­ca, potreb­be anche esse­re defi­ni­to “rea­li­smo occul­ti­sti­co”, in oppo­si­zio­ne a quel­lo “magi­co”.
Tra i temi ricor­ren­ti del­la pro­du­zio­ne weird di Love­craft, tro­via­mo i gri­mo­ri male­det­ti e la sapien­za proi­bi­ta; un pan­theon alie­no di pseu­do-divi­ni­tà fred­de, vaste ed indif­fe­ren­ti alle sor­ti dell’umanità; un affet­to nostal­gi­co per l’architettura ed il pae­sag­gio del New England; uno stri­scian­te orro­re per la mesco­lan­za raz­zia­le e per l’atavismo, con un piglio lom­bro­sia­no che oggi lascia basi­ti mol­ti let­to­ri (evi­den­te­men­te igna­ri del con­te­sto cul­tu­ra­le e scien­ti­fi­co in cui ope­ra­va HPL). Tut­ti que­sti ele­men­ti sono rile­van­ti, a nostro giu­di­zio, solo a livel­lo super­fi­cia­le o cosme­ti­co: la più radi­ca­le inno­va­zio­ne di Love­craft si tro­va nel­lo sfon­do filo­so­fi­co che sog­gia­ce al suo inte­ro uni­ver­so narrativo.
Sia nell’arte che nel­la vita pri­va­ta, l’autore pro­pu­gna­va fie­ra­men­te il suo “indif­fe­ren­ti­smo cosmi­co”, ovve­ro una sor­ta di estre­mi­smo mate­ria­li­sta, nichi­li­sta ed ateo che lo por­te­rà ad abbrac­cia­re la scien­za come uni­co faro per illu­mi­na­re “l’oscurità del mero esse­re”. A dif­fe­ren­za dei posi­ti­vi­sti, Love­craft è pes­si­mi­sta: secon­do lui, il sape­re scien­ti­fi­co può sol­tan­to delu­de­re i nostri sogni di gran­deur, rive­lan­do­ci il nostro ruo­lo insi­gni­fi­can­te nell’universo (o, per meglio dire, la man­can­za di un ruo­lo), men­tre, in paral­le­lo, obli­te­ra le nostre stam­pel­le ideo­lo­gi­che ed i nostri affet­ti cul­tu­ra­li. Nel­le sue sto­rie, que­sta dina­mi­ca fa sì che non ci sia alcu­na neces­si­tà di un con­flit­to mora­le né di una tra­di­zio­na­le minac­cia sopran­na­tu­ra­le: non c’è alcun biso­gno del Dia­vo­lo, quan­do il mero sve­la­men­to del­la real­tà dell’universo è suf­fi­cien­te a far­ci impaz­zi­re. Il nemi­co è la real­tà. L’abisso è la realtà.
La tra­sla­zio­ne di que­sta pro­spet­ti­va in ambi­to poli­ti­co, e del suo por­si al di là del bene e del male, si sostan­zia in un geli­do appog­gio ad un socia­li­smo tec­no­cra­ti­co ed auto­ri­ta­rio, il cui sco­po fina­le non è la feli­ci­tà o il benes­se­re dei sin­go­li, ma la pre­ser­va­zio­ne e lo svi­lup­po del­la civil­tà in quan­to tale.
Ulti­mo ele­men­to cru­cia­le in que­sta rapi­da pano­ra­mi­ca sul pen­sie­ro di Love­craft è il ruo­lo del sogno: come scri­ve lo stu­dio­so Erik Davis, «la visio­ne let­te­ra­ria dell’autore è anche ampli­fi­ca­ta dai sogni vivi­di, per­tur­ban­ti e det­ta­glia­ti di cui è costel­la­ta la sua vita. Sono sta­ti un’influenza cru­cia­le sul­la sua scrit­tu­ra, e pos­so­no esse­re inte­si come un sup­ple­men­to fan­ta­sma­ti­co al natu­ra­li­smo ridu­zio­ni­sta del­la sua welt­an­schauung: han­no offer­to alla sua ope­ra un biz­zar­ro dina­mi­smo che con­tri­bui­sce a spie­ga­re la sua per­du­ran­te capa­ci­tà di sti­mo­la­re il pen­sie­ro, l’immaginazione e la crea­zio­ne culturale».
I libri, i sogni e l’abisso: l’intera vita ed arte di Love­craft è con­te­nu­ta nel­le geo­me­trie che lega­no que­sti stra­ni attrattori.
28
Set
2014

Consigli per gli acquisti — The Hermit Seeks The Stillness

Il nuo­vo album di Dir­ty Knobs, feno­me­na­le tour de for­ce dark ambient lun­go 12 ore. Dispo­ni­bi­le per un'offerta libe­ra supe­rio­re ad un dol­la­ro.
Paro­le dell'autore: «The­se songs are meant to be…not back­ground music exac­tly. But some­thing to chan­ge the envi­ron­ment around the liste­ner. A sort of sideways trans­por­ta­tion to arti­fi­cial­ly slow time, just as tho­se momen­ts of still­ness are ulti­ma­te­ly arti­fi­cial. The­se songs are not meant to cap­tu­re tho­se momen­ts, but to instead pro­vi­de a spa­ce for tho­se momen­ts to be captured.»
28
Set
2014

Rassegna Stampa — Cronache Bizantine parla di "Domani"

Cro­na­che Bizan­ti­ne ha posta­to una recen­sio­ne di Doma­ni — Cro­na­ca del con­ta­gio. Ecco un assaggio:

La pro­gres­sio­ne, dal­la sco­per­ta dei pri­mi zom­bie al viru­len­to dif­fon­der­si dell'infezione segue in tal sen­so una pro­gres­sio­ne geo­me­tri­ca: sono dap­pri­ma una deci­na, poi cen­to, infi­ne miglia­ia. Rara­men­te ho incon­tra­to un roman­zo che sia pia­ni­fi­ca­to così espo­nen­zial­men­te: più si va avan­ti, più le sfi­de che incon­tra il pro­ta­go­ni­sta si ele­va­no alla secon­da, alla quar­ta, alla decima.

L'analisi com­ple­ta a que­sto link.
10
Set
2014

La questione del referendum

Un arti­co­lo di Char­les Stross
 
«La Sco­zia dovreb­be esse­re una nazio­ne indipendente?»
Ho vota­to per posta. Ho già espres­so il mio “sì”.
Il moti­vo di que­sta scel­ta, però, potreb­be risul­ta­re inu­sua­le ai più…
Lascia­mo per­de­re tut­te le argo­men­ta­zio­ni a bre­ve ter­mi­ne avan­za­te da entram­be le fazio­ni: qua­le valu­ta use­rà la Sco­zia? Qua­li saran­no i van­tag­gi e gli svan­tag­gi? Qua­le sarà la poli­ti­ca di dife­sa scoz­ze­se dopo l’indipendenza? Monar­chia o repub­bli­ca? Qua­le pas­sa­por­to use­re­mo? …e via dicen­do. Tut­to ciò si risol­ve­rà in tem­pi ridot­ti, al mas­si­mo nel giro di una generazione.
Dico sul serio: il 95% del­la discus­sio­ne poli­ti­ca sul refe­ren­dum, sia a livel­lo media­ti­co che popo­la­re, si è foca­liz­za­ta su pro­ble­mi a bre­ve ter­mi­ne, fac­cen­de risol­vi­bi­li in un modo o nell’altro nei suc­ces­si­vi gior­ni o mesi (o, tal­vol­ta, mesi o anni). Nell’aria, aleg­gia una gran­dio­sa dose di PID: Pau­ra, Incer­tez­za & Dub­bi. Mol­ti sem­bra­no con­vin­ti che, se il 18 set­tem­bre la Sco­zia sce­glies­se l’indipendenza, il 19 sarà loro strap­pa­ta la cit­ta­di­nan­za bri­tan­ni­ca, spun­te­ran­no mili­zie arma­te sul­le auto­stra­de di con­fi­ne e la Regi­na sarà rimos­sa dal tro­no a cal­ci entro la fine del mese. Inu­ti­le spe­ci­fi­ca­re che non acca­drà nul­la del genere.
Nel­la mia scel­ta per il refe­ren­dum, ho ragio­na­to soprat­tut­to a lun­go termine.
In que­sta ampia pro­spet­ti­va, pre­fe­ri­rei un’Europa — anzi, un mon­do — com­po­sto da sta­ti mol­to più pic­co­li di quel­li attua­li. Non sol­tan­to pre­fe­ri­rei un Regno Uni­to ridot­to, ma anche degli Sta­ti Uni­ti, India e Cina accor­cia­ti. Fac­cia­mo a pez­zet­ti il siste­ma west­fa­lia­no. Vivia­mo in un mon­do domi­na­to da due tipi di enti­tà col­let­ti­ve; gli sta­ti nazio­na­li (con con­fi­ni pat­tui­ti ed obbli­ghi dovu­ti ai trat­ta­ti sti­pu­la­ti dopo la guer­ra dei trent’anni) e le enti­tà cor­po­ra­ti­ve trans­na­zio­na­li (le qua­li ingras­sa­no in una cor­ni­ce di libe­ro scam­bio offer­to dai suc­ci­ta­ti trat­ta­ti, tes­su­to con­net­ti­vo degli sta­ti westfaliani).
Cre­do che lo sta­to nazio­na­le west­fa­lia­no non solo abbia dimo­stra­to la sua obso­le­scen­za: sta caden­do a pez­zi, è sull’orlo di un col­las­so cata­stro­fi­co. Il mon­do di oggi è mol­to più pic­co­lo di quel­lo del 1648; l’intero pia­ne­ta, in ter­mi­ni di viag­gio, si è ridot­to a pro­por­zio­ni ana­lo­ghe a quel­le dei pae­si del Regno Uni­to. Nel 1648, viag­gia­re dal sud del­la Sco­zia (da, per esem­pio, Ber­wick-Upon-Tweed) fino al remo­to nord-est avreb­be richie­sto, come mini­mo, un paio di set­ti­ma­ne per mare; per­cor­re­re la stes­sa distan­za per ter­ra avreb­be impli­ca­to un dif­fi­ci­le viag­gio per miglia­ia di miglia tra mon­ta­gne, palu­di e boschi, sia a pie­di che in grop­pa ad un caval­lo. Oggi, si può per­cor­re­re la stes­sa trat­ta in un paio di rumo­ro­se ore su un aereo di linea. La distan­za è implo­sa tutt’intorno a noi.
In mol­ti sen­si, la defi­ni­zio­ne di uno sta­to west­fa­lia­no (ovve­ro uno sta­to capa­ce di con­trol­la­re il ter­ri­to­rio entro i suoi con­fi­ni) era un effet­to col­la­te­ra­le del­la distan­za: un eser­ci­to stra­nie­ro non avreb­be potu­to attra­ver­sa­re i suoi ter­ri­to­ri sen­za teme­re rappresaglie.
Oggi le nostre nazio­ni non sol­tan­to han­no subi­to una stra­na implo­sio­ne geo­gra­fi­ca, a par­ti­re dal dicias­set­te­si­mo seco­lo, ma la loro popo­la­zio­ne è esplo­sa. I cit­ta­di­ni del­le colo­nie ame­ri­ca­ne nel 1790 sono sti­ma­ti in cir­ca 2,7 milio­ni; oggi gli Sta­ti Uni­ti ne con­ta­no più di 300 milio­ni. Nel 1780, l’Inghilterra ed il Gal­les ave­va­no cir­ca 7,5 milio­ni di abi­tan­ti; ora sia­mo a 57 milio­ni. Quin­di, abbia­mo del­le popo­la­zio­ni incre­men­ta­te di uno o due ordi­ni di gran­dez­za, uni­te ad un decre­men­to nei tem­pi di viag­gio di due o tre ordi­ni di gran­dez­za… e for­se un decre­men­to dai tre ai cin­que ordi­ni di gran­dez­za nel­la laten­za del­le comunicazioni.
In que­sti anni, gli effet­ti col­la­te­ra­li di que­sto pro­ble­ma sono evi­den­ti in tut­ti gli aspet­ti del­la vita socia­le. Gli sta­ti west­fa­lia­ni non rie­sco­no, in lar­ga par­te, a con­trol­la­re il pro­prio ter­ri­to­rio, ovve­ro tene­re gli stra­nie­ri (inte­si come sol­da­ti, e non sin­go­li migran­ti) fuo­ri dai pro­pri con­fi­ni; per dimo­strar­lo, è suf­fi­cien­te con­sta­ta­re l’agghiacciante situa­zio­ne dell’odierna Ucrai­na. Gli atto­ri non sta­ta­li han­no ora un ruo­lo sem­pre più pro­mi­nen­te nell’imporci le nostre con­di­zio­ni eco­no­mi­che. Inol­tre, sono con­vin­to che, oggi­gior­no, acca­da qual­co­sa di orri­bil­men­te stor­to alle demo­cra­zie rap­pre­sen­ta­ti­ve che supe­ra­no una popo­la­zio­ne di 5–15 milio­ni di cit­ta­di­ni: la respon­sa­bi­li­tà diret­ta dei poli­ti­ci sva­ni­sce e ci tro­via­mo in quel­la che ho defi­ni­to una “dit­ta­tu­ra bei­ge” (NdT un ana­lo­go ita­lia­no di que­sto con­cet­to è il pas­sag­gio Mon­ti-Let­ta-Ren­zi (oppu­re il “pilo­ta auto­ma­ti­co” di Dra­ghi), men­tre uno USA è il famo­so discor­so sull’America come un’aquila con due ali, entram­be destre). Il bei­ge non è nem­me­no il peg­gior colo­re: alcu­ni poli­ti­ci non bei­ge sono addi­rit­tu­ra più allar­man­ti, come Nigel Fara­ge o Mari­ne LePen. Tut­ta­via, il loro suc­ces­so popo­la­re è sin­to­mo di un fal­li­men­to isti­tu­zio­na­le, un defi­cit nel­la rap­pre­sen­tan­za: mol­ti elet­to­ri si sen­to­no così alie­na­ti dei gover­ni bei­ge che pre­fe­ri­sco­no vota­re per le cami­cie brune. 
La mia sen­sa­zio­ne è che degli sta­ti mol­to più pic­co­li pos­sa­no ser­vir­ci meglio, se ope­ra­no all’interno di una strut­tu­ra di trat­ta­ti oppu­re in una con­fe­de­ra­zio­ne suf­fi­cien­te­men­te lasca. Gli sta­ti così ridi­men­sio­na­ti potreb­be­ro bada­re alle pro­ble­ma­ti­che loca­li, e, nel con­tem­po, com­par­ti­men­ta­liz­za­re le moda­li­tà di fal­li­men­to: un pote­re impe­ria­le che si sbri­cio­la cau­se­rà qua­si sem­pre una cata­stro­fe mag­gio­re del­la dis­so­lu­zio­ne di uno sta­te­rel­lo (com­pa­ria­mo, ad esem­pio, la disin­te­gra­zio­ne dell’URSS con quel­la del­la Cecoslovacchia).
Piut­to­sto che enor­mi sta­ti mono­li­ti­ci, gover­na­ti da eli­te distan­ti dai loro cit­ta­di­ni, e che, quin­di, basa­no le loro diret­ti­ve poli­ti­che sui desi­de­ra­ta dei lob­bi­sti piut­to­sto che quel­li degli elet­to­ri, pre­fe­ri­rei orga­niz­za­zio­ni vin­co­la­te da trat­ta­ti, ana­lo­ghe alla UE o alla NATO, emer­se da un con­sen­so gene­ra­le pro­dot­to dal pub­bli­co dibat­ti­to di enti­tà più pic­co­le, i cui rap­pre­sen­tan­ti sono vera­men­te tenu­ti a rispon­de­re del­le loro scel­te agli elet­to­ri (chia­ma­te­mi un uto­pi­sta, se volete).
Sì, que­sto tipo di argo­men­ti sono vali­di anche per soste­ne­re la scis­sio­ne del Gal­les, dell’Inghilterra set­ten­trio­na­le e del­la stes­sa Lon­dra. L’indipendenza scoz­ze­se è sol­tan­to il pri­mo passo.
Un appun­to fina­le: che dire dell’internazionalismo di sini­stra? Dopo­tut­to, il nazio­na­li­smo non era nemi­co del­la clas­se ope­ra­ia? Ovve­ro, se par­tia­mo dal pre­sup­po­sto che chiun­que, fuo­ri dal­lo 0,1% del­la popo­la­zio­ne, è par­te del­la clas­se ope­ra­ia (nel sen­so che deve lavo­ra­re per vive­re), il nemi­co di tut­ti noi?
Ebbe­ne, sì, è pro­prio così. Eppu­re, il gene­re di nazio­na­li­smo che ha sca­te­na­to la Gran­de Guer­ra è ormai mor­to è sepol­to (ai fini di quest’analisi, con­si­de­re­re­mo la Secon­da Guer­ra Mon­dia­le come un riat­tiz­zar­si del­lo scon­tro ini­zia­to nel 1914, dopo che i com­bat­ten­ti ebbe­ro modo di pro­dur­re una nuo­va gene­ra­zio­ne di car­ne da can­no­ne). È mor­to pro­prio come lo sono gli sta­ti west­fa­lia­ni, nazio­ni in gra­do di difen­de­re la pro­pria inte­gri­tà ter­ri­to­ria­le, per­ché pas­sa­re dall’una all’altra avreb­be richie­sto gior­ni o set­ti­ma­ne in tre­no o in vapo­ret­to, ed inva­der­ne una avreb­be richie­sto gior­ni o set­ti­ma­ne di mar­cia da par­te di inte­re divi­sio­ni di fanteria.
Ormai, la clas­se ope­ra­ia non è più un’entità chia­ra­men­te deli­nea­ta, i cui com­po­nen­ti con­di­vi­do­no un for­te sen­so di soli­da­rie­tà: dov’è la soli­da­rie­tà tra un avvo­ca­to ed uno spaz­zi­no, tra un infer­mie­re ed un pro­get­ti­sta di robot? Sì, il capi­ta­li­smo e la cri­si del capi­ta­li­smo sono anco­ra tra noi, ma la per­du­ran­te ricom­pli­ca­zio­ne del mon­do ren­de i tra­di­zio­na­li movi­men­ti di mas­sa una que­stio­ne d’importanza opi­na­bi­le. Abbia­mo biso­gno di strut­tu­re miglio­ri, è vero, ma non cre­do che pos­sa­no emer­ge­re da uno sta­to mono­li­ti­co, ter­ri­to­rial­men­te ege­mo­ni­co, con­vin­to che il suo ruo­lo nel mon­do sia meglio pro­tet­to dal­la costru­zio­ne di por­tae­rei sem­pre più grosse.
La capa­ci­tà offen­si­va non accre­sce la sta­bi­li­tà ester­na, come gli ulti­mi die­ci anni in Iraq han­no dimo­stra­to sen­za ombra di dub­bio. Abbia­mo biso­gno di con­sen­so, ed abbia­mo biso­gno di una più fine gra­nu­la­ri­tà nel­la deci­sio­ne poli­ti­ca. Per otte­ne­re que­sti due risul­ta­ti, quin­di, ci ser­vo­no degli sta­ti nazio­na­li più piccoli.
 
 
Nes­su­na gra­nu­la­ri­tà per le mega­corp westfaliane
Dopo il testo ori­gi­na­le, qual­che mio appun­to all’articolo di Stross:
 
Nono­stan­te buo­na par­te dei pro­ble­mi discus­si da Stross sia­no impor­tan­ti (uno tra tut­ti, la cosid­det­ta “dit­ta­tu­ra bei­ge”), e la ricon­fi­gu­ra­zio­ne degli sta­ti non sia un tabù, cre­do che uno o due pas­sag­gi da lui mes­si a tema deb­ba­no esse­re approfonditi. 
 
1) Pri­ma di tut­to, e que­sto tema è sta­to imme­dia­ta­men­te evi­den­zia­to nel­la discus­sio­ne che è segui­ta alla pub­bli­ca­zio­ne del pez­zo, Stross pare sot­to­va­lu­ta­re il ruo­lo dei cosid­det­ti “atto­ri non sta­ta­li”. È una mera fac­cen­da di rap­por­ti di for­za: che fare quan­do la Nestlé, l’FMI o un sin­go­lo hed­ge fund sarà più ric­co e for­te di ogni sin­go­lo sta­to euro­peo (ridi­men­sio­na­to)? Chi gli impe­di­rà di com­prar­si un pro­prio eser­ci­to, ad esem­pio? Uno sce­na­rio del gene­re, tra l’altro, è il clas­si­co pano­ra­ma cyber­punk, in cui i grup­pi pri­va­ti  (le mega­corp) deten­go­no un pote­re smi­su­ra­to in con­fron­to a quel­lo degli sta­ti, il qua­le sostan­zial­men­te sva­ni­sce. Fino­ra, gli sta­ti man­ten­go­no un ruo­lo pro­mi­nen­te sui grup­pi pri­va­ti anche per­ché, men­tre i secon­di deten­go­no il pote­re del dena­ro, è pur vero che i pri­mi deten­go­no il pote­re del ti-spa­ro-una-pal­lot­to­la-in-fac­cia. E, come dico­no i sag­gi, quan­do un uomo con un por­ta­fo­glio incon­tra un uomo con un fuci­le, il pri­mo è un uomo mor­to. La que­stio­ne è, natu­ral­men­te, più com­ples­sa ed ambi­gua di come la sto espo­nen­do, ma mi pare che la sche­ma­tiz­za­zio­ne sia cal­zan­te per evi­den­zia­re gli sno­di pro­ble­ma­ti­ci del discorso.
Cre­do che, se si vuo­le limi­ta­re lo stra­po­te­re degli “spi­ri­ti ani­ma­li” del capi­ta­li­smo, gli sta­ti deb­ba­no esse­re raf­for­za­ti e non inde­bo­li­ti (ovve­ro, il tan­to vitu­pe­ra­to “pri­ma­to del­la poli­ti­ca” sull’economia). Per otte­ne­re que­sto risul­ta­to è neces­sa­rio il con­sen­so, ma è anche vero che, nel­la nostra mono­cul­tu­ra, il con­sen­so si com­pra e si ven­de, per cui gli stru­men­ti che ci ser­vo­no sono sal­da­men­te nel­le mani dei nostri avversari.
Stross pare d’accordo sul discor­so del pri­ma­to del­la poli­ti­ca, ed accen­na al pro­ble­ma posto dagli atto­ri non sta­ta­li (nell’articolo e nel­la discus­sio­ne suc­ces­si­va): la solu­zio­ne pro­po­sta è un net­work di trat­ta­ti o una “con­fe­de­ra­zio­ne lasca” che pos­sa far pesa­re le sue deci­sio­ni per il bene pub­bli­co sugli inte­res­si pri­va­ti. Pur­trop­po, orga­ni­smi del gene­re già esi­sto­no (la UE, ad esem­pio) e sono il caso più fero­ce di “dit­ta­tu­ra bei­ge” pre­sen­te sul pia­ne­ta: non han­no alcun lega­me con la pro­pria base elet­to­ra­le e nes­sun tipo di accoun­ta­bi­li­ty. Ovve­ro, spez­zet­ta­re il siste­ma di West­fa­lia per sfug­gi­re alla dit­ta­tu­ra bei­ge ci potreb­be far fini­re in una più gran­de, e più asso­lu­ta (nel sen­so di “sciol­ta da vin­co­li”), dit­ta­tu­ra bei­ge. Per­ché una linea poli­ti­ca sovra­ni­sta pos­sa dir­si sen­sa­ta, dovreb­be pri­ma di tut­to sbro­glia­re que­sta matas­sa, e far­lo in modo prag­ma­ti­co, valu­tan­do i rap­por­ti di for­za in atto. Fino­ra, chi si è occu­pa­to del­la mate­ria l’ha fat­to in sen­so pura­men­te astrat­to ed, infi­ne, vel­lei­ta­rio (ad esem­pio, l’attuale posi­zio­ne del­la sini­stra, e pare anche di Stross, riguar­do a que­sto tema è: «Bana­li­tà! È suf­fi­cien­te tra­sfor­ma­re la UE in un’entità demo­cra­ti­ca, illu­mi­na­ta e mera­vi­glio­sa, in cui tut­ti i popo­li si abbrac­ci­no in un orga­smo uni­ver­sa­le!»). Sen­za una solu­zio­ne per que­sti pro­ble­mi, il sovra­ni­smo non ha, per me, alcun inte­res­se: è un mero nazio­na­li­smo in sedi­ce­si­mo. Quin­di, rias­su­men­do: se si spez­zet­ta il siste­ma di West­fa­lia per con­sen­ti­re una mag­gio­re gra­nu­la­ri­tà poli­ti­ca SENZA imple­men­ta­re una con­fe­de­ra­zio­ne, si fini­sce nel­lo sce­na­rio cyber­punk più estre­mo. Se lo si fa CON una con­fe­de­ra­zio­ne, si aggra­va il pro­ble­ma del­la dit­ta­tu­ra bei­ge. La solu­zio­ne, come pare ovvio, sareb­be modu­la­re una con­fe­de­ra­zio­ne in modo radi­cal­men­te diver­so da quel­le del pas­sa­to e del pre­sen­te, ma per ora non c’è alcun modo rea­li­sti­co per far­lo; inol­tre, rima­ne il dub­bio che, date le attua­li con­tin­gen­ze sto­ri­che, sia impos­si­bi­le far­lo anche sol­tan­to a livel­lo teo­ri­co.
 
2) Stross dà per scon­ta­to due cose che scon­ta­te non sono affat­to: pri­ma di tut­to, che il nazio­na­li­smo old-school sia mor­to e sepol­to; in secon­do luo­go, che la clas­se ope­ra­ia sia com­po­sta da chiun­que deb­ba lavo­ra­re per vive­re (ovve­ro, esten­de que­sto con­cet­to fino a copri­re tut­ta la popo­la­zio­ne, sal­vo una man­cia­ta di ren­tier). Lascio sta­re que­sto secon­do pun­to, per­ché Stross l’ha affron­ta­to in manie­ra arti­co­la­ta in altri pez­zi e mi por­te­reb­be enor­me­men­te off topic.
Sul­la que­stio­ne del nazio­na­li­smo: la sto­ria non pro­ce­de bal­dan­zo­sa­men­te in avan­ti in un pro­gres­so dal­le magni­fi­che sor­ti e pro­gres­si­ve. Nien­te muo­re mai. Un pre­ci­so equi­li­brio alche­mi­co di fat­to­ri socia­li rac­ca­pric­cian­ti è suf­fi­cien­te a resu­sci­ta­re qual­sia­si incu­bo sto­ri­co del pas­sa­to. I par­ti­ti nazi­sti o fasci­sti che stan­no pren­den­do pie­de in que­sti anni, come Pra­vy Sek­tor in Ucrai­na o Alba Dora­ta in Gre­cia, sono esem­pi del nazio­na­li­smo old-school che Stross dà per mor­to. «Non è mor­to ciò che in eter­no può atten­de­re», dice­va un cer­to tomo nefando.

Aggior­na­men­to 23:19 — il pez­zo è sta­to ripre­so da Mega­chip.
8
Set
2014

Dal profondo

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Fre­sco di stam­pa, ecco Love­craft Zero, il volu­me da me tra­dot­to (e pub­bli­ca­to da Arka­dia) che con­tie­ne tut­ti i rac­con­ti di HPL e dei suoi segua­ci ed ispi­ra­to­ri pri­ma spar­si in una doz­zi­na di ebook. All'interno, tro­ve­re­te Dagon, Il Rito, Il Richia­mo di Cthu­lhu, Altro­ve, Il Tem­pio, Estra­neo, Nyar­la­tho­tep, Cit­tà sen­za nome, più Il Segno Gial­lo di Cham­bers (il rac­con­to alla base di True Detec­ti­ve), Dio Sen­za Vol­to di Bloch, I Segu­gi di Tin­da­los di F. B. Long, Set­te Cate­ne di Clark Ash­ton Smith ed, in più, una sfil­za di let­te­re scrit­te dal Soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce che ne rias­su­mo­no l'intera vita. Entro bre­ve, potre­mo dire con cer­tez­za come e quan­do arri­ve­rà nel­le libre­rie. Ad maio­rem Cthu­lhui gloriam.