22
Lug
2011

Made in Italy — Intervista su Lo Spazio Bianco

Quest'intervista, con­dot­ta da Ales­san­dro Cia­sca, è sta­ta pub­bli­ca­ta per la pri­ma vol­ta su Lo Spa­zio Bian­co il 21/07/2011. Per mag­gio­ri infor­ma­zio­ni su Made in Ita­ly, clic­ca qui.

Con il fumet­to “Made in Ita­ly – L’Infame” è ini­zia­ta una col­la­bo­ra­zio­ne con la MeLe­to Soft­ware, che ren­de­rà pre­sto dispo­ni­bi­li i vostri fumet­ti sull’App Sto­re per l’iPad. Da cosa nasce que­sta scel­ta e cosa pen­sa­te di que­sta nuo­va veste digi­ta­le del fumetto?
Mas­si­mo Spi­ga
: Made In Ita­ly è sem­pre sta­to un fumet­to digi­ta­le. Fin dal con­ce­pi­men­to, è rima­sto un muc­chio di elet­tro­ni impaz­zi­ti che rim­bal­za­va­no tra i cir­cui­ti di un com­pu­ter. E’ sta­to pub­bli­ca­to per la pri­ma vol­ta dal­la (pio­nie­ri­sti­ca, in mol­ti sen­si) Hybris Comics, nel 2006, in for­ma­to PDF. Ora tor­na più bel­lo, più ric­co ed è pro­po­sto per una piat­ta­for­ma che si adat­ta bene alla let­tu­ra di fumet­ti. Pen­so sia­no que­sti fat­ti ad aver spin­to la MeLe­to a con­tat­tar­ci. Il risul­ta­to mi sem­bra otti­mo: al con­tra­rio del­le pub­bli­ca­zio­ni car­ta­cee, i tablet offro­no l’opportunità di mostra­re i fumet­ti esat­ta­men­te come gli arti­sti li han­no con­ce­pi­ti. Ormai sono in pochi a lavo­ra­re con car­ta e mati­ta. Gran par­te del­la pro­du­zio­ne arti­sti­ca, in gene­ra­le, avvie­ne su uno scher­mo. Ora i let­to­ri potran­no vede­re le tavo­le nel­la loro for­ma “pura” e idea­le, sen­za la media­zio­ne di un foglio di car­ta. Pla­to­ne ne sareb­be orgoglioso.

Per­ché que­sta scel­ta anco­ra più radi­ca­le del­la ripub­bli­ca­zio­ne? E quan­to ha cam­bia­to il modo di pen­sa­re alla sto­ria e alla sceneggiatura?
MS
: Dal mio pun­to di vista, il fumet­to elet­tro­ni­co è da con­si­de­rar­si un media sepa­ra­to rispet­to a quel­lo car­ta­ceo. Col tem­po tro­ve­rà un suo spe­ci­fi­co tec­ni­co e nar­ra­ti­vo. Per ora ha tro­va­to una voce, ma non un’anima. Sono sta­ti fat­ti sol­tan­to ten­ta­ti­vi (piut­to­sto “con­ser­va­to­ri” e cau­ti) di tra­spor­re una sto­ria a fumet­ti in modo che sia frui­bi­le su uno scher­mo. In que­sto sen­so, Made in Ita­ly non è una spe­ri­men­ta­zio­ne spe­ri­co­la­ta e non sfrut­ta tut­te le poten­zia­li­tà del mez­zo. E’ un anel­lo di con­giun­zio­ne tra il vec­chio Topo­li­no ingial­li­to che hai in can­ti­na ed il Tur­bo-Fumet­to del Futu­ro, iper­ci­ne­ti­co e mul­ti­di­men­sio­na­le, che vedia­mo all’orizzonte. Per que­sto è sta­to pro­dot­to in manie­ra ana­lo­ga ai suoi fra­tel­li di car­ta, sen­za pesan­ti influen­ze dovu­te alla sua for­ma elettronica.

Ave­te già dei pri­mi riscon­tri del­la ven­di­ta digi­ta­le di Made in Ita­ly? Inol­tre, que­sto fumet­to e i pros­si­mi, saran­no in usci­ta solo per iPad o anche per altri Tablet?
MS
: Made in Ita­ly ha esor­di­to al secon­do posto nel­la clas­si­fi­ca del­le nuo­ve appli­ca­zio­ni del­la sezio­ne Libri. Poi è migra­to tra le appli­ca­zio­ni “Nuo­ve e Con­si­glia­te” dal­la Apple. Al momen­to, è set­ti­mo tra i libri più ven­du­ti nell’App Sto­re, parec­chie posi­zio­ni sopra l’unico tito­lo che rico­no­sco, cioè Dia­bo­lik. L’App Sto­re è anco­ra un mer­ca­to eli­ta­rio in Ita­lia, cer­to, ma il risul­ta­to è posi­ti­vo. Spe­ro che la MeLe­to pro­du­ca al più pre­sto un Made in Ita­ly per gli altri tablet (ed anche una per il vostro cel­lu­la­re, com­pu­ter, lava­tri­ce e fri­go­ri­fe­ro, se è per que­sto). Cre­do sia una que­stio­ne di tem­po, dovu­ta ad osta­co­li tec­ni­ci più che a una man­can­za di atten­zio­ne. Non abbia­mo alle spal­le una gros­sa orga­niz­za­zio­ne: sia­mo un muc­chio di visio­na­ri dall’aria sospet­ta che par­la in stra­ne lin­gue nel deser­to. Ci sono avvol­toi sopra le nostre teste. Ma non abbia­mo timo­re. Noi ci nutria­mo di avvoltoi.

Le gran­di case sem­bra­no anco­ra titu­ban­ti sul­la scel­ta del fumet­to digi­ta­le e mol­ti appas­sio­na­ti let­to­ri asse­ri­sco­no che la bel­lez­za del car­ta­ceo non potrà mai esse­re rim­piaz­za­ta. Pen­sa­te che il digi­ta­le pos­sa esse­re una oppor­tu­ni­tà, una sor­ta di nuo­vo cor­so per la sto­ria del­la nona arte, oppu­re cre­de­te anche voi che ci sia anco­ra biso­gno di muo­ver­si coi pie­di di piombo?!
MS
: Non sarà di cer­to un “nuo­vo cor­so”. Se il fumet­to è un albe­ro che cre­sce, quel­lo elet­tro­ni­co sarà un nuo­vo ramo che si svi­lup­pe­rà per i fat­ti suoi. E’ vero che la bel­lez­za del car­ta­ceo non può esse­re rim­piaz­za­ta, ma è assur­do pen­sa­re che il fumet­to elet­tro­ni­co voglia far­lo. L’obiettivo è aumen­ta­re e dif­fe­ren­zia­re la quo­ta glo­ba­le di bel­lez­za, non usur­pa­re il tro­no del­le pub­bli­ca­zio­ni tra­di­zio­na­li. La car­ta e gli scher­mi pos­so­no pro­ce­de­re in paral­le­lo. Le gros­se case edi­tri­ci ci arri­ve­ran­no un pas­so alla vol­ta. Sareb­be fol­le get­tar­si a peso mor­to in una for­ma di frui­zio­ne del fumet­to che non ha anco­ra una for­ma defi­ni­ta ed un pub­bli­co con­so­li­da­to. Se il mer­ca­to del fumet­to elet­tro­ni­co non pren­des­se pie­de, io e Fran­ce­sco rischie­rem­mo di aver per­so un po’ di tem­po e spre­ca­to qual­che incaz­za­tu­ra, men­tre un mam­mut come la Bonel­li rischie­reb­be di far per­de­re il posto di lavo­ro a sva­ria­te deci­ne persone.

Si fa tan­to par­la­re ulti­ma­men­te del ruo­lo dell’editore oggi, non sem­pre all’altezza dei biso­gni di auto­ri e let­to­ri: que­sta è una ter­za via rispet­to all’editoria e all’auto­pro­du­zio­ne?
MS
: Non saprei. Sep­pur eccen­tri­co rispet­to agli edi­to­ri tra­di­zio­na­li, il CEO del­la MeLe­to è pur sem­pre un edi­to­re e svol­ge tut­te le fun­zio­ni clas­si­che di que­sto ruo­lo. Se par­lia­mo spe­ci­fi­ca­men­te del fumet­to su tablet, c’è una for­te “sele­zio­ne all’ingresso”. Non tut­ti san­no pro­gram­ma­re un appli­ca­zio­ne per cel­lu­la­re. Chi non lo sa fare, deve pro­por­si ad un edi­to­re, sep­pur un edi­to­re più cyber­punk del­la nor­ma, e segui­re il soli­to iter. E’ anche vero che gli auto­ri di fumet­to ed i let­to­ri che si dedi­ca­no alle pub­bli­ca­zio­ni di que­sto tipo sono per ora pochi, quin­di la sce­na è meno affol­la­ta di quel­la car­ta­cea. Io la con­si­de­ro una fran­gia luna­ti­ca dell’editoria, più che di una for­ma nobi­li­ta­ta di autoproduzione.

Par­lan­do ora det­ta­glia­ta­men­te del vostro fumet­to, le pri­me pagi­ne sono cini­che, mol­to schiet­te e pro­se­guen­do nel­la nar­ra­zio­ne la sto­ria divie­ne sem­pre più rea­li­sti­ca e cru­da. Come suc­ce­de per “Back­sta­ge”, rac­con­ta­te una real­tà che sem­bra gri­da­re qua­si alla rivo­lu­zio­ne (all’anarchia?), allo spo­gliar­si defi­ni­ti­va­men­te di que­sto fal­so per­be­ni­smo dila­gan­te; que­sto sem­bra esse­re il vostro mar­chio di fab­bri­ca, sta­te cer­can­do di comu­ni­ca­re una rilut­tan­za ver­so que­sta real­tà e di que­sta attualità?
MS
: L’unica anar­chia che Made in Ita­ly pro­po­ne è quel­la del neo-feu­da­le­si­mo mafio­so ver­so cui l’Italia si sta diri­gen­do a gran­di fal­ca­te. Quel­la trat­ta­ta nel­la gra­phic novel è una sto­ria che, in manie­ra sti­liz­za­ta, cer­ca di foto­gra­fa­re qua­le influen­za abbia avu­to que­sta clas­se diri­gen­te sul­la visio­ne del mon­do pro­pria dei ragaz­zi cre­sciu­ti negli anni zero. Secon­do noi, è quel­la che vie­ne splen­di­da­men­te raf­fi­gu­ra­ta in Gomor­ra. Io la chia­mo Tur­bo­ca­pi­ta­li­smo Man­na­ro. Vivia­mo un una socie­tà in cui l’ingiustizia, l’ignoranza e la pover­tà si sal­da­no in un uni­co moto­re mafio­ge­no che fa a bran­del­li i lega­mi sociali.
Le vit­ti­me più col­pi­te sono i più giovani.
Si ha una visio­ne cari­ca­tu­ra­le di que­sto fenomeno.
Si pen­sa ai “bam­boc­cio­ni”.
Per ave­re una mora­li­tà ed un sen­so del­lo sta­to biso­gna poter­se­li per­met­te­re. Quan­do si esau­ri­rà l’ammortizzatore socia­le non uffi­cia­le per eccel­len­za, cioè i rispar­mi del­le fami­glie, cosa rimar­rà ai pre­ca­ri di oggi? Si lasce­ran­no mori­re di fame in sere­ni­tà oppu­re ini­zie­ran­no a can­ni­ba­liz­za­re tut­to quel­lo che li cir­con­da, con ogni mez­zo neces­sa­rio? For­se sarà una guer­ra tra pove­ri. Io auspi­co che ini­zi­no a spa­ra­re nel culo di chi li chia­ma “bam­boc­cio­ni”, tan­to per comin­cia­re. Comun­que, una gran­de fet­ta di colo­ro che sono nati dopo il 1975 non ha una cul­tu­ra adat­ta ad agi­re in modo con­cer­ta­to, demo­cra­ti­co, come for­za socia­le. Dopo­tut­to, in uno sta­to neo­li­be­ri­sta “la socie­tà non esi­ste“, no? Quel che resta è una ver­sio­ne ato­miz­za­ta del­la mafia. Made in Ita­ly si occu­pa di que­sto gene­re di pro­ble­mi. E’ cini­co, cru­do e schiet­to, per­ché, al di fuo­ri di ogni ipo­cri­sia, que­sta è la lin­gua che par­la­no sia i salot­ti bor­ghe­si che il mar­cia­pie­de. Non so se repu­tar­lo un mar­chio di fab­bri­ca, anche se è sicu­ro che io e Fran­ce­sco par­lia­mo come man­gia­mo: male e di fretta.

Tan­to che a un cer­to pun­to uno dei vostri per­so­nag­gi affer­ma: “Resta da capi­re che dif­fe­ren­za c’è tra que­sta clas­se diri­gen­te e la mafia“. Qual’è la vostra rispo­sta a que­sta domanda?
MS
: La rispo­sta bre­ve è una risa­ta tonan­te e sini­stra. Quel­la lun­ga è lega­ta alla cosid­det­ta “que­stio­ne mora­le“. Dubi­to che la clas­se diri­gen­te ita­lia­na sia più o meno “mal­va­gia” di quel­la fran­ce­se o sve­de­se. Quan­do Ber­lin­guer rila­sciò la famo­sa inter­vi­sta in cui coniò il ter­mi­ne, spe­ci­fi­cò che la que­stio­ne mora­le ave­va ben poco di mora­le in sen­so stret­to e mol­to di siste­mi­co. Par­lò di come i par­ti­ti si era­no man­gia­ti la socie­tà. Que­sto fa par­te di un pro­ble­ma strut­tu­ra­le dei nostri par­ti­ti e, più in gene­ra­le, del­la nostra ammi­ni­stra­zio­ne del pote­re. E’ irri­le­van­te che il sena­to­re X rubi a man­bas­sa oppu­re il depu­ta­to Y sco­ten­ni le vec­chiet­te per intrat­te­ner­si. Del­la mora­li­tà pos­so­no par­la­re i pre­ti. A noi inte­res­sa­no gli equi­li­bri ed i mec­ca­ni­smi socia­li che han­no pro­dot­to il mon­do che ci cir­con­da. In Made in Ita­ly, in un mon­do in cui il pote­re e la vio­len­za sono la stes­sa cosa, ogni dif­fe­ren­za sostan­zia­le tra cri­mi­na­li­tà orga­niz­za­ta e clas­se diri­gen­te è incon­ce­pi­bi­le. I let­to­ri potran­no usa­re la loro testa per sta­bi­li­re se vivia­mo o no in quel mondo.

Nel fumet­to c’è un per­so­nag­gio chia­ma­to “il comu­ni­sta” e ci sono vari rife­ri­men­ti al Chè e alla Ban­da del­la Maglia­na. C’è indi­scu­ti­bil­men­te un mes­sag­gio “gio­va­ni­le” diret­to alla poli­ti­ca; sie­te con­vin­ti che essa di que­sti di tem­pi stia raschian­do un po’ il fon­do, come se fos­se e fos­si­mo ormai ai fer­ri corti?
MS
: Il fumet­to è con­di­to soprat­tut­to da rife­ri­men­ti alla sto­ria d’Italia, soprat­tut­to quel­la delin­quen­zia­le. E’ impos­si­bi­le capi­re gli even­ti occor­si nel nostro pae­se dal 1860 in poi se non se ne con­si­de­ra il lato cri­mi­na­le. All’interno di Made in Ita­ly i richia­mi agli even­ti del pas­sa­to ser­vo­no a pla­sma­re lo svi­lup­po dei per­so­nag­gi e a for­ni­re un lega­me di cau­sa-effet­to tra l’ambientazione e le deci­sio­ni dei pro­ta­go­ni­sti. Da que­sto pun­to di vista, quel­li di que­sto fumet­to sono per­so­nag­gi sen­za psi­co­lo­gia. Tut­te le loro scel­te sono frut­to del con­te­sto allar­ga­to in cui vivo­no: le dina­mi­che inte­rio­ri non han­no alcu­na impor­tan­za. I quat­tro pro­ta­go­ni­sti non arri­va­no a sta­bi­li­re che “il futu­ro è cosa nostra” per via del­la loro sto­ria per­so­na­le, ma per via del­la nostra sto­ria collettiva.
Un esem­pio di que­sto è appun­to il sopran­no­me del “Comu­ni­sta”. In Made in Ita­ly que­sta paro­la non ha alcun lega­me con la tra­di­zio­ne di sini­stra, Marx, Ber­lin­guer o i soviet. Oggi, la paro­la “Comu­ni­sta” è sta­ta ri-seman­tiz­za­ta dal­la pro­pa­gan­da. Per la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­la popo­la­zio­ne è poco più che un insul­to gene­ri­co. Il per­so­nag­gio con quel nome si com­por­ta in ade­ren­za al nuo­vo signi­fi­ca­to del­la paro­la, ed infat­ti fareb­be orro­re a chiun­que sia comu­ni­sta per dav­ve­ro. Comun­que, come dice­vo sopra, Made in Ita­ly è un fumet­to che par­la di gio­va­ni, ma non neces­sa­ria­men­te par­la ai gio­va­ni. Non c’è nes­sun aspet­to mora­li­sti­co e nes­sun mes­sag­gio. Vor­reb­be esse­re uno spec­chio in cui riflet­ter­si o, all’occorrenza, su cui svol­ge­re riti per divi­na­re il futuro.

Il dise­gno, la scel­ta del con­tra­sto tra colo­ri for­ti nel­le vignet­te in bian­co e nero, sem­bra­no ricer­ca­re uno sti­le “a la Sin City”… visto anche il richia­mo fat­to alla cit­tà del pec­ca­to di Frank Mil­ler in una vignet­ta, è una scel­ta volu­ta o una sem­pli­ce casua­li­tà?!Fran­ce­sco Acqua­vi­va: No, non è per nien­te una casua­li­tà! Frank Mil­ler è uno degli auto­ri che mag­gior­men­te mi ha influen­za­to da ragaz­zi­no, sia in veste di scrit­to­re che di dise­gna­to­re. Volu­mi come Dare­de­vil: Born Again, Sin City, 300 e The Man Without Fear sono dei capo­la­vo­ri asso­lu­ti, che mostra­no una ricer­ca con­ti­nua di sin­te­si e spe­ri­men­ta­zio­ne gra­fi­ca e nar­ra­ti­va. Ma come nel­le sue ope­re è evi­den­te l’influsso degli arti­sti che l’hanno influen­za­to, così mi sono sen­ti­to libe­ro di dare sfo­go alla mia vena crea­ti­va, cer­can­do di non pen­sa­re ai limi­ti che gene­ral­men­te il fumet­to impo­ne (vignette,colorazione etc.) ma di anda­re a ruo­ta libe­ra, sen­za pau­ra di spe­ri­men­ta­re. In fon­do cre­do sia que­sto l’insegnamento più gran­de che arti­sti come Mil­ler ci abbia­no lasciato.

Inse­ri­re nell’impaginazione in secon­do pia­no, qua­si come sfon­do di alcu­ne tavo­le, le ban­co­no­te e la pisto­la, ha un signi­fi­ca­to par­ti­co­la­re? E la scel­ta di ripar­ti­re alcu­ne vignet­te in modo mol­to par­ti­co­la­re che rit­mi­ca dà alla gra­phic novel?
FA
: Ho sem­pre ado­ra­to auto­ri del cali­bro di Bill Sien­kiewicz, Dave McKean, David Mack, auto­ri che han­no un pre­gio, san­no stu­pi­re. Ogni vol­ta che acqui­sta­vo un loro albo pas­sa­vo mesi a gustar­me­lo, per assa­po­ra­re ogni mini­mo par­ti­co­la­re, ogni scel­ta sti­li­sti­ca… era impos­si­bi­le sape­re qua­le sti­le Sien­kiewicz avreb­be adot­ta­to per la pagi­na suc­ces­si­va, come avreb­be svi­lup­pa­to la sce­na. Capo­la­vo­ri come Stray Toa­sters, Elektra:Assassin, Voo­doo Child, Arkham Asy­lum e Kabu­ki sono dei pac­chi sor­pre­sa, dei rega­li per la nostra sfe­ra emo­ti­va, che vie­ne sol­laz­za­ta ad ogni svol­ta di pagi­na. Non dico che que­sto SIA il fumet­to, dico che ANCHE que­sto lo è. Pro­vo gran­dis­si­ma ammi­ra­zio­ne per lo sti­le Bonel­li, ma più lavo­ra­vo a Made in Ita­ly e più mi accor­ge­vo che quel­lo che vole­vo dav­ve­ro rac­con­ta­re non era la sto­ria in sé, ma le emo­zio­ni che que­sta mi susci­ta­va. E allo­ra non ave­va più sen­so dover per for­za atte­ner­si a del­le rego­le pre­sta­bi­li­te. Esca­mo­ta­ge come le ban­co­no­te, la pisto­la o le vignet­te arti­co­la­te mi ser­vo­no pro­prio per que­sto, per cer­ca­re di arric­chi­re il cari­co sen­so­ria­le del let­to­re, usan­do­li un po’ come la musi­ca nel cinema.

La sto­ria nel­la fase clou sem­bra pren­de­re una velo­ci­tà improv­vi­sa, qua­si come se non ci fos­se tem­po di pas­sa­re dal­le paro­le ai fat­ti, come se i pro­ta­go­ni­sti del­la sto­ria voles­se­ro chiu­de­re velo­ce­men­te il “pia­no”. Per­ché que­sta scelta?!
MS
: Made in Ita­ly è la sto­ria del seque­stro di un per­so­nag­gio defi­ni­to “infa­me”. Per enfa­tiz­za­re l’aspetto socia­le del­la sto­ria, abbia­mo deci­so di rove­scia­re la pro­spet­ti­va nar­ra­ti­va più scon­ta­ta e rac­con­ta­re ampia­men­te del ter­re­no di col­tu­ra di quel seque­stro, risol­ven­do l’evento vero e pro­prio nel minor tem­po pos­si­bi­le. Come se fos­se una con­se­guen­za natu­ra­le, sen­za alcun valo­re dram­ma­ti­co. Inol­tre, abbia­mo pre­fe­ri­to evi­ta­re che la vit­ti­ma acqui­sis­se uno spes­so­re uma­no. Qua­si non ha bat­tu­te ed il suo vol­to si vede di sfug­gi­ta solo una vol­ta. Non sap­pia­mo nul­la di lui, se non quel­lo che ci dice uno dei pro­ta­go­ni­sti (che noi sap­pia­mo esse­re ben poco affi­da­bi­le). Alla fine del fumet­to, è il let­to­re a dover cari­ca­re di signi­fi­ca­to la vit­ti­ma e sta­bi­li­re chi è, per­ché è sta­to seque­stra­to, se lo meri­ta­va o no. Noi abbia­mo deci­so di sospen­de­re il giudizio.


Que­sta gra­phic novel mostra un futu­ro alquan­to pie­no di incer­tez­ze per i gio­va­ni, cre­de­te che il fumet­to come mez­zo di infor­ma­zio­ne pos­sa dare un con­tri­bu­to, una scos­sa alle nuo­ve gene­ra­zio­ni per non accet­ta­re pas­si­va­men­te que­sta realtà?
MS: Noi non scuo­tia­mo le nuo­ve o le vec­chie generazioni.
Sono loro a scuo­te­re noi.
Fumet­ti come Made in Ita­ly sono il pro­dot­to, e non la cau­sa, di que­sti bri­vi­di e smot­ta­men­ti tet­to­ni­ci, sia­no essi di ori­gi­ne socia­le o psi­co­lo­gi­ca. Non dob­bia­mo mai scor­da­re che il mez­zo d’informazione prin­ci­pa­le non sono i gior­na­li, i sag­gi o i fumet­ti. Sia­mo noi stes­si. Fac­cio un esem­pio: un paio di set­ti­ma­ne fa, ero alla sta­zio­ne in atte­sa di un tre­no. Mi si avvi­ci­nò un nero, evi­den­te­men­te stra­fa­tat­to, e mi chie­se se pote­va usa­re il mio cel­lu­la­re per una chia­ma­ta. Gli dis­si che non ave­vo cre­di­to. Era una men­zo­gna, ma tut­ti i cir­cui­ti di raz­zi­smo e pau­ra nel­la mia men­te si era­no atti­va­ti. Il nero si allon­ta­nò da me ed ini­ziò ad impor­tu­na­re per­so­ne a caso. Bar­col­la­va, era ubria­co. Una cica­tri­ce gli taglia­va in due il vol­to. Attor­no a lui si creò il vuo­to. Alcu­ne signo­re ben vesti­te sibi­la­ro­no dei com­men­ti taglien­ti e se la svi­gna­ro­no, schi­fa­te. Dopo aver assi­sti­to alla sce­na per qual­che minu­to, e anche per­ché sono un dan­na­to fes­so, mi avvi­ci­nai al nero ed ini­ziai a chiac­chie­ra­re del più e del meno con lui, visto che nes­sun altro era inten­zio­na­to a far­lo. Ave­va un nome impro­nun­cia­bi­le, pro­ve­ni­va dal­la Soma­lia. Mi dis­se che la cica­tri­ce risa­li­va a quan­do era un ragaz­zi­no: un sol­da­to gli spa­rò in fac­cia ed in pan­cia. Accad­de duran­te la guer­ra civi­le, in cui l’ONU infi­lò una zam­pa per but­ta­re giù il gover­no isla­mi­co. L’ONU sia­mo noi, per inci­so. Il soma­lo era rima­sto visi­bil­men­te trau­ma­tiz­za­to dall’esperienza. Lavo­ra­va da un anno in una pic­co­la fab­bri­ca in Inghil­ter­ra, per pochi sol­di, con un muc­chio di ore di lavo­ro e ben poche sod­di­sfa­zio­ni. Dice­va di esse­re stu­fo di fare l’immigrato. Il gior­no suc­ces­si­vo sareb­be tor­na­to in patria, dai suoi ami­ci e la sua fami­glia. Anche io sono un immi­gra­to, pro­prio da un anno. Anche io sono stan­co di quel­la vita. Ed anche io sto tor­nan­do in patria. Scam­bian­do sto­rie con il soma­lo, mi sono reso con­to di quan­ti pen­sie­ri e sen­sa­zio­ni pro­fon­de aves­si­mo in comu­ne. Per­ché que­sto è quel che fan­no gli esse­ri uma­ni. Ed è quel­lo che io e Fran­ce­sco fac­cia­mo con i lettori.

21
Lug
2011

Nyx — Reading al Caffé Savoia (19/07/11)


Ecco l'audio del mio rea­ding al Caf­fé Savo­ia del 19/07/11. Cla­ra Mur­tas ha let­to bra­ni dal rac­con­to Not­te dell'Avvenire, pub­bli­ca­to nell'antologia NYX (Arka­dia Edi­to­re), men­tre io ho offer­to una pano­ra­mi­ca sul­la sto­ria dell'astronautica e del­le sue pere­gri­na­zio­ni tra pra­ti­ca ed immaginario.

La regi­stra­zio­ne è sta­ta com­piu­ta con mez­zi di for­tu­na in mez­zo ad un pan­de­mo­nio. Ho fat­to il pos­si­bi­le per miglio­ra­re la qua­li­tà dell'audio con fil­tri e maneg­gi vari. Pur­trop­po ho dovu­to sega­re le let­tu­re di Cla­ra (che inter­mez­za­va­no i miei inter­ven­ti, o vice­ver­sa) e l'introduzione di uno degli orga­niz­za­to­ri del­la sera­ta, Simo­ne Olla del grup­po Opi­fì­ce, per­ché la lon­ta­nan­za dal micro­fo­no pre­giu­di­ca­va la com­pren­sio­ne dei loro interventi.

Que­sto è l'indice:

0:00 — Intro­du­zio­ne a NYX / infor­ma­zio­ni gene­ra­li sull'antologia / gene­si di Not­te dell'Avvenire
3:56 — Pri­mo cosmo­nau­ta dell'occidente: CAINO / 1500: Odis­sea cine­se nel­lo spa­zio / Cyra­no de Ber­ge­rac (qua­si) con­qui­sta la Luna / Niko­lai Kibal­chich: pro­get­ti­sta e bom­ba­ro­lo / Robert God­dard: da super­star dei raz­zi ad esu­le a Roswell
13:40 — Scon­for­tan­te pano­ra­ma dell'inizio del XX seco­lo / I club del volo inter­stel­la­re / I raz­zi entra­no nel­la sce­na del­la Scien­za Dura
17:41 — Ama­zing Sto­ries por­ta l'uomo sul­la Luna / Jack Par­sons, scien­zia­to e stre­go­ne / La para­bo­la di Wer­n­her Von Braun: da nerd appas­sio­na­to di fan­ta­scien­za a cri­mi­na­le di guer­ra nazi­sta a diret­to­re del pro­gram­ma spa­zia­le USA / 12 apri­le 1961, sul­la Pra­v­da: IL MONDO INTERO APPLAUDE IL COMPAGNO YURI GAGARIN.
18
Lug
2011

Non il solito Hip Hop

 (Un imma­gi­ne dal video­clip Alba Tra­gi­ca degli Anni di Fan­go, crea­to da Shi­buya)

 Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to il 15/07/11 su Sar­de­gna 24


Rispet­to ai suoi pri­mi foco­lai, esplo­si tra gli anni ’80 e ’90, l’Hip Hop in Sar­de­gna ha per­cor­so un lun­go cam­mi­no che ne ha stra­vol­to la fisio­no­mia. Il decen­nio appe­na tra­scor­so ha visto fra­na­re le pare­ti che sepa­ra­va­no l’Hip Hop ita­lia­no e sar­do dal resto del mer­ca­to musi­ca­le. Per­se le sue con­no­ta­zio­ni di sot­to­cul­tu­ra (e, con essa, una cer­ta xeno­fo­bia rispet­to agli “altri gene­ri” ), si è rare­fat­to ed espan­so fino a diven­ta­re un lin­guag­gio il cui impat­to ha segna­to ogni tipo­lo­gia musi­ca­le. Un esem­pio chia­ro di ciò è la “rap­pa­ta” che ha fat­to vin­ce­re il festi­val di San Remo a Simo­ne Cri­stic­chi nel 2007. L’Hip Hop è, ormai, let­te­ral­men­te e meta­fo­ri­ca­men­te, usci­to dal “ghet­to”, anche se il pro­ces­so che l’ha por­ta­to a que­sto risul­ta­to è den­so di luci ed ombre. Ales­sio Lil­liu, orga­niz­za­to­re di con­cer­ti e tra i mas­si­mi esper­ti dell’Hip Hop in Sar­de­gna, foto­gra­fa così la sce­na attua­le: “Ormai non esi­ste più una dif­fe­ren­zia­zio­ne ter­ri­to­ria­le nell’Hip Hop. Negli anni ’90, ogni regio­ne ave­va un suo suo­no e una sua ‘ani­ma’ musi­ca­le ben defi­ni­ta. Si pen­si all’influenza reg­gae e soul del­la Puglia o al bril­lan­te Hip Hop in sar­do del­la nostra iso­la. Così, sia sti­le che con­te­nu­ti del­la mag­gior par­te degli arti­sti emer­gen­ti si sono appiat­ti­ti sul model­lo ‘mila­ne­se’ dei Club Dogo.”
“Que­sto sti­le, per come vie­ne inter­pre­ta­to dal­la gran par­te degli arti­sti emer­gen­ti, è stuc­che­vo­le.” com­men­ta Miche­le De Mur­tas, in arte Morìs, del duo Anni di Fan­go “Si ten­de ad elo­gia­re le vir­tù del ‘gang­sta’, svuo­tan­do­le dei suoi con­te­nu­ti socia­li. Que­sto approc­cio, nato per denun­cia­re il raz­zi­smo e le con­di­zio­ni degra­da­te del­le metro­po­li sta­tu­ni­ten­si, ormai pro­po­ne sol­tan­to una filo­so­fia di vita vici­na agli ste­reo­ti­pi ber­lu­sco­nia­ni: don­ne ogget­to, osses­sio­ne del lucro e del pote­re sen­za freni.”
Seb­be­ne abbia con­tri­bui­to a con­qui­sta­re nuo­ve fet­te di pub­bli­co, que­sto nuo­vo cor­so ha anche reci­so il lega­me diret­to tra il pub­bli­co e gli arti­sti, inter­po­nen­do l’ingombrante pre­sen­za del­le gran­di case disco­gra­fi­che. L’Hip Hop è più “popo­la­re” di pri­ma, ma, in real­tà, “popo­la­re” è l’artista sup­por­ta­to da una major. “E’ para­dos­sa­le” spie­ga Lil­liu “Rap­per come i Men­hir, atti­vi dal 2000, non ven­do­no più i loro dischi ai ragaz­zi­ni che ascol­ta­no Hip Hop, ma han­no un pub­bli­co com­ple­ta­men­te diver­so. Seb­be­ne sia un feno­me­no cicli­co nell’Hip Hop sar­do, stia­mo viven­do una sor­ta di ‘care­stia’ arti­sti­ca, in cui sia la doman­da che l’offerta di pro­dot­ti ori­gi­na­li sono in costan­te diminuzione”.
E’, comun­que, da tene­re in con­si­de­ra­zio­ne che, come il Punk, l’Hip Hop sia un gene­re “demo­cra­ti­co”, aper­to a chiun­que. “E’ suf­fi­cien­te ave­re un com­pu­ter, un pro­gram­ma adat­to ed una sche­da audio da 300 euro” dice Lil­liu “ per poter pro­dur­re musi­ca a livel­li pro­fes­sio­na­li, con una qua­li­tà supe­rio­re a quel­la che nel ’95 ti pote­va for­ni­re uno stu­dio”. Aggiun­ge Morìs: “Una vol­ta, Truf­faut dis­se che la gene­ra­zio­ne del­la nou­vel­le vague ave­va deci­so di fare cine­ma dopo aver visto Quar­to Pote­re. La nostra ha deci­so di fare rap dopo aver sen­ti­to SxM dei San­gue Misto. Que­sto è un pun­to di vista imprescindibile.”
Quin­di, anche in Sar­de­gna, è in atto una muta­zio­ne ambi­gua e dif­fi­cil­men­te cate­go­riz­za­bi­le in manie­ra chia­ra. I muri che deli­mi­ta­va­no (ed iso­la­va­no) una comu­ni­tà (o una set­ta), sono crol­la­ti ed ora que­sta navi­ga nel più ampio mare del mer­ca­to musi­ca­le e del­le sue dina­mi­che. “Pro­prio per que­sto nuo­vo con­for­mi­smo, il nostro grup­po ” dice Nic­co­lò Fal­chi, in arte Neke, degli Anni di Fan­go “si sen­te più pros­si­mo alla sce­na Rock che non a quel­la Hip Hop, sia a un livel­lo sti­li­sti­co quan­to uma­no. Abbia­mo un approc­cio più curio­so nei con­fron­ti di tema­ti­che e di sono­ri­tà alter­na­ti­ve. Mol­ti altri arti­sti, come Sal­mo e Assal­ti Fron­ta­li, per fare un esem­pio regio­na­le ed uno nazio­na­le, pro­ce­do­no nel­la nostra dire­zio­ne. Fre­quen­tia­mo qua­si un gene­re distin­to rispet­to all’Hip Hop”. Com­men­ta Morìs: “Sia­mo con­vin­ti che l’Hip Hop sia, a livel­lo for­ma­le, il gene­re mag­gior­men­te adat­to a com­men­ta­re l’Italia dei nostri gior­ni, pro­prio per la tra­sver­sa­li­tà del pub­bli­co. Inol­tre, la sua strut­tu­ra per­met­te di descri­ve­re e com­men­ta­re la socie­tà in manie­ra più pre­ci­sa ed arti­co­la­ta di altre tipo­lo­gie musicali.”
Auto­ri di testi sfer­zan­ti nei con­fron­ti del­la cor­ru­zio­ne dif­fu­sa e del­la cri­mi­na­li­tà del­le clas­si diri­gen­ti, gli Anni di Fan­go sono con­vin­ti che il groo­ve, fon­da­men­to musi­ca­le mutua­to, da par­te dell’Hip Hop, dal Funk, sia meglio espres­so dal­la musi­ca elet­tro­ni­ca oggi­gior­no. Infat­ti, la sua capa­ci­tà di coin­vol­ge­re le emo­zio­ni, di sti­mo­la­re i sen­si e di por­ta­re al bal­lo deve esse­re usa­ta per scuo­te­re la socie­tà, oltre che il cor­po. Per cui, nono­stan­te i som­mo­vi­men­ti dell’Hip Hip iso­la­no, è sem­pre pia­ce­vo­le sape­re che c’è chi con­ti­nue­rà a pro­ce­de­re in dire­zio­ne osti­na­ta e contraria.
18
Lug
2011

Divini Disegni

 (Un illu­stra­zio­ne di Ange­lo Mon­ne, dal suo sito)

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 il 13/07/11, con il tito­lo "Divi­ni Disegni"


Dopo cir­ca 700 anni dal­la sua com­po­si­zio­ne, la Divi­na Com­me­dia con­ti­nua a muta­re ed evol­ver­si nel­le for­me più dispa­ra­te, seguen­do il rit­mo fre­ne­ti­co del­lo svi­lup­po cul­tu­ra­le ita­lia­no come una com­pa­gna di viag­gio (o, a vol­te, una lun­ga ombra). Negli ulti­mi anni l’abbiamo vista sgor­ga­re dal­le lab­bra di comi­ci come Beni­gni, da quel­le di let­to­ri eru­di­ti come Ser­mon­ti, oppu­re immor­ta­la­ta in sva­ria­te tra­spo­si­zio­ni a fumet­ti (spes­so irri­ve­ren­ti, com’è giu­sto che sia). E’ un testo che non ha mai ces­sa­to di dia­lo­ga­re con la nostra cul­tu­ra e con­ti­nua a resi­ste­re, al con­tra­rio di mol­ti altri clas­si­ci del­la let­te­ra­tu­ra ita­lia­na, al defi­ni­ti­vo accan­to­na­men­to nel nostro atti­co cul­tu­ra­le col­let­ti­vo, in cui può gia­ce­re per sem­pre, col­ma di ono­ri e di pol­ve­re. Al con­tra­rio, la Com­me­dia è tra noi. Uno degli ulti­mi arti­sti ad esser­si misu­ra­to con essa è Ange­lo Mon­ne, un illu­stra­to­re e gra­fi­co di Dor­ga­li che, con la sua arte, ha dimo­stra­to di esse­re una del­le pun­te di dia­man­te dell’illustrazione iso­la­na. Nono­stan­te il suo pur pre­ge­vo­le cur­ri­cu­lum, tra cui una plu­rien­na­le col­la­bo­ra­zio­ne con la rivi­sta Inter­na­zio­na­le, affron­ta­re i ver­si di Dan­te è un’impresa da peso mas­si­mo per qua­lun­que arti­sta. Con­tat­ta­to dal­la casa edi­tri­ce Zani­chel­li per par­te­ci­pa­re alla rea­liz­za­zio­ne di una Divi­na Com­me­dia mul­ti­me­dia­le, ha con­tri­bui­to al pro­get­to con l’impressionante cifra di 320 illu­stra­zio­ni, che com­men­ta­no le 988 pagi­ne del volu­me. Que­sta nuo­va ver­sio­ne dell’opera dan­te­sca, desti­na­ta ai licei, è accom­pa­gna­ta da un audio­li­bro reci­ta­to dall’attore Iva­no Mare­scot­ti e da un ric­chis­si­mo DVD in cui le paro­le del poe­ta pos­so­no amal­ga­mar­si ed esse­re ampli­fi­ca­te da stru­men­ti didat­ti­ci all’avanguardia. Il volu­me è sta­to pre­sen­ta­to in ante­pri­ma nel Salo­ne dei Cin­que­cen­to di Palaz­zo Vec­chio a Firen­ze, a mar­zo, in una per­for­man­ce pub­bli­ca in cui i cura­to­ri, Ric­car­do Bru­sca­gli e Glo­ria Giu­di­zi, han­no potu­to illu­strar­ne le carat­te­ri­sti­che insie­me agli arti­sti che han­no col­la­bo­ra­to alla sua rea­liz­za­zio­ne. Sia in que­sta che in suc­ces­si­ve pre­sen­ta­zio­ni dell’opera, Ange­lo Mon­ne ha avu­to la curio­sa oppor­tu­ni­tà di poter dise­gna­re “dal vivo” i ver­si di Dan­te reci­ta­ti da Mare­scot­ti, for­nen­do uno spet­ta­co­lo audio­vi­si­vo inu­sua­le per un rea­ding del Som­mo Poe­ta. Pro­prio per que­sto approc­cio inno­va­ti­vo alla mate­ria, la nuo­va Com­me­dia ha riscos­so un note­vo­le suc­ces­so nel­le scuo­le e ver­rà ripro­po­sta alla fine del 2011 in un cofa­net­to, distri­bui­to nel­le libre­rie per il gran­de pubblico.
Per illu­stra­re un volu­me così den­so e com­ples­so, Ange­lo Mon­ne ha lavo­ra­to per un anno e tre mesi, ponen­do­si gli stes­si inter­ro­ga­ti­vi che han­no afflit­to legio­ni di arti­sti pri­ma di lui, tra i qua­li gli inar­ri­va­bi­li Doré e Dalì. Ed è sicu­ro che una così pesan­te ere­di­tà ha com­pli­ca­to non poco il suo lavo­ro. “Per cer­ti ver­si è sta­ta un osta­co­lo. Ho com­piu­to este­se ricer­che sul­la sto­ria del­la rap­pre­sen­ta­zio­ne del­la Com­me­dia” con­fer­ma l’artista “ma ho pre­sto capi­to che avrei dovu­to fare tabu­la rasa di que­sto baga­glio. Il volu­me è desti­na­to ad un pub­bli­co di ragaz­zi, per cui ho dovu­to rein­ven­tar­mi da zero uno sti­le appro­pria­to. Ho deci­so di sta­re addos­so al testo il più pos­si­bi­le: in un cer­to sen­so, ho cer­ca­to di ‘fumet­ta­re’ la sto­ria”. Que­sto approc­cio ha incon­tra­to il favo­re dei cura­to­ri del volu­me i qua­li, man mano che la serie di tavo­le pren­de­va for­ma, han­no avu­to un ruo­lo più atti­vo nell’ideazione del­le stes­se, dibat­ten­do con l’artista del­le pos­si­bi­li­tà e del­le for­me nar­ra­ti­ve più adatte.
“Que­sto con­tat­to con­ti­nuo mi ha dato mol­ta sod­di­sfa­zio­ne, per­ché mi ha per­mes­so in alcu­ni casi di aggiu­sta­re il tiro riguar­do a cer­ti nodi com­ples­si del­la sto­ria.” dice Mon­ne “In par­ti­co­la­re, ho un debi­to di rico­no­scen­za nei con­fron­ti di Simo­na Ber­to­li, la gra­fi­ca che ha impa­gi­na­to il libro. Mi ha aiu­ta­to a gesti­re al meglio l’economia del­la pagi­na con i suoi pre­zio­si sug­ge­ri­men­ti. Spes­so il let­to­re non con­si­de­ra il lato pura­men­te edi­to­ria­le e ‘arti­gia­na­le’ di un ope­ra­zio­ne di que­sto tipo. Le tavo­le sono tut­te rea­liz­za­te con i pen­nel­li e gli inchio­stri del­la tra­di­zio­ne cal­li­gra­fi­ca cine­se, una mia anti­ca passione”.
Dise­gna­te con uno sti­le raf­fi­na­to, essen­zia­le, che allu­de nel con­tem­po all’antica scrit­tu­ra orien­ta­le e a solu­zio­ni gra­fi­che dell'era digi­ta­le, le illu­stra­zio­ni del­la nuo­va Divi­na Com­me­dia edi­ta da Zani­chel­li, ci ricor­da­no che l’arte può esse­re eter­na, o può dar­ne l’illusione. Ed è per que­sto che si coniu­ga alla per­fe­zio­ne con i ver­si di Dan­te. Per­ché, come scri­ve­va un altro gran­de, Sha­ke­spea­re: “fin­ché gli uomi­ni avran­no un respi­ro o occhi per vede­re, que­sti ver­si vivran­no e ti daran­no vita”.
22
Mag
2011

Made in Italy — L'Infame su iPad

(Made in Ita­ly — L'Infame per iPad, edi­to da MeLe­to Soft­ware)
Dopo aver debut­ta­to nel­la sua pri­ma edi­zio­ne per la Hybris Comics, Made In Ita­ly — L'Infame è sta­to aggior­na­to, luci­da­to, ri-let­te­ra­to e dota­to di una nuo­va veste digi­ta­le. Gra­zie alla MeLe­to Soft­ware, è dive­nu­to una gra­phic novel per iPad, dispo­ni­bi­le sul­la sezio­ne Libri dell'App Sto­re. Que­sto è solo il pri­mo pas­so di un per­cor­so che gli auto­ri han­no deci­so di com­pie­re insie­me alla MeLe­to: entro la fine dell'anno, tut­te le loro gra­phic novel (Back­sta­ge, Freak III e l'imminente Bub­ble Shock) saran­no dispo­ni­bi­li per l'iPad.
Que­sta gra­phic novel ha per pro­ta­go­ni­sti quat­tro ragaz­zi di bor­ga­ta. Sem­pli­ce fec­cia, che per caso o per desti­no vie­ne in pos­ses­so di una pisto­la e subi­to matu­ra una man­cia­ta di idee su come uti­liz­zar­la. I loro san­ti sono mafio­si, cor­rot­ti, cri­mi­na­li, pap­po­ni. Il loro obiet­ti­vo è scri­ve­re la sto­ria, spe­cie la pro­pria. Riu­ni­ti per deci­de­re del futu­ro, i quat­tro ragaz­zi scel­go­no di usci­re da una socie­tà che per loro non ha alcun signi­fi­ca­to e di entra­re in un nuo­vo mon­do, al di là dei con­fi­ni del­la leg­ge. La loro nuo­va ini­zia­zio­ne è un vec­chio gio­co. Tre paro­le: seque­stro di persona.
Scrit­to da Mas­si­mo Spi­ga e dise­gna­to da Fran­ce­sco Acqua­vi­va, Made In Ita­ly: L’Infame è vol­ga­re, cini­co, intol­le­ran­te: un rac­con­to spor­co, ambien­ta­to in un mon­do in cui nes­su­no è inno­cen­te e la civil­tà è uno scher­zo sar­ca­sti­co. Se vole­te immer­ger­vi anche voi nel loro mon­do, la gra­phic novel è in offer­ta a 0,79€ su App Store. 
Clic­ca sull'immagine che segue per visua­liz­za­re la pagi­na di iTu­nes di Made In Italy.
Guar­da il Booktrailer
Made in Ita­ly — L'Infame
Scrit­to da Mas­si­mo Spiga
Dise­gna­to da Fran­ce­sco Acquaviva
Edi­to­re MeLe­to Software
50 pagi­ne a colori
0,79€

Ecco l'anteprima:

23
Feb
2011

Backstage — Intervista per Lo Spazio Bianco

Quest'intervista, con­dot­ta da Ales­san­dro Cia­sca, è sta­ta pub­bli­ca­ta per la pri­ma vol­ta su Lo Spa­zio Bian­co il 22/02/2011.

Non c’è pre­sen­ta­zio­ne miglio­re che quel­la fat­ta da se stes­si: Mas­si­mo Spi­ga e Fran­ce­sco Acqua­vi­va, chi sie­te e quan­do è nata la vostra pas­sio­ne per i fumetti?
Mas­si­mo Spi­ga
: In real­tà, è piut­to­sto recen­te. Come mol­ti, ho ini­zia­to a leg­ge­re fumet­ti nell’infanzia, duran­te il perio­do “epi­co” del­la Bonel­li (’86-’96 cir­ca), ma non mi han­no mai appas­sio­na­to abba­stan­za da indur­mi a pro­dur­ne di miei. Dai 14 anni in poi, ho ini­zia­to a scri­ve­re in pro­sa, sul­la scia dei miei eroi dell’epoca (tra i tan­ti, voglio cita­re una pos­si­bi­le San­tis­si­ma Tri­ni­tà: Love­craft, Ell­roy, Bur­rou­ghs) ed ho impa­ra­to i fon­da­men­ti del­la sce­neg­gia­tu­ra cine­ma­to­gra­fi­ca. Con­si­de­ra­vo il fumet­to un media mino­re. Nel 2003, ho let­to Tran­sme­tro­po­li­tan di War­ren Ellis ed ho rea­liz­za­to che avrei pas­sa­to una par­te con­si­sten­te del mio futu­ro a scri­ve­re e leg­ge­re fumet­ti. E’ sta­ta una rive­la­zio­ne scon­vol­gen­te, una gra­zia ina­spet­ta­ta. Da allo­ra, sono sta­ti tan­ti i pro­dot­ti dell’arte che han­no modi­fi­ca­to in manie­ra sostan­zia­le la mia vita.
Fran­ce­sco Acqua­vi­va: Per me inve­ce la pas­sio­ne per il fumet­to nasce all’incirca quan­do ave­vo 6 anni… ho ini­zia­to a rile­ga­re i miei fumet­ti con le graf­fet­te in pri­ma elementare..e non ho più smesso!All’inizio ero appas­sio­na­to di Topo­li­no e di auto­ri qua­li Gior­gio Cavaz­za­no e Mas­si­mo De Vita (La sua saga del­la Spa­da di Ghiac­cio resta un must!) poi a 13 anni ho sco­per­to il mon­do dei fumet­ti ame­ri­ca­ni e di auto­ri come Frank Mil­ler, Alan Moo­re, Grant Mor­ri­son, Dave McKean, Bill Sien­kiewicz, Arthur Adams, Bar­ry Wind­sor-Smith, Mike Migno­la… e da lì ho deci­so che quel­lo sareb­be sta­to il mio futu­ro come autore.

Da cosa nasce l’idea per la rea­liz­za­zio­ne di Backstage?
MS
: Back­sta­ge non nasce da un’idea vera e pro­pria, ma da un sen­ti­men­to dif­fu­so nel nostro pano­ra­ma cul­tu­ra­le. Non c’è alcun biso­gno di uno spun­to nar­ra­ti­vo spe­ci­fi­co, la tele­vi­sio­ne è ovun­que: chiun­que viva in que­sto seco­lo non può non far­ci i con­ti. E’ un ele­fan­te par­cheg­gia­to nel nostro salot­to. Come tut­ti i media, amplia e defi­ni­sce ciò che sia­mo. E ciò che sia­mo non è neces­sa­ria­men­te coe­ren­te o omo­ge­neo. Per que­sto moti­vo, io e Fran­ce­sco Acqua­vi­va abbia­mo deci­so di fram­men­ta­re la sto­ria di Back­sta­ge in sei sot­to­tra­me che si rin­cor­ro­no tra loro. Non esi­ste alcu­na “veri­tà” in Back­sta­ge. Ci sono solo le imma­gi­ni, che i sei pro­ta­go­ni­sti vedo­no ed inter­pre­ta­no a modo loro. E’ un modo come un altro per ripro­por­re una del­le doman­de più inquie­tan­ti poste da gran­di auto­ri come Phi­lip K. Dick: “Come si può vive­re in un mon­do in cui non esi­ste alcun pun­to di rife­ri­men­to?“. Cre­do che que­sta sia una del­le tema­ti­che cen­tra­li di Backstage.

Il tema trat­ta­to è sicu­ra­men­te attua­le e la mag­gior par­te del­le per­so­ne accet­ta que­sto tipo di situa­zio­ni ora­mai qua­si con una cer­ta arren­de­vo­lez­za e taci­ta accon­di­scen­den­za… pen­sa­te che dan­do voce di que­sto mon­do poco puli­to anche attra­ver­so il fumet­to, si pos­sa smuo­ve­re qual­co­sa di più nei gio­va­ni lettori?!
MS
: Il mon­do del­lo spet­ta­co­lo non è “poco puli­to”. E’ una male­det­ta fogna, esat­ta­men­te come il resto del pia­ne­ta Ter­ra. Ma è la nostra fogna, e con­tie­ne tut­te le schi­fez­ze che ci fan­no anda­re su di giri. In Back­sta­ge, ho ten­ta­to di man­te­ne­re que­sta fon­da­men­ta­le ambi­va­len­za rispet­to ad ogni pro­ble­ma. Ad esem­pio, ad un cer­to pun­to del­la sto­ria, una veli­na-pro­sti­tu­ta si chie­de se lavo­ra­re otto ore al gior­no in un fast food per tut­ta la vita sia più o meno ono­re­vo­le di fare il suo “mestie­re”. E’ una bel­la doman­da, a cui io stes­so non so dare una rispo­sta. In ogni caso, è fuor di dub­bio che i cosid­det­ti “gio­va­ni” sia­no meglio attrez­za­ti per affron­ta­re la nostra real­tà turbomediata/mediatica rispet­to alle gene­ra­zio­ni pre­ce­den­ti. Aver visto milio­ni di ore di pub­bli­ci­tà li ha resi così cini­ci rispet­to ai media che è qua­si impos­si­bi­le fregarli.
Cer­to, quan­do si par­la del­le men­zo­gne basi­la­ri che rego­la­no la nostra vita comu­ne, come ad esem­pio “il dena­ro com­pra tut­to“, sia i gio­va­ni che gli anzia­ni cado­no nel tra­nel­lo con la stes­sa faci­li­tà. Spe­ro che Back­sta­ge pos­sa con­tri­bui­re, sep­pu­re in manie­ra mini­ma, a sfa­ta­re que­ste leg­gen­de metropolitane.

Dedi­ca­re un capi­to­lo per ogni per­so­nag­gio e rac­con­ta­re tan­te pic­co­le sto­rie che con­flui­sco­no in quel­la prin­ci­pa­le è sta­ta una otti­ma idea ed in ogni capi­to­lo sono pre­sen­ti rife­ri­men­ti al nudo, al ses­so o a cor­pi per­fet­ti e pro­vo­can­ti…  sem­bra che anche nel pano­ra­ma fumet­ti­sti­co Ita­lia­no ci sia­no fumet­ti che evi­den­zia­no una ten­den­za simi­le, qua­si come una sor­ta di emu­la­zio­ne-vene­ra­zio­ne nei con­fron­ti di Milo Mana­ra, voi cosa ne pensate?
FA
: Dav­ve­ro inte­res­san­te come doman­da, dal momen­to che la pri­ma vol­ta che mi è sta­ta pro­po­sta la pos­si­bi­li­tà di rea­liz­za­re un volu­me per la Free­books, l’esempio che mi è sta­to fat­to dal mio edi­to­re è sta­to pro­prio quel­lo di Milo Mana­ra! Cre­do che nel­la socie­tà moder­na il ses­so e il nudo sia­no par­ti inte­gra­li dell’aspetto comunicativo,permeano ormai ogni ambi­to del­la nostra vita socia­le e pen­so che non si pos­sa pre­scin­de­re da loro se si vuo­le rac­con­ta­re uno spac­ca­to del die­tro le quin­te del mon­do tele­vi­si­vo. Sono anni che nel­la pub­bli­ci­tà appa­io­no chiap­pe per recla­miz­za­re yogurt o ragaz­ze bel­lis­si­me nude per spon­so­riz­za­re auto­mo­bi­li, e que­sto cre­do abbia influen­za­to e stia carat­te­riz­zan­do il nostro modo di vede­re e inten­de­re le cose.

In alcu­ne tavo­le il trat­to ed i colo­ri sem­bra­no dare anco­ra più peso e for­za alle imma­gi­ni già di per sè cini­che, era que­sta l’idea?!
FA
: Asso­lu­ta­men­te. Spe­cial­men­te cre­do che la cosa si pos­sa nota­re con lo scor­re­re del­le pagi­ne, più mi adden­tra­vo nell’opera e mag­gior­men­te sen­ti­vo l’esigenza di ren­de­re anche gra­fi­ca­men­te la cru­dez­za e la spie­ta­tez­za con­di­ta comun­que sem­pre da un aspet­to grot­te­sco del­lo sho­w­biz. Per ogni ope­ra che rea­liz­zo cer­co sem­pre lo sti­le che meglio pos­sa ren­der­ne l’atmosfera e i temi trat­ta­ti, per que­sto all’inizio ho avu­to un po’ di dif­fi­col­tà, ma man mano che pro­se­gui­vo nel lavo­ro lo sti­le e i colo­ri si sono tra­sfor­ma­ti auto­no­ma­men­te per espri­me­re le emo­zio­ni che covavo.

Sie­te dav­ve­ro con­vin­ti, come fate asse­ri­re ad un vostro per­so­nag­gio, che non esi­sta un busi­ness come lo show business?
MS
: Beh, il per­so­nag­gio che lo affer­ma è una figu­ra di pun­ta del­lo show busi­ness mede­si­mo. Lui stes­so deve ali­men­ta­re il sogno (o lo slo­gan di mar­ke­ting) che sor­reg­ge il suo mon­do, sen­za il qua­le tut­to cadreb­be in pez­zi. Quin­di, dal suo pun­to di vista, quel­la è una veri­tà fon­da­men­ta­le per la sua stes­sa soprav­vi­ven­za. Dal mio pun­to di vista, lo show busi­ness è un mer­ca­to inte­res­san­te per­ché uni­sce le qua­li­tà crea­ti­ve più subli­mi del gene­re uma­no con le sue carat­te­ri­sti­che ven­tra­li più abiet­te. Ma, spe­ci­fi­ca­to que­sto, non dif­fe­ri­sce in nes­su­na manie­ra sostan­zia­le da un enor­me mer­ca­to del­le vac­che. O dal set­to­re dell’editoria a fumet­ti, tan­to per fare un altro esem­pio. Dovun­que si ven­da e si com­pri, l’effetto distor­cen­te del mer­ca­to defor­ma sia i pro­dot­ti che i con­su­ma­to­ri. E là dove il mer­ca­to comin­cia, ini­zia pure il fra­cas­so di gran­di com­me­dian­ti e mosche vele­no­se. Noi ita­lia­ni lo con­sta­tia­mo ogni gior­no in parlamento.

Ci sono situa­zio­ni, pro­gram­mi, per­so­nag­gi del­la TV che vi han­no ispi­ra­to mag­gior­men­te rispet­to ad altri, e perché?
MS
: Il docu­men­ta­rio Video­cra­cy mi ha mol­to col­pi­to per­ché mostra lo show busi­ness ita­lia­no per come esso vuo­le esse­re per­ce­pi­to. Ed è uno spet­ta­co­lo asso­lu­ta­men­te ine­nar­ra­bi­le. Vede­re Fabri­zio Coro­na che mer­ci­fi­ca il suo cor­po nudo, che con­ta i sol­di, che si van­ta del suo suc­ces­so… e guar­dar­lo negli occhi men­tre lo fa è un espe­rien­za straor­di­na­ria. Gli occhi di Coro­na sono un poz­zo nero di dispe­ra­zio­ne. Si rie­sce a coglie­re il ter­ro­re e la ver­go­gna che ani­ma­no la sua vita. Anche Coro­na, come il per­so­nag­gio cita­to in pre­ce­den­za, si sfor­za con tut­te le sue ener­gie per man­te­ne­re viva la fac­cia­ta del sogno. Per­ché sen­za quel­la sot­ti­lis­si­ma pati­na sareb­be per­du­to. O meglio, que­sto è quel che ho intui­to da Video­cra­cy e che ho ten­ta­to di infon­de­re in Back­sta­ge. Inol­tre, il fumet­to trat­ta di acca­di­men­ti più o meno fre­quen­ti nel­la tele­vi­sio­ne, come la cen­su­ra di un comi­co (e, con­si­de­ran­do la “stra­ge dei sati­ri” che si è con­su­ma­ta in TV, non man­ca­no figu­re a cui ispi­rar­si), l’intervista mol­to gla­mour ad uno psi­co­ti­co cri­mi­na­le (un esem­pio tra tut­ti, l’intervista a Dona­to Bilan­cia di Bono­lis) e varie altre ame­ni­tà del genere.


Il giu­di­zio sul­la tele­vi­sio­ne è sen­za appel­lo, o cre­de­te che ci sia­no anco­ra spa­zi che si sal­va­no dal­la mediocrità?
MS
: La medio­cri­tà non esi­ste. Tut­to è inte­res­san­te, in qual­che modo. Tut­to con­tri­bui­sce ad accre­scer­ci come esse­ri uma­ni, se desi­de­ria­mo far­lo o se sap­pia­mo come far­lo. Per que­sto, io con­fi­do cie­ca­men­te in tut­ti i media. I media ampli­fi­ca­no i nostri sen­si e la nostra men­te, ed io voglio sem­pre di più: più gio­ia, più dolo­re, più sogni, più pau­ra, più esta­si, più malat­tia, più sto­ria, più coscien­za, più evo­lu­zio­ne, più vita.

I rea­li­ty han­no crea­to l’illusione che il “quar­to d’ora di cele­bri­tà” sia alla por­ta­ta di tut­ti ma soprat­tut­to lo sia sen­za meri­to, o a vol­te pro­prio per deme­ri­to. Vole­va­te comu­ni­ca­re qual­co­sa anche a que­ste gene­ra­zio­ni di “cac­cia­to­ri di fama tele­vi­si­va” con la vostra opera?
MS
: Non tut­ti pos­so­no o voglio­no esse­re pre­mi nobel per la medi­ci­na. Per alcu­ni, è suf­fi­cien­te scuo­te­re le chiap­pe davan­ti ad una tele­ca­me­ra. Chi pen­sa che que­sto sia il suo sacro desti­no e la stra­da per la sua feli­ci­tà, fac­cia pure. Gli augu­ro di otte­ne­re esat­ta­men­te ciò che desi­de­ra. Mi pare una puni­zio­ne sufficiente.
FA: Amen.

Come sono sta­te fino­ra le rea­zio­ni al vostro fumetto?

MS
: Mol­to posi­ti­ve. Devo ammet­te­re, con una pun­ta di vele­no, che i let­to­ri ten­do­no a elo­gia­re più i dise­gni che non la sto­ria. Ma è ovvio. Dopo­tut­to, è cosa risa­pu­ta: gli scrit­to­ri non ser­vo­no a nien­te. In alcu­ni casi, ci è sta­ta fat­ta un osser­va­zio­ne mol­to intri­gan­te: secon­do un cer­to nume­ro di let­to­ri, la sto­ria di Back­sta­ge si pre­ste­reb­be più ad un for­mat di tipo tele­vi­si­vo che non a quel­lo fumet­ti­sti­co. E’ un com­men­to che mi riem­pie di orgoglio.
FA: Mi è sta­to fat­to nota­re come dall’opera tra­spa­ia l’anima che io e Mas­si­mo abbia­mo cer­ca­to di infon­der­le… e que­sto cre­do sia pos­si­bi­le solo gra­zie alla sin­to­nia che si è crea­ta tra me e Mas­si­mo sin dal pri­mo lavo­ro che abbia­mo fir­ma­to insie­me. Mas­si­mo scri­ve le sto­rie che io vor­rei leg­ge­re, e quin­di dise­gnar­le diven­ta sem­pre un’esperienza straor­di­na­ria, mi spin­ge a dare il meglio di me per­ché i dise­gni sia­no all’altezza del­la storia.

6
Dic
2010

Nyx

E' appe­na usci­to nel­le libre­rie NYX — Rac­con­ti del­la Not­te, pub­bli­ca­to da Arka­dia. E' un anto­lo­gia di sto­rie bre­vi rea­liz­za­te da auto­ri accla­ma­ti come Miche­la Mur­gia, Mar­cel­lo Fois, San­dro­ne Dazie­ri, Otto Gabos, Fran­ce­sco Aba­te ed Erri­co Buo­nan­no ed altri auto­ri che, seb­be­ne meno accla­ma­ti, sono gigan­ti dell'intelletto e fisi­ca­men­te bel­lis­si­mi (come me, ad esem­pio, più De Roma, Giam­mei, Ibra­hi­mi, Lino, Napo­li, Nepò, Sanna).
All'interno del volu­me è pub­bli­ca­ta la mia sto­ria bre­ve Not­te dell'Avvenire, un rac­con­to che esplo­ra l'utopia ed il ter­ro­re del pro­gram­ma spa­zia­le sovie­ti­co, seguen­do le trac­ce del­la cosmo­nau­ta Liza Klub­ni­ko­va, un per­so­nag­gio model­la­to sul­la vita del­la pri­ma don­na nel­lo spa­zio, Valen­ti­na Tereshkova.

Quel­lo che segue è l'incipit del racconto.
Mi chia­mo Liza Klub­ni­ko­va. Un nome la cui eti­mo­lo­gia, un gar­bu­glio di anti­co rus­so ed ebrai­co del­le ori­gi­ni, signi­fi­ca “Dio è per­fe­zio­ne: fra­go­le!”. Lo ammet­to, è mol­to cari­no nel­la sua assur­di­tà. Pro­prio come me. For­se è per que­sto che in quel cru­cia­le gior­no, men­tre il pia­ne­ta ribol­li­va e stre­pi­ta­va come una pen­to­la a pres­sio­ne, il mio cruc­cio era di natu­ra ben diver­sa. Quel pome­rig­gio, un ami­co psi­chia­tra era riu­sci­to a pas­sar­mi sot­to­ban­co una dose da caval­lo di Dia­ze­pam, facen­do­la pas­sa­re al di là del muro sot­to i nasi del­le guar­die.
Arri­vai a casa, rimi­si un pò in ordi­ne, but­tai giù la mia medi­ci­na insie­me ad uno o più sor­si di Sto­lich­na­ya. Ricor­do che il mio salot­to ave­va l’aspetto di una vec­chia cia­bat­ta e che rima­si per qual­che minu­to a medi­ta­re sul curio­so odo­re del mio diva­no. L’editore, quel­la mat­ti­na, mi ave­va infor­ma­to che le copie del mio ulti­mo roman­zo era­no final­men­te arri­va­te, fre­sche di stam­pa. Si era sca­pi­col­la­to per orga­niz­za­re in gior­na­ta la pri­ma pre­sen­ta­zio­ne dell’opera. Da quan­do il Comi­ta­to per le Arti e lo Spet­ta­co­lo ave­va dira­ma­to un docu­men­to che cer­ti­fi­ca­va pub­bli­ca­men­te il sostan­zia­le fal­li­men­to dell’arte del­la Repub­bli­ca Demo­cra­ti­ca Tede­sca, gran par­te del­la sce­na let­te­ra­ria ave­va sem­pli­ce­men­te get­ta­to la spu­gna, men­tre alcu­ni spe­ran­zo­si socia­li­sti come l’editore Bie­ber sma­nia­va­no al pen­sie­ro di smor­za­re la depres­sio­ne del­le clas­si diri­gen­ti con una pala­ta di glo­rio­sa let­te­ra­tu­ra fan­ta­scien­ti­fi­ca. Ergo, avrei dovu­to diri­ger­mi al Cir­co­lo Cul­tu­ra­le del­la Gio­ven­tù Comu­ni­sta alla fine di Jahn­stras­se arma­ta del mio Stu­pe­fa­cen­ti Incon­tri su Alpha-Epsi­lon IX e con­vin­ce­re la suc­ci­ta­ta Gio­ven­tù che un'iniezione di sto­rie d’amore venu­sia­ne ci avreb­be, in qual­che modo, resti­tui­to il vigo­re neces­sa­rio per rap­pez­za­re l’Ideale e dare qual­che watt di lumi­no­si­tà al Sole dell’Avvenire.
Rima­si a cro­gio­lar­mi sul diva­no per gran par­te del­la sera­ta, con il gat­to acco­vac­cia­to sul­la pan­cia. Dopo il quar­to bic­chie­re di Sto­lich­na­ya non riu­sci­vo a non asso­ciar­lo all’Incubo di Hen­ry Fuse­li. But­tai giù qual­che nota sul mio tac­cui­no, per ave­re alme­no una trac­cia da segui­re duran­te la pre­sen­ta­zio­ne. Ten­tai di far rie­mer­ge­re dal­la palu­de del­la memo­ria qual­che aned­do­to inte­res­san­te. Rima­si a fis­sa­re le foto­gra­fie incor­ni­cia­te ed appe­se sul­la pare­te rab­ber­cia­ta. In una di esse, Chruščёv mi strin­ge­va la mano ed io fui immor­ta­la­ta men­tre sbir­cia­vo l’enorme fes­su­ra tra i suoi den­ti. Duran­te lo scat­to, ero com­bat­tu­ta tra il desi­de­rio di abbrac­cia­re il Com­pa­gno Niki­ta o scop­pia­re a pian­ge­re. For­se feci entram­be le cose. For­se no. Mi addor­men­tai. Mi risve­gliai. Ripre­si a scri­bac­chia­re qual­che appun­to sul tac­cui­no. La bot­ti­glia era miste­rio­sa­men­te vuo­ta. Il mio siste­ma ner­vo­so era miste­rio­sa­men­te in mace­rie. Pre­si fia­to e cara­col­lai ver­so il bagno. Dopo una doc­cia geli­da, tra­scor­si un perio­do inde­ter­mi­na­to a rastrel­la­re il gro­vi­glio stop­po­so che si osti­na a cre­scer­mi in testa, men­tre il gat­to ten­ta­va di ricat­tar­mi emo­ti­va­men­te per rime­dia­re un enne­si­ma dose di cibo (abi­tu­di­ne che ave­va in comu­ne, tra l’altro, con il mio ex-mari­to). Uscii in tut­ta fret­ta e mi dires­si a pie­di ver­so la Jahn­stras­se. Il gat­to mia­go­la­va dal bal­co­ne di casa. Era un bell’esemplare di sia­me­se. Quan­do lo incon­trai per la pri­ma vol­ta, inda­ga­va tra tavo­le di legno spez­za­te, vec­chie sco­pe e lat­ti­ne di bir­ra ammon­tic­chia­te in un vico­lo. Dava l’impressione di esse­re impe­gna­to in un inca­ri­co del­la mas­si­ma impor­tan­za. Deci­si di pren­der­mi cura di lui. Lo chia­mai Vostok.
27
Gen
2010

Quiet — Prologue — Unthinkable

Quiet: A Non-Eucli­dean War Sto­ry è un biz­zar­ro espe­ri­men­to fumet­ti­sti­co rea­liz­za­to con la tec­ni­ca dell'action pain­ting. La gra­fi­ca è sta­ta rea­liz­za­ta con l'ausilio di JacksonPollock.org e suc­ces­si­va­men­te ela­bo­ra­ta con vari pro­gram­mi di edi­ting. Nar­ra­ti­va­men­te, segue gli sche­mi dei rac­con­ti di iniziazione/formazione con l'aggiunta di una gene­ro­sa dose di orro­re cosmi­co. Quiet si ispi­ra al siste­ma psi­co­lo­gi­co crea­to da Robert Anton Wil­son e Timo­thy Lea­ry ed alla let­te­ra­tu­ra di H. P. Love­craft (oppu­re ad un'edizione stra­fat­ta di crack del­le Cosmi­co­mi­che di Ita­lo Cal­vi­no).

Ini­zial­men­te posta­to onli­ne come fumet­to, è sta­to poi car­pi­to, smon­ta­to e rias­sem­bla­to dal musi­ci­sta MaW (pote­te vede­re i suoi video a que­sto link), che lo ha dota­to di colon­na sono­ra, dop­piag­gio e lo ha mon­ta­to in for­ma di video. Ora Quiet ha l'indubbio van­to di esse­re la pri­ma video gra­phic novel astrat­ta (?!?) al mondo.

La sto­ria si svi­lup­pe­rà in tre­di­ci capi­to­li, che poste­re­mo sui mag­gio­ri moto­ri di ricer­ca video man mano che si evol­vo­no spon­ta­nea­men­te dal­la nostra imma­gi­na­zio­ne. Vi con­si­glio di clic­ca­re sul­le "quat­tro frec­cie" e guar­dar­li a scher­mo intero.

21
Gen
2010

Favole (Deluxe)

Leg­gen­de per imma­gi­ni: Favo­le è un anto­lo­gia di rac­con­ti bre­vi in cui Fran­ce­sco Acqua­vi­va, con il suo sti­le eclet­ti­co, si diver­te a rein­ter­pre­ta­re alcu­ne del­le fia­be più popo­la­ri dell'occidente, sve­lan­do­ne impu­di­ca­men­te il sot­to­pan­cia ero­ti­co. Que­sta ope­ra­zio­ne è svol­ta con l'ironia di uno scrit­to­re post­mo­der­no e la mali­zia di un demo­ne (e l'artista sicu­ra­men­te lo è): oltre il velo del­la fia­ba, cosa nascon­de la sto­ria di Cap­puc­cet­to Ros­so oppu­re del­la Bel­la e la Bestia? Qua­li suc­cu­len­te per­ver­sio­ni sono impli­ci­te in Ali­ce nel Pae­se del­le Mera­vi­glie, appe­na camuf­fa­te da una pati­na di pudi­ci­zia vittoriana?
In Favo­le, Fran­ce­sco Acqua­vi­va sve­la que­sta gal­le­ria del­la car­ne e del sen­so con il ghi­gno di un liber­ti­no otto­cen­te­sco, pur man­te­nen­do la bru­sca con­cre­tez­za di un punk. Sug­ge­ri­sce che il vero signi­fi­ca­to del­le fia­be scor­ra sot­to la loro pel­le e que­sta pel­le sia, di nor­ma, rovente.

Ma Favo­le non è solo que­sto. Il volu­me, rac­co­glie anche sto­rie bre­vi rea­liz­za­te in col­la­bo­ra­zio­ne con sce­neg­gia­to­ri dall'estrazione più varia: si va dall'impegno socia­le ed il gusto psi­che­de­li­co di Mas­si­mo Spi­ga alla car­na­li­tà filo­so­fi­ca di Enri­co Teo­do­ra­ni. Pro­prio in que­sti fea­tu­ring emer­ge, per giu­stap­po­si­zio­ne, il talen­to di Fran­ce­sco Acqua­vi­va: capa­ce di affron­ta­re sia un dram­ma su Ausch­wi­tz che una bou­ta­de ero­ti­ca con egua­le finez­za del trat­to e comu­ni­ca­ti­vi­tà del colore.


Favo­le (Delu­xe)

Scrit­to da: Mas­si­mo Spi­ga, Fran­ce­sco Acqua­vi­va, Enri­co Teodorani
Dise­gna­to da: Fran­ce­sco Acquaviva
Edi­to da: EF Edi­zio­ni

Bian­co e nero
15,00€

Acqui­sta­lo su Fumet­to Online