21
Nov
2011

Lovecraft Zero — Vol. 1 — Dagon


Rie­di­to da Edi­zio­ni di Kar­ta, è usci­to il pri­mo eBook del­la serie Love­craft Zero: Dagon.
Scrit­to da H.P. Love­craft e tra­dot­to da Mas­si­mo Spi­ga, è acqui­sta­bi­le e leg­gi­bi­le da chiun­que abbia un let­to­re eBook o un tablet. Cthu­lhu f'taghn!


La col­la­na
Love­craft Zero inten­de ripro­por­re i rac­con­ti bre­vi, le let­te­re e gli altri testi di Howard Phil­lips Love­craft in for­ma­to digi­ta­le ed in ita­lia­no. Soprat­tut­to, la novi­tà di Love­craft Zero è la tra­du­zio­ne: è con­tem­po­ra­nea e dina­mi­ca, pri­va del­la pom­po­si­tà otto­cen­te­sca che carat­te­riz­za lo sti­le del Soli­ta­rio di Pro­vi­den­ce. Lun­gi dall'essere una "vio­la­zio­ne" degli scrit­ti love­craf­tia­ni, que­sta col­la­na è un atto d'amore nei con­fron­ti del genio di que­sto autore.
Visi­ta la home­pa­ge di Love­craft Zero a que­sto link.
Il pri­mo volu­me con­tie­ne il rac­con­to bre­ve Dagon, scrit­to nel 1917 e pub­bli­ca­to nel 1919 sul­la rivi­sta The Vagrant.


Sinos­si
Dopo esse­re fug­gi­to dal­la pri­gio­nia su una nave tede­sca, al prin­ci­pio del­la pri­ma guer­ra mon­dia­le, un uomo nau­fra­ga su una miste­rio­sa diste­sa mel­mo­sa. I segre­ti che rac­chiu­de que­sto nuo­vo con­ti­nen­te minac­ce­ran­no la sua salu­te men­ta­le. E, for­se, la soprav­vi­ven­za del gene­re umano.


Ante­pri­ma

Ecco l'incipit di Dagon:
Que­sta è la mia ulti­ma not­te. Sen­za sol­di né mor­fi­na, la mia vita è una tor­tu­ra che non pos­so reg­ge­re oltre. Mi tuf­fe­rò dal­la fine­stra di que­sto sola­io e la mia tom­ba sarà la squal­li­da stra­da che si allun­ga al di sot­to. Sono un tos­si­co, cer­to, ma non un debo­le né un debo­scia­to. Dubi­to che com­pren­de­rai appie­no le mie ragio­ni. Dopo aver let­to que­ste pagi­ne, sca­ra­boc­chia­te in pre­da all’angoscia, potrai for­se intui­re il moti­vo per cui non mi resta che una scel­ta binaria.
Oblio o morte.
Un tem­po, lavo­ra­vo come sovrin­ten­den­te in un piro­sca­fo. Navi­ga­vo in mare aper­to, in una del­le zone più deso­la­te del Paci­fi­co. Un incro­cia­to­re tede­sco abbor­dò la mia nave e fece pri­gio­nie­ro tut­to l’equipaggio. Nono­stan­te fos­si­mo puro e sem­pli­ce bot­ti­no, i nostri avver­sa­ri ci trat­ta­ro­no con il rispet­to e l’equanimità impo­sta dal­le leg­gi del mare. La gran­de guer­ra era appe­na comin­cia­ta, e la flot­ta cruc­ca non era anco­ra spro­fon­da­ta nel­la bar­ba­rie che la carat­te­riz­zò in segui­to. Duran­te i gior­ni del­la pri­gio­nia, mi resi con­to che la loro disci­pli­na lascia­va mol­to a desi­de­ra­re. Dopo soli cin­que gior­ni, tro­vai il modo di eva­de­re a bor­do di una bar­chet­ta cari­ca di acqua pota­bi­le e prov­vi­ste. Mi sareb­be­ro sta­te suf­fi­cien­ti per un lun­go tragitto.
Ero libe­ro, ma quel­le acque mi era­no sco­no­sciu­te. La posi­zio­ne del sole e del­le stel­le mi fece sup­por­re di esse­re a sud dell’equatore, ma nien­te più di que­sto. Lon­gi­tu­di­ne igno­ta. Nes­su­na iso­la in vista. Nes­su­na costa all’orizzonte. Pur­trop­po, non sono mai sta­to un gran timo­nie­re. Pri­vo di desti­na­zio­ne, pas­sai innu­me­re­vo­li gior­ni pas­sa­ti alla deri­va, sot­to la luce di un Sole fero­ce. Se la sor­te mi aves­se assi­sti­to, avrei avvi­sta­to una nave. O, alme­no, il mare mi avreb­be vomi­ta­to sul­le spon­de di un’isola abitabile.
L’infinità del blu mi cir­con­da­va. Si fece soffocante.
Comin­ciai a disperare.
6
Nov
2011

Bubble Shock — 01 — Altrove

(Ante­pri­ma di Bub­ble Shock)

Dopo la pre­sen­ta­zio­ne uffi­cia­le, avve­nu­ta a Luc­ca Comics il 29 otto­bre scor­so, il pri­mo volu­me di Bub­ble Shock, edi­to da Caglio­stro ePress è dispo­ni­bi­le nel­le fumet­te­rie e, in for­ma­to digi­ta­le edi­to da MeLe­to Soft­ware, su iBook­sto­re per iPad! Pote­te acqui­sta­re Bub­ble Shock in ogni fumet­te­ria, oppu­re ordi­nar­lo in caso non fos­se dispo­ni­bi­le. Per ordi­nar­lo diret­ta­men­te dall'editore, pote­te invia­re una richie­sta di infor­ma­zio­ni alla Caglio­stro ([email protected]) oppu­re uti­liz­za­re il ser­vi­zio Fumet­ti d'Italia. Inol­tre, Bub­ble Shock è anche…



Ecco qual­che infor­ma­zio­ne supplementare:
Juliet­te Bal­lard è una bam­bi­na e, nono­stan­te ciò, è già una cer­ca­gra­ne pro­fes­sio­ni­sta. Dopo aver pas­sa­to buo­na par­te dell'infanzia a com­bi­na­re guai, fare scher­zi e ten­de­re trap­po­le alle cono­scen­ze del­la sua ric­ca fami­glia, deci­de di com­pie­re il pas­so suc­ces­si­vo: scap­pa di casa, spin­ta dall'amore per un bam­bi­no che vive all'altro capo del mon­do. Si pre­pa­ra ad affron­ta­re una lun­ga odis­sea per rag­giun­ger­lo, sen­za però imma­gi­na­re che il suo viag­gio la por­te­rà nel­la più stra­na del­le ter­re. Dopo esser­si per­sa nell'aeroporto Hea­th­row di Lon­dra ed aver assi­sti­to al volo di miglia­ia di far­fal­le lumi­ne­scen­ti, Juliet­te si risve­glia in un iso­la deser­ta, sen­za aver idea di come o per­ché ci sia arri­va­ta. Come una nuo­va Ali­ce, ini­zia ad esplo­ra­re que­sto nuo­vo Pae­se del­le Mera­vi­glie e lo tro­va popo­la­to da crea­tu­re biz­zar­re ed eso­ti­che. Ed un altro bam­bi­no "ran­da­gio", che come lei si è per­so ed è emer­so in un mon­do tut­to nuo­vo. Juliet­te ben pre­sto capi­sce di non esse­re l'unica in fuga.


Bub­ble Shock è un fumet­to d'avventura per i più gio­va­ni, con for­tis­si­me tin­te umo­ri­sti­che e para­dos­sa­li, che rie­cheg­gia del­le sug­ge­stio­ni di gran­di serie popo­la­ri del pre­sen­te (Poke­mon, Wynx) e del­la let­te­ra­tu­ra fan­ta­sti­ca del pas­sa­to (Ali­ce nel Pae­se del­le Mera­vi­glie, Il mago di Oz, L'Isola del Teso­ro). E' scrit­to da Mas­si­mo Spi­ga e dise­gna­to da Fran­ce­sco Acqua­vi­va, polie­dri­ci auto­ri che già han­no dato pro­va di saper affron­ta­re i gene­ri più dispa­ra­ti, dal­la cri­me sto­ry (Made In Ita­ly: L'Infame), alla sati­ra (Freak #3), alla com­me­dia a tema socia­le (Back­sta­ge). Il volu­me, pri­mo epi­so­dio di una tri­lo­gia, è a colo­ri, ha 52 pagi­ne ed è pub­bli­ca­to da Caglio­stro ePress, edi­to­re che con­ti­nua a dimo­stra­re la sua abi­li­tà nel coniu­ga­re un taglio net­ta­men­te pop ad una gran­de atten­zio­ne alla qua­li­tà artistica.

 

31
Ott
2011

Backstage

(ante­pri­ma di Back­sta­ge)

Dopo esse­re sta­to pre­sen­ta­to a Luc­ca Comics 2010 in un tri­pu­dio di gio­ia ed ono­ri, Back­sta­ge, edi­to dal­la Free­books, è final­men­te usci­to nel­le fumet­te­rie. E' una gra­phic novel ambien­ta­ta die­tro le quin­te di un varie­tà tele­vi­si­vo, costrui­ta come una com­me­dia, in cui abbia­mo river­sa­to sto­rie e pun­ti di vista che pen­sia­mo dia­no un pano­ra­ma a 360° del mon­do del pic­co­lo schermo.
L'abbiamo con­ce­pi­ta tem­po fa, ragio­nan­do sul fat­to che il mon­do del fumet­to sem­bra snob­ba­re il san­gue, lo stress e le pai­let­tes che scor­ro­no a fiu­mi sul­le tele­vi­sio­ni di noi tut­ti, ogni gior­no. Non riu­sci­va­mo a ricor­da­re nes­sun fumet­to che par­las­se di tele­vi­sio­ne in modo sem­pli­ce, diver­ten­te e com­ple­to. Di comi­ci, sol­di, ses­so, cen­su­ra, veli­ne, amo­re e odio.
Del­la vita den­tro la sca­to­la stu­pi­da che chia­mia­mo TV.
Quin­di: ecco­lo qui.


Back­sta­ge.
128 pagi­ne a colo­ri, bros­su­ra, in for­ma­to gran­de, lumi­no­so e spettacolare.
E' la tele­vi­sio­ne, bellezza!


(e clic­ca su "Aggiun­gi al car­rel­lo" nel­la pagi­na successiva)

oppu­re ordi­na­lo su eBay a que­sto link

oppu­re acqui­sta la ver­sio­ne iPad a que­sto link:

oppu­re com­pra­lo o ordi­na­lo nel­la tua fumet­te­ria di riferimento.

23
Ott
2011

La tradizione va saputa tirare in ballo

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 del 23/10/11

In ogni cam­po del­la nostra quo­ti­dia­ni­tà, il cam­bia­men­to che ci avvol­ge e tra­sci­na è sem­pre più radi­ca­le. Que­sta acce­le­ra­zio­ne espo­nen­zia­le del­la sto­ria crea ver­ti­gi­ni e fri­zio­ni, spae­sa­men­to e nau­sea, per cui in mol­ti di noi ogni dub­bio riguar­dan­te il futu­ro si ridu­ce ad una scel­ta bina­ria: accet­ta­re il luc­ci­can­te con­su­mo di mas­sa, un luo­go sen­za coscien­za e sen­za memo­ria, oppu­re rin­ta­nar­si in una visio­ne musea­liz­za­ta e stan­tia del nostro pas­sa­to e usa­re le nostre radi­ci cul­tu­ra­li per fru­sta­re chi è rite­nu­to ester­no alla tri­bù. For­tu­na­ta­men­te, è sem­pre più evi­den­te in tut­ti gli ambi­ti del­la nostra vita come esi­sta una ter­za via, e que­sta fa capo­li­no anche in ambi­ti biz­zar­ri, dove meno la si aspet­ta: ad esem­pio, nel caso spe­ci­fi­co trat­ta­to, il bal­lo sardo.
Il pro­get­to Sa Discu­te­ca, por­ta­to avan­ti da Fran­ce­sco Med­da e Ales­san­dro San­na (meglio cono­sciu­ti coi nomi d’arte DJ Arro­gal­la e Qui­lo dei Sa Raz­za), inten­de pro­por­re la musi­ca  e la cul­tu­ra del bal­lo tra­di­zio­na­le sar­da  attra­ver­so gli stru­men­ti dell’elettronica e del DJ set. Seb­be­ne, ad uno sguar­do super­fi­cia­le, pos­sa sem­bra­re un curio­so esem­pio di biz­zar­ria post­mo­der­na, la serie di even­ti in que­stio­ne par­te dall’esigenza dei suoi orga­niz­za­to­ri di vive­re la cul­tu­ra etni­ca come un’organismo viven­te capa­ce di evol­ver­si, e non come un fos­si­le da esi­bi­re una tan­tum in una teca di vetro.
Vie­ne, comun­que, da pen­sa­re che non sia suf­fi­cien­te infi­la­re un mega-sin­te­tiz­za­to­re ed una bat­te­ria drum n base a 240BPM sot­to un can­to a teno­re per otte­ne­re que­sto risul­ta­to: sareb­be un’operazione super­fi­cia­le di maquillage.
A que­sto pro­po­si­to il musi­ci­sta Pie­ro Mar­ras, com­men­ta: «Io non par­teg­gio né per l’ibridazione super­fi­cia­le né per la musea­liz­za­zio­ne. E’ neces­sa­rio usa­re la sen­si­bi­li­tà odier­na. Non si può ripe­te­re pedis­se­qua­men­te una for­ma d’arte sen­za rivi­ver­la, sen­za rivi­si­tar­la. Quel­lo che pri­ma era tra­di­zio­ne, ora è sem­pre più vec­chio, archeo­lo­gi­co. Ma io voglio esse­re tra­di­zio­ne: sto­ri­ciz­za­re il pas­sa­to e, quin­di, pro­dur­re inno­va­zio­ne. Il bal­lo sar­do è gio­io­so, vita­le. Mi pia­ce, come mi può entu­sia­sma­re un qua­dro di Van Gogh, ma oggi non ha sen­so dipin­ge­re come face­va Van Gogh due­cen­to anni fa.»
La moder­niz­za­zio­ne pro­po­sta da Sa Discu­te­ca, però, scor­re su altri bina­ri. «La musi­ca che pro­por­re­mo nel­le nostre sera­te è quel­la ori­gi­na­le. — spe­ci­fi­ca DJ Arro­gal­la — Abbia­mo un amplis­si­mo archi­vio con i bra­ni dei miglio­ri stru­men­ti­sti del­la nostra iso­la. Saran­no le tec­ni­che di dif­fu­sio­ne ad esse­re inno­va­ti­ve: il patri­mo­nio tec­ni­co ed orga­niz­za­ti­vo tipi­co dei DJ. Abbia­mo scel­to, così, anche per una que­stio­ne di rispet­to: chi si occu­pa di altri gene­ri può cam­pio­na­re la musi­ca tra­di­zio­na­le, distor­cer­la, remi­xar­la e far­ci quel che cre­de, ma chi pro­muo­ve spe­ci­fi­ca­men­te quel gene­re deve, per così dire, pulir­si i pie­di pri­ma di entrarvi.»
Sa Discu­te­ca ha come obiet­ti­vo ripor­ta­re il bal­lo etni­co come momen­to cen­tra­le e vivo del­la socia­li­tà e, nel con­tem­po, dare ossi­ge­no alle cul­tu­re loca­li. Per cui, aggiun­ge Arro­gal­la: «Que­ste musi­che devo­no esse­re vis­su­te, se mi si pas­sa la meta­fo­ra, in jeans, e non in costu­me tra­di­zio­na­le. Devo­no esse­re una par­te viva del pre­sen­te e non solo una cele­bra­zio­ne del passato.»
Ancor pri­ma di aver spe­ri­men­ta­to il suo bat­te­si­mo del fuo­co, che si ter­rà il 22 otto­bre a Nura­gus, a par­ti­re dal­le 22, que­sto pro­get­to ha susci­ta­to gran­de entu­sia­smo nel­le ammi­ni­stra­zio­ni e nei comi­ta­ti. Il suo for­mat, com­pren­den­te anche la pos­si­bi­li­tà di ospi­ta­re pic­co­li live di stru­men­ti­sti e la cru­cia­le pre­sen­za di un voca­li­st, det­to ban­di­do­ri, imper­so­na­to dal rap­per Qui­lo. Il suo ruo­lo sarà quel­lo di improv­vi­sa­re ed inci­ta­re il pub­bli­co, sia con le paro­le che con il canto.
«La musi­ca sar­da potrà esse­re apprez­za­ta dai gio­va­ni, solo se sono essi stes­si a pro­por­la. — affer­ma Arro­gal­la — La tra­di­zio­ne è dina­mi­ca, cre­sce e si evol­ve insie­me a chi la pratica.»
Ci sono esem­pi posi­ti­vi in meri­to: la comu­ni­tà paki­sta­na in Inghil­ter­ra, par­ten­do dal­la pro­pria musi­ca ance­stra­le e facen­do­la incon­tra­re con i mez­zi dell’elettronica, ha crea­to un nuo­vo feno­me­no musi­ca­le, di cui fan­no par­te anche gli Asian Dub Foun­da­tion, Pun­ja­bi MC e simi­li. Anche la Jamai­ca e l’Irlanda han­no avu­to suc­ces­so in que­sto ten­ta­ti­vo di rige­ne­ra­zio­ne col­let­ti­va del pro­prio retag­gio tradizionale.
Gigi Camed­da, musi­ci­sta dei Tazen­da, così com­men­ta: «Sarei por­ta­to a dire che la musi­ca tra­di­zio­na­le non può reg­ge­re il con­fron­to con quel­la moder­na, ma è solo per­ché si pone il pro­ble­ma in ter­mi­ni sba­glia­ti. Non c’è alcu­na con­trap­po­si­zio­ne tra “tra­di­zio­ne” e musi­ca “di con­su­mo”, per­ché tut­ta la secon­da nasce dal­la pri­ma. E, inol­tre, la musi­ca più mar­ca­ta­men­te ispi­ra­ta ad un iden­ti­tà regio­na­le è di nic­chia solo quan­do non usa un lin­guag­gio arti­sti­co suf­fi­cien­te­men­te for­te. La fun­zio­ne del­la musi­ca è quel­la di emo­zio­na­re. Quan­do ci rie­sce, poco impor­ta che la sua pro­ve­nien­za cro­no­lo­gi­ca o geografica.»
La scom­mes­sa di Sa Discu­te­ca sarà quin­di quel­la di riu­sci­re a coniu­ga­re pas­sio­ne ed inno­va­zio­ne anche in con­te­sti ina­spet­ta­ti, par­lan­do anti­che paro­le con una lin­gua nuova.
17
Ott
2011

Tra Pokemon e Lost si insinua Bubble Shock

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 del 16/10/11

Bub­ble Shock ha una sto­ria paral­le­la alla mia lun­ga col­la­bo­ra­zio­ne con il dise­gna­to­re Fran­ce­sco Acqua­vi­va. La sua idea­zio­ne risa­le al 2007: è sta­to uno dei pri­mi fumet­ti che abbia­mo deci­so di rea­liz­za­re, seb­be­ne mol­ti altri albi sia­no sta­ti da noi pro­dot­ti nel frat­tem­po. Con il pas­sa­re degli anni, il filo con­dut­to­re del nostro comu­ne lavo­ro è sta­ta la crea­zio­ne di sto­rie a for­te tema­ti­ca socia­le, qua­si sem­pre rac­con­ta­te con fero­cia. Abbia­mo par­la­to di tele­vi­sio­ne, cen­su­ra e pro­sti­tu­zio­ne in Back­sta­ge, di cri­mi­na­li­tà gio­va­ni­le e capi­ta­li­smo man­na­ro in Made In Ita­ly, men­tre l’albo sati­ri­co Freak III (appar­te­nen­te ad una mini­se­rie sul­la vita di Rober­to Anto­ni degli Skian­tos) ci ha per­mes­so di fla­gel­la­re la mostruo­si­tà dell’Italia odier­na a 360°. Pro­prio per que­sto, abbia­mo sem­pre volu­to dedi­car­ci ad un pro­get­to per ragaz­zi. L’obiettivo è spiaz­za­re, esse­re pre­sen­ti in qua­lun­que gene­re, dimo­stra­re che la pro­fon­di­tà di un’opera può esse­re signi­fi­ca­ti­va anche se si par­la di ani­ma­let­ti gom­mo­si e bam­bi­ni scal­ma­na­ti. Bub­ble Shock, una mini­se­rie in tre epi­so­di edi­ta da Caglio­stro Press, è la saga che nar­ra le vicen­de di due bam­bi­ni, Justin Che­va­lier e Juliet­te Bal­lard, nau­fra­ga­ti in un’isola miste­rio­sa, popo­la­ta da una vasta fau­na di biz­zar­re crea­tu­re. E’, in radi­ce, una con­ta­mi­na­zio­ne tra Poke­mon ed il tele­film Lost, pre­sen­ta­to in chia­ve comi­co-avven­tu­ro­sa. Scri­ver­lo, per me, è sta­to un enor­me diver­ti­men­to, così come lo è sta­to dise­gnar­lo per Fran­ce­sco Acqua­vi­va. Non capi­ta spes­so di ride­re così for­te da ridur­si in lacri­me men­tre si discu­te del­la tra­ma o del­le inqua­dra­tu­re di una sce­na con il pro­prio col­la­bo­ra­to­re. Dopo­tut­to, l’antagonista del pri­mo volu­me è un maia­le gigan­te chia­ma­to BAFFO: sareb­be sta­to impos­si­bi­le trat­tar­lo con il fred­do spi­ri­to chi­rur­gi­co con cui di soli­to scri­vo le mie sce­neg­gia­tu­re. Dopo la sua pre­sen­ta­zio­ne a Luc­ca Comics, il fumet­to sarà dispo­ni­bi­le (o per­lo­me­no ordi­na­bi­le) in tut­te le fumet­te­rie o libre­rie: spe­ro che i let­to­ri lo tro­vi­no assur­do e diver­ten­te quan­to noi. Inol­tre, con­tem­po­ra­nea­men­te all’uscita del volu­me car­ta­ceo, Bub­ble Shock sarà anche dispo­ni­bi­le in ver­sio­ne digi­ta­le per iPad: sarà acqui­sta­bi­le tra­mi­te l’App Sto­re di iTu­nes come tut­te le altre appli­ca­zio­ni. Que­sta tran­si­zio­ne dal­la car­ta ai byte è sta­ta pos­si­bi­le gra­zie alla col­la­bo­ra­zio­ne con la MeLe­to Soft­ware­hou­se, che ha reso dispo­ni­bi­le in for­ma di appli­ca­zio­ne tut­ti i nostri fumetti.

15
Ott
2011

Fare Hip Hop ad Olbia, una scelta impossibile — Intervista a Salmo

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 del 12/10/11

Dopo il suo esplo­si­vo debut­to con The Island Chain­saw Mas­sa­cre (pro­dot­to dal­la Kick Off! nel 2011), Sal­mo è diven­ta­to una del­le nuo­ve pro­mes­se dell’Hip Hop ita­lia­no. L’atmosfera del suo album è alie­na rispet­to ai cano­ni del rap: fon­de basi rit­mi­che che si ispi­ra­no al metal, alla drum n’ bass, all’elettronica, al rock n’ roll. In occa­sio­ne del riav­vio del suo tour ita­lia­no, abbia­mo inter­vi­sta­to que­sto poe­ta intro­spet­ti­vo, il cui vol­to è un teschio che sogghigna.

Qua­li sono le ori­gi­ni del tuo inte­res­se per l’Hip Hop?

E’ un gene­re che ho ini­zia­to a fre­quen­ta­re nel­la pri­ma ado­le­scen­za, quan­do ave­vo 13–14 anni. Ho ini­zia­to con un mio grup­po, i cui mem­bri si sono poi dedi­ca­ti ad altri pro­get­ti. Nel perio­do che va dal 2000 al 2005 ho rea­liz­za­to tre demo: “Pre­me­di­ta­zio­ne e Dolo”, “Sot­to Pel­le” e “Mr. Anti­pa­tia”. Oltre a que­sti, ho rea­liz­za­to altri set­te dischi con varie band non atti­nen­ti al rap, in cui ho avu­to modo di esplo­ra­re la musi­ca in tut­ti i suoi aspet­ti. Ero e sono osses­sio­na­to dal­la musi­ca e per que­sto, con il pas­sa­re degli anni, ho suo­na­to di tut­to: punk, sto­ner, cha cha cha e via dicendo.

Oltre ad esse­re un MC, sei anche un pro­dut­to­re musi­ca­le. Ti sei avval­so del­la col­la­bo­ra­zio­ne di altri musi­ci­sti per rea­liz­za­re il tuo pri­mo disco pro­fes­sio­na­le? Che risul­ta­ti ha ottenuto?

Il disco è inte­gral­men­te ope­ra mia: chi­tar­re, sequen­cer e tut­to il resto. Ora sto lavo­ran­do ad un secon­do CD, in cui col­la­bo­re­rò con pro­dut­to­ri di rilie­vo. Sarà inte­res­san­te con­fron­tar­mi con loro anche a livel­lo di com­po­si­zio­ne e non solo con le mie rime.  Per quan­to riguar­da l’esito del disco: è sta­to otti­mo. Quan­do lo rea­liz­zai, non pote­vo imma­gi­na­re un risul­ta­to del gene­re. L’ho idea­to e rea­liz­za­to men­tre ero in tour con un’altra band, i TOEDGEIN. Dopo aver con­clu­so i lavo­ri sul disco, l’ho but­ta­to in rete. E’ pia­ciu­to e da lì si è par­ti­ti. Ho già suo­na­to in parec­chie cit­tà ed ora mi tra­sfe­ri­rò tem­po­ra­nea­men­te a Mila­no per favo­ri­re la logi­sti­ca del tour, per­ché tra otto­bre e novem­bre ho mol­te date in quel­la zona. Sono mol­to sod­di­sfat­to di que­ste sera­te: non è suc­ces­sa nes­su­na tra­ge­dia e tut­to è fila­to per il meglio.

I tuoi video ed il tuo sito mostra­no il logo del­la Mache­te Pro­duc­tions. Cos’è?

Pri­ma di tut­to, sia­mo grup­po di ami­ci che con­ta otto ele­men­ti. La Mache­te è simi­le alle clas­si­che crew hip hop degli anni ’90, in cui si pote­va­no tro­va­re MC, esper­ti di brea­k­dan­ce, wri­ters e DJ. La dif­fe­ren­za è che ora il con­cet­to di crew si è evo­lu­to e con­tie­ne esper­ti in altre disci­pli­ne. Tra di noi ci sono anche illu­stra­to­ri, video­ma­ker e foto­gra­fi. Tut­ti col­la­bo­ra­no ai pro­dot­ti altrui, come una famiglia.

Tu sei cre­sciu­to ad Olbia. Que­sta cit­tà ha influen­za­to il tuo modo di approc­ciar­ti all’Hip Hop?

Sì, cer­to. Tut­ti i rap­per sono pro­fon­da­men­te influen­za­ti dal­la cit­tà in cui vivo­no. Nel caso spe­ci­fi­co di Olbia, una del­le influen­ze impor­tan­ti è dovu­to al fat­to che la cul­tu­ra Hip Hop qui non vi ha mai attec­chi­to: i gene­ri pre­do­mi­nan­ti sono il punk e il metal. Que­sto sta­to di cose fa sì che ci si tro­vi qua­si costret­ti alla con­ta­mi­na­zio­ne tra vari sti­li musi­ca­li, ed io cre­do sia un bene.

La tua musi­ca, i tuoi video ed il tuo “costu­me di sce­na” si richia­ma for­te­men­te ad un imma­gi­na­rio cine­ma­to­gra­fi­co hor­ror. Per­ché que­sta scel­ta? Ti sen­ti di far par­te del­la cor­ren­te di Hip Hop a tema “psi­chia­tri­co” (Psy­cho Realm e Gate­kee­paz, tan­to per fare un esem­pio USA ed uno ita­lia­no), che ha sem­pre adot­ta­to un impian­to imma­gi­ni­fi­co di que­sto tipo?

In real­tà, non è sta­ta una scel­ta, ma un per­cor­so natu­ra­le. Sono sem­pre sta­to un con­su­ma­to­re entu­sia­sta di cine­ma hor­ror a tre­cen­to­ses­san­ta gra­di: dal trash più spin­to a quel­lo raf­fi­na­to, alle pro­du­zio­ni sta­tu­ni­ten­si alla glo­rio­sa cine­ma­to­gra­fia hor­ror ita­lia­na degli anni ’70 e ’80. Uno dei miei auto­ri pre­di­let­ti è Sam Rai­mi con la sua Arma­ta del­le Tene­bre. Det­to que­sto, non mi sen­to di far par­te di nes­su­na cor­ren­te. Se pro­prio è neces­sa­rio, lascio che sia­no gli altri ad eti­chet­ta­re il mio lavo­ro come meglio credono.

La don­na non è mai sta­ta trat­ta­ta con i guan­ti bian­chi dal mon­do dell’Hip Hop. Anche tu, nel video del tuo sin­go­lo Yoko Ono, ne assas­si­ni addi­rit­tu­ra tre. Pen­si che que­sto atteg­gia­men­to sia un cano­ne del gene­re (e quin­di puro intrat­te­ni­men­to) o riflet­te le espe­rien­ze nega­ti­ve dei vari rap­per in ambi­to relazionale?

Per quel che riguar­da Yoko Ono, l’accento dovreb­be esse­re posto su un’altro aspet­to: in quel pez­zo ho volu­to dedi­car­mi al rac­con­to di una sto­ria, che aves­se un ini­zio, uno svi­lup­po ed una fine. Non acca­de con gran­dis­si­ma fre­quen­za nell’Hip Hop. Il trat­ta­men­to posi­ti­vo o nega­ti­vo del­le don­ne dipen­de dal tipo di sto­ria che si vuo­le rac­con­ta­re, e non ha nul­la a che fare con il maschi­li­smo o una pre­sun­ta osti­li­tà del can­tan­te. Dopo­tut­to, Yoko Ono è solo una sto­ria, una can­zo­ne, e non va pre­sa alla lettera.

1
Ott
2011

Alfabeti simbolici per Crisa

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 del 30/09/11

Seb­be­ne i sin­da­ci spes­so accu­si­no il wri­ting di esse­re “mero van­da­li­smo” e le signo­re bene con­ti­nui­no a scuo­te­re il capi­no com­pun­te, que­sto feno­me­no di street art con­ti­nua a sfor­na­re arti­sti vali­di. Mol­ti di essi segui­ta­no a popo­la­re la not­te e le mura del­le cit­tà per tut­ta la loro car­rie­ra, men­tre altri, insod­di­sfat­ti dei limi­ti tec­ni­ci impo­sti ai wri­ters (che, lo ricor­dia­mo con i ver­si del rap­per Kaos One, “non dipin­go­no qua­dri: scri­vo­no let­te­re”) deci­do­no di allar­ga­re i pro­pri oriz­zon­ti arti­sti­ci alla pit­tu­ra tradizionale.
E’ que­sto il caso di Fede­ri­co Car­ta, meglio cono­sciu­to con il suo nome d’arte Cri­sa (pro­ve­nien­te appun­to dai suoi tra­scor­si da wri­ter, come con­tra­zio­ne di “cri­sa­li­de”). Atti­vo, a livel­lo pro­fes­sio­na­le, dal 2001, è ormai un vete­ra­no del­le gal­le­rie d’arte ed i suoi qua­dri han­no riscos­so gran­de suc­ces­so in Ita­lia e Ger­ma­nia. La pros­si­ma occa­sio­ne per apprez­zar­li sarà la ter­za tap­pa di Gesto Segno Dise­gno, una ras­se­gna d’arte con­tem­po­ra­nea a cura dell’associazione cul­tu­ra­le Séma­ta. Si ter­rà a par­ti­re dal 30 set­tem­bre al MACC (Museo d’Arte Con­tem­po­ra­nea di Cala­set­ta), gior­no in cui l’evento sarà inau­gu­ra­to alle 19:00. Le mostre saran­no dispo­ni­bi­li ai visi­ta­to­ri fino al 5 novem­bre. Tra le ope­re pre­sen­ta­te, sarà in espo­si­zio­ne l’installazione dei due arti­sti Car­men Lau­ri­no e Mas­si­mo Lovi­sco (meglio cono­sciu­ti come Elle­plu­sEl­le) inti­to­la­ta I.D. # (Inter­no dome­sti­co), un aggre­ga­to arti­sti­co in cui l’installazione, la foto­gra­fia e la per­for­man­ce rela­zio­na­le si com­bi­ne­ran­no al fine di mostra­re il ruo­lo dell’arte con­tem­po­ra­nea nel­le rela­zio­ni socia­li e cul­tu­ra­li. Per far­lo, gli arti­sti han­no dota­to tre fami­glie loca­li di un kit di ope­re foto­gra­fi­che e le han­no sol­le­ci­ta­te ad “arre­da­re” la pro­pria casa con esse. Il risul­ta­to, anch’esso foto­gra­fa­to, sarà espo­sto al MACC per il pubblico.
Al con­tra­rio di Elle­plu­sEl­le, Cri­sa ha sem­pre pre­fe­ri­to gli ester­ni agli inter­ni. Dopo la tran­si­zio­ne dal mon­do del wri­ting a quel­lo del­la mura­li­sti­ca e del­la pit­tu­ra, si è dedi­ca­to alla rap­pre­sen­ta­zio­ne del disa­gio urba­no e del ruo­lo sal­vi­fi­co che l’immaginazione può ave­re in quel contesto.
La sua mostra, inti­to­la­ta “Dai mar­gi­ni…”, mira a rap­pre­sen­ta­re l’ecosistema del­la peri­fe­ria cit­ta­di­na: «In que­sti agglo­me­ra­ti urba­ni — dice Cri­sa — ormai tut­to sta esplo­den­do. Tut­to è gene­ti­ca­men­te modi­fi­ca­to. In que­sti qua­dri, si pone l’enfasi sul rap­por­to tra uomo e natu­ra». Le sue ope­re, spes­so rea­liz­za­te con mate­ria­li di scar­to rac­col­ti per le vie del­la cit­tà, sono popo­la­te da un vasto dra­ma­tis per­so­nae di per­so­nag­gi o figu­re ricor­ren­ti, che ven­go­no a costi­tui­re un vero e pro­prio alfa­be­to sim­bo­li­co carat­te­ri­sti­co dell’artista. Per cui, tra indu­strie, mani intrap­po­la­te sot­to le mace­rie, uomi­ni la cui testa si è ridot­ta ad un occhio, anten­ne, fram­men­ti di mac­chi­na­ri e via dicen­do, lo spet­ta­to­re non può non pen­sa­re alla stra­ti­fi­ca­zio­ne dei rifiu­ti che ormai ammor­ba­no la nostra vita quo­ti­dia­na: sono i rude­ri che un tem­po furo­no la nostra civil­tà, ed ora si stan­no avvian­do ver­so la disca­ri­ca, sospin­ti da mani ignote.

29
Set
2011

Gli operai Vinyls? Ai vertici del PD — Intervista a Dario Vergassola

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 del 24/09/2011

Ci ha intrat­te­nu­to per anni con le sue inter­vi­ste osé ed una comi­ci­tà ben sal­da alle sue radi­ci popo­la­ri, sia nei tea­tri che nel­le tele­vi­sio­ni: è Dario Ver­gas­so­la, che doma­ni si esi­bi­rà alle 21:00 ad Ora­ni, all’interno del­la ras­se­gna tea­tra­le Pan­theon Even­ti, orga­niz­za­ta da Barbariciridicoli.

Lo spet­ta­co­lo di doma­ni, Spar­la con Me, sarà pre­ce­du­to da un’intervista agli orga­niz­za­to­ri. E’ una scel­ta inusuale.

«Si trat­ta di una com­pa­gnia tea­tra­le che cal­ca il ter­ri­to­rio sar­do da 18 anni. Avre­mo modo di far­ci qual­che doman­da a vicen­da. Per la pri­ma vol­ta, quel­la mani­fe­sta­zio­ne vie­ne aper­ta ad una serie di per­for­mer “del con­ti­nen­te”, quin­di sono ono­ra­to di far­ne par­te. Inol­tre, ven­go in Sar­de­gna ogni vol­ta che mi è pos­si­bi­le: il pro­ble­ma è anda­re via. In sera­ta, poi, ci sarà il mio spet­ta­co­lo: è un one man show di caba­ret. Can­te­rò, rac­con­te­rò aned­do­ti, pre­sen­te­rò mate­ria­le che non è potu­to anda­re in onda a Par­la con me per moti­vi di tem­po. Sarà una sor­ta di calen­da­riet­to degli even­ti e noti­zie di quest’anno.»

A pro­po­si­to di Par­la con me: pare che la RAI, negli ulti­mi anni, abbia deci­so di chiu­de­re tut­te gli show di successo.
«Quell’azienda è una mac­chi­na che cam­mi­na al con­tra­rio. Anche io non rie­sco a capir­ne la logi­ca. Era­va­mo mol­to sod­di­sfat­ti dei risul­ta­ti del­la tra­smis­sio­ne, anche in ter­mi­ni di share. For­se non ci è sta­to per­do­na­to il pec­ca­to di aver supe­ra­to Vespa. La chiu­su­ra, comun­que, è sta­ta poli­ti­ca. Le ragio­ni eco­no­mi­che ci sono sem­bra­te cap­zio­se. Non è sta­ta com­ple­ta­men­te ina­spet­ta­ta: tut­ti gli anni sen­ti­va­mo scric­chio­lii e cedi­men­ti. Inol­tre, il pre­mier ci ha cita­to in pub­bli­co: quan­do suc­ce­de c’è da toc­car­si (sem­pre che non si toc­chi lui, tra l’altro). E’ incre­di­bi­le come il padro­ne di una TV con­cor­ren­te pos­sa gam­biz­za­re il ser­vi­zio pub­bli­co in que­sto modo. Pen­sa­va­mo che gli alti ascol­ti ci pro­teg­ges­se­ro, ma non è sta­to così. Pen­so di esse­re sta­to uno dei pochi trom­ba­ti da Ber­lu­sco­ni sen­za ave­re in cam­bio nean­che un seg­gio parlamentare.»

In pas­sa­to sei sta­to un ope­ra­io. Cosa pen­si del recen­te raf­for­zar­si del­le pro­te­ste di que­sta categoria?
«Pen­so non si pro­te­sti abba­stan­za. Sono sta­to un ope­ra­io fino a 34 anni ed ammet­to di esse­re un mira­co­la­to, nono­stan­te tut­ti i pro­ble­mi cita­ti. Tra i miei ami­ci, mol­ti dei qua­li ope­rai, vedo che il disa­gio eco­no­mi­co è impres­sio­nan­te. Io, nel mio pic­co­lo, fac­cio il pos­si­bi­le per aiu­tar­li: sono anda­to a fare uno spet­ta­co­lo all’Asinara duran­te l’occupazione e li ho inter­vi­sta­ti al mio pro­gram­ma su La7. Sono per­so­ne digni­to­se e pre­pa­ra­te: vor­rei veder­li ai ver­ti­ci del PD. Anche gli ami­ci di destra dan­no segni di irre­quie­tez­za cre­scen­te: ora capi­sco­no quan­to il loro sfa­ce­lo eco­no­mi­co sia dovu­to alla leg­ge­rez­za con cui han­no sor­vo­la­to sul­le maga­gne ber­lu­sco­nia­ne. Addi­rit­tu­ra i leghi­sti sono stu­fi. Io ne cono­sco alcu­ni incre­du­li davan­ti al fat­to che il loro par­ti­to, in 20 anni, sia riu­sci­to sola­men­te ad impor­re un’ora di ber­ga­ma­sco nel­le scuo­le (tutt’al più, for­se il cine­se sareb­be una scel­ta miglio­re, dati i tem­pi). Inol­tre, anche la sini­stra non mostra poli­ti­ci d’alto livel­lo. Sarà dura. Tra le ecce­zio­ni, c’è sicu­ra­men­te Soru: mi sem­bra un poli­ti­co mol­to deter­mi­na­to. Quan­do ho let­to dei ten­ta­ti­vi di abo­li­re il suo pia­no pae­sag­gi­sti­co, sono rima­sto ester­re­fat­to. Si darà il via ad un sac­co edi­li­zio abo­mi­ne­vo­le. Costrui­re sul­le coste, se acca­de, sarà il sui­ci­dio del­la Sar­de­gna. La vostra iso­la è un pò come un con­ti­nen­te. Ricor­da poco l’Italia: for­se per que­sto ci ven­go volentieri.»

29
Set
2011

Per tutti i diavoli, ho perso il mio sceneggiatore

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 del 27/09/2011 ed è sta­to scrit­to in col­la­bo­ra­zio­ne con Eli­sa­bet­ta Randaccio 

La pas­sio­ne di Ser­gio Bonel­li, scom­par­so ieri a 79 anni all'ospedale San Gerar­do di Mon­za dove era rico­ve­ra­to da alcu­ni gior­ni, era la scrit­tu­ra. Tra i suoi per­so­nag­gi non a caso c’era Zagor, sin­te­si del­le sue due pas­sio­ni: il fan­ta­sti­co e l'avventura. Quan­do alla mor­te del padre, Ser­gio ere­di­tò l’eroe per eccel­len­za del pan­theon fumet­ti­sti­co ita­lia­no, Tex Wil­ler, il suo pro­ble­ma non fu solo pro­se­gui­re una linea edi­to­ria­le, ben­sì tene­re alto il livel­lo del­le sue saghe avven­tu­ro­se dal pun­to di vista nar­ra­ti­vo. La sua atten­zio­ne, dun­que, fu rivol­ta agli sce­neg­gia­to­ri e agli script for­ni­ti da que­sti ulti­mi all'epica wil­le­ria­na, ma pure a quel­la dei per­so­nag­gi che con­tri­buì a crea­re per la sua casa edi­tri­ce (Mar­tin Myste­re, Dylan Dog, Julia, per fare solo alcu­ni esem­pi), in manie­ra sem­pre vigo­ro­sa e influente.

Cre­sciu­to osser­van­do le tavo­le del western di Gal­lep­pi­ni — un deser­to brul­lo e sug­ge­sti­vo che ricor­da­va in manie­ra evi­den­te i pae­sag­gi del­la Sar­de­gna dove il papà di Tex ave­va vis­su­to a lun­go — accol­se con inte­res­se e fidu­cia nel­la sua scu­de­ria alcu­ni auto­ri del­la nostra iso­la che con­tri­bui­ro­no alla for­tu­na del­la sua casa edi­tri­ce in un perio­do d’oro per il fumet­to ita­lia­no: la deca­de tra gli Ottan­ta e i Novan­ta. Sono que­sti gli anni in cui nasce uno tra i per­so­nag­gi di suc­ces­so del­le edi­zio­ni bonel­lia­ne: Nathan Never. Detec­ti­ve del futu­ro ed eroe del­la fan­ta­scien­za, fu crea­to da tre gio­va­ni auto­ri sar­di nel 1996: Miche­le Med­da, Bepi Vigna ed Anto­nio Ser­ra. Le sto­rie da loro costrui­te attor­no al per­so­nag­gio, oltre ad esse­re ric­che di cita­zio­ni fil­mi­che e let­te­ra­rie, sono costel­la­te da rife­ri­men­ti alla nostra iso­la, tra il rive­ren­te e l’ironico. I tre auto­ri riu­sci­ro­no (e con­ti­nua­no a far­lo tut­to­ra) a con­ta­mi­na­re la serie con pic­co­li ma deci­si­vi par­ti­co­la­ri che rive­la­no la loro iden­ti­tà. Ma la Sar­de­gna è pre­sen­te in tan­te altre avven­tu­re bonel­lia­ne: si pen­si a "Il Miste­ro del Nura­ghe", epi­so­dio del­la serie Mar­tin Myste­re (fir­ma­to sem­pre da Bepi Vigna) o all'albo di "Dam­pyr" in cui è pre­sen­te la figu­ra dell’Accabadora. I pro­dot­ti bonel­lia­ni, soprat­tut­to quel­li lega­ti al per­so­nag­gio di Tex, sicu­ra­men­te anco­ra oggi tra gli albi più ven­du­ti in Ita­lia, han­no crea­to per varie gene­ra­zio­ni un imma­gi­na­rio ben pre­ci­so nell’ambito del fumet­to popolare.

Tra i fan più fede­li del ran­ger crea­to nell’aspetto da Aure­lio Gal­lep­pi­ni, tro­via­mo il cri­ti­co cine­ma­to­gra­fi­co Gian­ni Olla, a cui abbia­mo chie­sto se aves­se mai con­tat­ta­to Ser­gio Bonel­li. Ci ha rac­con­ta­to di una tele­fo­na­ta «nell’occasione di un "com­plean­no" di Tex in cui l’editore mi rac­con­ta­va degli evi­den­ti gusti cine­ma­to­gra­fi­ci del padre sve­lan­do le pole­mi­che nate tra i due a pro­po­si­to del tipo di nar­ra­ti­va western uti­liz­za­ta: Ser­gio Bonel­li ama­va Leo­ne e le con­ta­mi­na­zio­ni con il gene­re fan­ta­sy e, dun­que, ave­va un approc­cio al western più adat­to ai gusti dell’epoca».

Sem­pre a Olla doman­dia­mo se, da let­to­re "for­te" di Tex, anche oggi ne apprez­zi le avven­tu­re, così diver­se da quel­le del­le ori­gi­ni. «Rima­ne l’abitudine del­la let­tu­ra lega­ta alla memo­ria — rispon­de — Sono affe­zio­na­to all’immaginario wil­le­ria­no dei pri­mi 150 nume­ri, dove, a mio vede­re, le sto­rie era­no più com­ples­se e lega­te ai model­li del­la nar­ra­ti­va otto­cen­te­sca, qua­si da melo­dram­ma. Oggi, gli epi­so­di sono più pove­ri sul pia­no del­lo svi­lup­po dell’intreccio, anche se visi­va­men­te han­no un aspet­to assai curato».