29
Set
2011

Eroi per gioco

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 del 26/09/11

«Il para­dos­so è que­sto: i gio­chi di ruo­lo dal vivo non sono un gio­co» dice Simo­ne Masa­la, sto­ri­co ope­ra­to­re cul­tu­ra­le del set­to­re. In effet­ti, que­ste espe­rien­ze ludico/artistiche sono spes­so frain­te­se per­ché le si defi­ni­sce con paro­le che intral­cia­no la com­pren­sio­ne del feno­me­no. «All’estero li si defi­ni­sce LARP: Live-Action Role Play­ing (Inter­pre­ta­zio­ne di un ruo­lo dal vivo) — pro­se­gue Masa­la — in que­ste paro­le, la paro­la “gio­co” non com­pa­re. Que­sto pro­ble­ma seman­ti­co fa sì che i LARP sia­no approc­cia­ti, in Ita­lia, da un pub­bli­co pro­ve­nien­te soprat­tut­to dai video­ga­me, che si aspet­ta, appun­to di “gio­ca­re”, men­tre l’enfasi dovreb­be esse­re posta sull’aspetto crea­ti­vo e tea­tra­le. Allo stes­so modo, gli adul­ti incap­pa­no nel­lo stes­so erro­re e li con­si­de­ra­no atti­vi­tà infan­ti­li». Pri­ma di pro­ce­de­re, è meglio descri­ve­re que­sto feno­me­no. I LARP sono serie di even­ti in cui deci­ne di per­so­ne (e a vol­te miglia­ia) si incon­tra­no in loca­tion sug­ge­sti­ve e, seguen­do un cano­vac­cio, dan­no vita a sto­rie reci­ta­te in improv­vi­sa­zio­ne. Per­ché que­sto avven­ga, devo­no segui­re uno scar­no nume­ro di rego­le ed appro­fon­di­re il pro­prio per­so­nag­gio (scri­ven­do­ne il pas­sa­to, costruen­do­ne l’aspetto ed esa­mi­nan­do­ne la psi­co­lo­gia), in modo da poter reci­ta­re con efficacia.
Dice Fabio Atto­li, orga­niz­za­to­re di LARP: «E’ una sor­ta di tea­tro spe­ri­men­ta­le: più lo si affron­ta come fareb­be un atto­re, più ci si diver­te». I regi­sti di que­ste sto­rie sono gli orga­niz­za­to­ri stes­si: cura­no il pro­gre­di­re del­la tra­ma, diri­go­no le com­par­se e pre­pa­ra­no le sfi­de, le loca­tion, le colon­ne sono­re e gli effet­ti spe­cia­li. Orga­niz­za­ti a sca­den­ze fis­se, que­sti even­ti (altri­men­ti det­ti live o GRV) for­ma­no del­le cate­ne nar­ra­ti­ve che pos­so­no dura­re anni ed affre­sca­re inte­re saghe epi­che, spes­so ispi­ra­te al fan­ta­sy di Tol­kien (ma non solo). La Sar­de­gna è sta­ta atti­va in que­sto set­to­re fin dal­la fine degli anni ’90. Le pri­me asso­cia­zio­ni “auto­di­dat­te”, com­po­ste da gio­ca­to­ri di ruo­lo da tavo­lo (il cui prin­ci­pio è simi­le, ma in cui tut­to avvie­ne attra­ver­so le paro­le, nel chiu­so di una stan­za), ad occu­par­si dei live sono nate a Por­to Tor­res e Caglia­ri. Quin­di, da grup­pi come La Por­ta d’Argento o la Gil­da di Kara­lis, sono nate enti­tà spe­cia­liz­za­te come GRVK (2002) e Mon­di Sospe­si (2005). La pri­ma, ric­ca di ben 60 live, ha con­tri­bui­to a for­ma­re gene­ra­zio­ni di dedi­ti al LARP che poi han­no per­cor­so stra­de nar­ra­ti­ve diver­se, che esu­la­no dal fan­ta­sy. «Ora il pano­ra­ma ludi­co si è dif­fe­ren­zia­to — spie­ga Simo­ne Masa­la di GRVK, — c’è chi si occu­pa di hor­ror, chi di steam­punk e via dicendo.Spero che le asso­cia­zio­ni rie­sca­no ad impa­ra­re l’una dall’altra e cre­sce­re sem­pre di più.» Il pri­mo live da lui orga­niz­za­to, nel par­co di Mon­te­cla­ro, ha atti­ra­to 142 gio­ca­to­ri, ed il nume­ro è in costan­te cre­sci­ta. «Oltre alla nostra atti­vi­tà cul­tu­ra­le, — dice Fabio Atto­li di Mon­di Sospe­si — sia­mo sta­ti favo­ri­ti anche dall’imporsi nell’immaginario col­let­ti­vo di film come “Har­ry Pot­ter” o “Il Signo­re degli Anel­li”, che han­no in un cer­to sen­so sdo­ga­na­to il fan­ta­sy come gene­re per adul­ti. Inol­tre, nono­stan­te le gran­di cit­tà riman­ga­no il luo­go prin­ci­pa­le da cui par­to­no i vari live, i gio­ca­to­ri sono ovun­que.» E, con il tem­po, anche i LARP si sono evo­lu­ti: «Pri­ma si ten­de­va al gio­co puro e sem­pli­ce: ora si è più esi­gen­ti. Si vuo­le più sto­ria e meno bat­ta­glie, più dia­lo­go e meno mostri. Si mira a live inten­si, che rispec­chi­no le aspi­ra­zio­ni e la voglia di con­di­vi­de­re un’esperienza dei giocatori».

Un live è uno sfor­zo crea­ti­vo enor­me, in cui inte­ri vil­lag­gi ven­go­no ricrea­ti nei boschi e fiu­mi d’inchiostro scor­ro­no per aggiun­ge­re ele­men­ti che pos­so­no miglio­ra­re l’intepretazione dei pro­ta­go­ni­sti. Simo­ne Masa­la lo con­fer­ma: «Ormai orga­niz­zia­mo appun­ta­men­ti in con­cer­to con uni­ver­si­tà, comu­ni, pro­vin­cie: sono even­ti anche didat­ti­ci, in cui si è a con­tat­to con la natu­ra e si instau­ra­no rap­por­ti per­so­na­li frut­tuo­si. Un pò come tra i boy scout, ma in più offria­mo un aspet­to tea­tra­le che è uni­co dei LARP». GRVK sta labo­rio­sa­men­te tes­sen­do rap­por­ti con varie asso­cia­zio­ni euro­pee per far espan­de­re oltral­pe la sua atti­vi­tà. For­se, sul filo di una spa­da e tra le paro­le di un incan­te­si­mo, si for­ge­ran­no i lega­mi che raf­for­ze­ran­no un’Europa che non sia uni­ta sem­pli­ce­men­te dal­le ban­che, ma anche dal­la creatività.

21
Set
2011

Stilisti radicali: arriva il cosplay

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 del 20/09/11

I per­so­nag­gi del­la nar­ra­ti­va pop con­tem­po­ra­nea defi­ni­sco­no il nostro modo d’intendere il mon­do e la vita non meno di quan­to avve­ni­va nel lon­ta­no passato.
Eroi di film, fumet­ti e let­te­ra­tu­ra for­ma­no un pan­theon mito­lo­gi­co moder­no che riflet­te lo spi­ri­to dei tem­pi, pur man­te­nen­do immu­ta­ti nei mil­len­ni alcu­ni car­di­ni cul­tu­ra­li tra­di­zio­na­li: è sem­pli­ce tro­va­re il trait d’union sim­bo­li­co tra Mer­li­no ed Albus Silen­te dal­la saga di Har­ry Pot­ter, così come la sostan­zia­le iden­ti­tà tra la figu­ra di Achil­le e quel­la di Super­man o, addi­rit­tu­ra, i for­tis­si­mi ele­men­ti cri­sto­lo­gi­ci che defi­ni­sco­no il per­so­nag­gio di Ken­shi­ro nel­la serie Hoku­to No Ken: entram­bi sono mor­ti in cro­ce e risor­ti, tan­to per cita­re un det­ta­glio significativo.
Alcu­ni di noi sono più o meno suscet­ti­bi­li ad iden­ti­fi­car­si, incon­scia­men­te, in que­sti moder­ni eroi dell’immaginario, men­tre altri deci­do­no di cele­brar­li atti­va­men­te. Ed il mon­do del cosplay (cra­si di “costu­me” e “play”), fin dai pri­mi anni ’90, rap­pre­sen­ta la mani­fe­sta­zio­ne più let­te­ra­le di que­sto feno­me­no. I cosplayer sono colo­ro che, nell’ambito di even­ti ad hoc, deci­do­no di far mate­ria­liz­za­re i pro­pri eroi pop indos­san­do costu­mi che ne rap­pre­sen­ta­no le fat­tez­ze. Sia in manie­ra indi­vi­dua­le che di grup­po, gio­va­ni e gio­va­nis­si­mi crea­no meti­co­lo­sa­men­te il pro­prio abi­to, gli acces­so­ri, le par­ruc­che e tut­to quan­to ser­va loro per incar­na­re il per­so­nag­gio prescelto.
In segui­to, pre­pa­ra­no una “sce­net­ta” attra­ver­so la qua­le pos­so­no dar­gli vita nel mon­do reale.
Di nor­ma, le miglio­ri esi­bi­zio­ni all’interno di que­sti con­te­st sono pre­mia­te con i bigliet­ti aerei e gli accre­di­ti neces­sa­ri per par­te­ci­pa­re a mani­fe­sta­zio­ni ana­lo­ghe, in ambi­to nazio­na­le o internazionale.
Negli ulti­mi die­ci anni, il cosplay è dive­nu­to un feno­me­no rile­van­te anche in Sar­de­gna. Ogni anno, mol­te asso­cia­zio­ni (Mon­di Sospe­si, ed il suo Beach Cosplay Par­ty, è tra le più impor­tan­ti) orga­niz­za­no dei festi­val o even­ti in cui i cosplayer pos­so­no espri­me­re la loro creatività.
Abbia­mo deci­so di ana­liz­za­re il feno­me­no attra­ver­so le “con­fes­sio­ni” di due gio­va­ni cosplayer, Valen­ti­na Pod­da e Mar­ti­na Seru­si. La pri­ma è una vete­ra­na del set­to­re, con un’esperienza di sei o set­te anni, men­tre la secon­da si è immer­sa in que­sto mon­do nel 2010. «Negli ulti­mi anni, la Sar­de­gna ha ospi­ta­to un gran nume­ro di even­ti per cosplayer, tra cui con­cor­si, labo­ra­to­ri di sar­to­ria spe­cia­liz­za­ta e vari pre­mi. — dice Mar­ti­na — Non sono sera­te a tema: il cosplay è libe­ro per natu­ra, ognu­no può sce­glie­re di indos­sa­re i pan­ni del per­so­nag­gio che sen­te più vici­no a sé, sia esso trat­to da un video­gio­co, un man­ga, un film. A vol­te, alcu­ni scel­go­no per­so­nag­gi del­la let­te­ra­tu­ra: in que­sto caso, lo spa­zio all’immaginazione è mol­to più ampio.»
Valen­ti­na, dopo aver fre­quen­ta­to il suc­ci­ta­to Cosplay Par­ty, ha deci­so di dedi­car­si a que­sta espres­sio­ne arti­sti­ca e, il suc­ces­si­vo anno, si è pre­sen­ta­ta in con­cor­so con alcu­ni ami­ci, rap­pre­sen­tan­do una sce­na trat­ta dal video­gio­co Ragna­rok Online.
Con il pas­sa­re del tem­po, si è appas­sio­na­ta sem­pre di più a quest’attività: «All’inizio, ave­vo una cer­ta ritro­sia ad affron­ta­re il lato sar­to­ria­le del cosplay­ing. Dopo aver vin­to una mac­chi­na da cuci­re ad un con­cor­so, ho scel­to di coglie­re l’occasione ed ini­zia­re a rea­liz­za­re da zero i miei costumi.»
I cosplayer, che potrem­mo defi­ni­re sti­li­sti radi­ca­li, han­no diver­se scuo­le di pen­sie­ro riguar­do la loro disci­pli­na. C’è chi insi­ste sull’assoluta impor­tan­za dell’handmade, come Valen­ti­na, ed affron­ta mesi di pre­pa­ra­zio­ne per cura­re tut­ti i det­ta­gli del pro­prio costu­me, men­tre altri, come Mar­ti­na, han­no un approc­cio diver­so: «La cosa più impor­tan­te è il diver­ti­men­to. — dice lei — Oltre a que­sto, lo è anche cura­re l’interpretazione del pro­prio per­so­nag­gio, stu­dian­do la sce­na o l’esibizione in modo che non sia cari­ca­tu­ra­le o sciat­ta, per avvi­ci­nar­si allo spi­ri­to del pro­prio personaggio».
L’ambiente del cosplay è mol­to com­pe­ti­ti­vo, come tut­te le cul­tu­re gio­va­ni­li, ma è anche un’ occa­sio­ne di socia­liz­za­zio­ne ed aggre­ga­zio­ne di gran­de importanza.
«È un’espressione arti­sti­ca. — dice Valen­ti­na — Ognu­no ci met­te del suo. È cru­cia­le indi­vi­dua­re un per­so­nag­gio a cui si asso­mi­glia ed in cui ci si iden­ti­fi­ca. Da quel momen­to, pos­so­no ini­zia­re i preparativi.»

11
Set
2011

"Ne con il PD ne con il PDL, sono fratelli gemelli" Intervista a Frankie HI NRG

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 del 10/09/11.

Se qual­co­sa può esse­re affer­ma­to con cer­tez­za su Fran­ce­sco di Gesù, più noto come Frank­ie HI-NRG MC, è che sia un devo­to sacer­do­te del­la Paro­la e la usi con mae­stria nel­la sua arte. E’, infat­ti, uno dei pri­mi e dei più cele­bri rap­per d’Italia ed ha vis­su­to tut­te le fasi evo­lu­ti­ve di que­sto gene­re, sen­za mai per­de­re inte­res­se rispet­to alle sue fon­da­men­ta lin­gui­sti­che e cul­tu­ra­li. Tra que­sti, appun­to, la paro­la ed il suo potere.

Qual’è la dif­fe­ren­za tra le ori­gi­ni del Rap Ita­lia­no, il cosid­det­to perio­do del­le “pos­se” di cui tu sei sta­to uno dei pro­ta­go­ni­sti, e il presente? 

«Il perio­do del­le pos­se, all’interno del Rap, è sta­ta una tran­si­zio­ne, che ha tra­ghet­ta­to il gene­re dal sot­to­suo­lo alle ter­re emer­se. Con gli ami­ci, all’inizio dei ’90, era­va­mo impe­gna­ti nel­la pro­du­zio­ne di Rap dal­le for­ti tona­li­tà socia­li, come la mag­gior par­te del­le altre pos­se. Il caso ha volu­to che la sto­ria si spo­stas­se in una dire­zio­ne in cui quel mes­sag­gio e que­gli stru­men­ti fos­se­ro apprez­za­ti dal gran­de pub­bli­co. Ho scrit­to, allo­ra, Fight Da Fai­da per pochi ami­ci, è pia­ciu­ta, poi ho pub­bli­ca­to il disco con suc­ces­so. Oggi la situa­zio­ne è diver­sa: trion­fa l’influenza USA. Ma c’è un para­dos­so: si ten­de ad emu­lar­ne sia mes­sag­gio sia con­te­nu­ti. Infat­ti, il Rap in Ita­lia è qua­si tut­to Gang­sta. Si cele­bra l’alcool, la dro­ga, si trat­ta­no le don­ne come fos­se­ro put­ta­ne, si ragio­na osses­si­va­men­te sui sol­di ed il suc­ces­so, sia come mez­zo che come fine.»

Non è curio­so che il Gang­sta sia un gene­re di Rap gio­va­ni­le eppu­re sia così rea­zio­na­rio? I gio­va­ni dovreb­be­ro esse­re, per defi­ni­zio­ne, i mem­bri più “rivo­lu­zio­na­ri” del­la società.

«Non sono tan­to i gio­va­ni, ma l’argomento scel­to ad esser­lo. Il dena­ro è rea­zio­na­rio. Desi­de­ra­re quat­tri­ni è rea­zio­na­rio. Il capi­ta­li­smo tra­di­zio­na­le è rea­zio­na­rio. Chi fa un qua­lun­que lavo­ro sola­men­te per dena­ro, di fat­to, si omologa.»

Come si riflet­te il tuo impe­gno poli­ti­co nel­la tua vita quotidiana?

«Io cer­co di fare poli­ti­ca tenen­do­mi lon­ta­no dai par­ti­ti. Sono anche con­vin­to che ogni gesto quo­ti­dia­no sia una scel­ta poli­ti­ca. Non sto nel PD o nel PDL: pri­ma di tut­to per­ché sono mol­to simi­li, e, in secon­da bat­tu­ta, per­ché non mi pia­ce come ven­go­no evi­den­zia­te le loro reci­pro­che dif­fe­ren­ze. Se la sini­stra ha una clas­se diri­gen­te così peno­sa è per­ché ci sia­mo accon­ten­ta­ti di votar­li sen­za pre­ten­de­re un cam­bia­men­to. Io for­se mi aspet­to trop­po da loro. Sono stan­co di evo­ca­re sem­pre Enri­co Ber­lin­guer, quin­di but­to un altro nome: Pie­tro Nen­ni. Il mio impe­gno poli­ti­co quo­ti­dia­no con­si­ste nel dire quel­lo che pen­so e sti­mo­la­re le per­so­ne a fare lo stes­so. Sono appe­na sce­so da un tre­no, dopo un viag­gio di qua­si quat­tro ore, e mi ha dato una gran­dis­si­ma sod­di­sfa­zio­ne par­la­re di tra­spor­ti, poli­ti­ca, tele­vi­sio­ne con due stu­den­tes­se, una casa­lin­ga ed un anzia­no signo­re: è cru­cia­le poter ave­re un con­fron­to, scam­bia­re idee, rac­con­ta­re aned­do­ti. Que­sto è dibat­ti­to. E’ democrazia.»

In una cer­ta tra­di­zio­ne del­la vec­chia scuo­la del Rap sta­tu­ni­ten­se, l’MC è un inse­gnan­te ed un cro­ni­sta. Ti iden­ti­fi­chi in que­sto modello?

«Tutt’al più mi con­si­de­ro un bidel­lo del­la vec­chia scuo­la. A par­te que­sto, la rispo­sta è: senz’altro. L’MC fa que­ste cose e le rac­con­ta: tro­va una for­mu­la diver­ten­te, spes­so in rima (ma non neces­sa­ria­men­te), e le ripro­po­ne. Spes­so un aned­do­to, come quel­li emer­si dal­la chiac­chie­ra­ta in tre­no, se pre­sen­ta­ti da un MC, (che poi è un ora­to­re tout-court) acqui­si­sco­no un valo­re sim­bo­li­co, maga­ri fan­no anche sor­ri­de­re e riflet­te­re le per­so­ne. Met­te­re il pub­bli­co a pro­prio loro agio, far­lo ragio­na­re su qual­co­sa che lo riguar­da è impor­tan­te. Lo si può anche met­te­re a disagio.»

Oltre alla musi­ca, hai avu­to vari flirt arti­sti­ci nel mon­do del cine­ma (come atto­re in Paz! o DeGe­ne­ra­zio­ne, ad esem­pio). Vor­re­sti scri­ve­re e diri­ge­re un film?

«Sì, ma ho mai tro­va­to una idea per una sto­ria abba­stan­za buo­na. Ulti­ma­men­te, ho avu­to il pia­ce­re di inter­pre­ta­re una par­te in I più gran­di di tut­ti, scrit­to e diret­to da Car­lo Vir­zì, di pros­si­ma usci­ta. Io ho avu­to l’onore di reci­ta­re al fian­co di Cathe­ri­ne Spaak. E’ sta­ta una bel­la esperienza.»

Stai lavo­ran­do ad un nuo­vo progetto?

«Lune­dì, il mio nuo­vo sin­go­lo, School Rocks, sarà dispo­ni­bi­le in tut­ti i nego­zi di musi­ca onli­ne, come iTu­nes. Il video è dispo­ni­bi­le in ante­pri­ma nel sito www.frankie.tv. E’ un pro­get­to dedi­ca­to agli stu­den­ti di scuo­le medie supe­rio­ri ed infe­rio­ri, la pre­fa­zio­ne musi­ca­le al libro omo­ni­mo. Inol­tre, dall’11 otto­bre, debut­to in tea­tro con un pro­get­to di Mas­si­mi­lia­no Bru­no. Si inti­to­la Pote­re alle paro­le. Sarà in pro­gram­ma per due set­ti­ma­ne, a Roma, al tea­tro Ambra. E’ uno spet­ta­co­lo di mono­lo­ghi e can­zo­ni, che coo­pe­ra­no nel rac­con­ta­re un’Italia che vor­rem­mo non dover rac­con­ta­re. Ha tan­ti ele­men­ti diver­si, tan­ti sapo­ri oltre ai temi socia­li. L’equilibrio tra la paro­la reci­ta­ta da Mas­si­mi­lia­no e quel­la rap­pa­ta da me lo ren­de mol­to speciale.»

8
Set
2011

MonnaliZa Overdrive — Remixing Your Ass

Que­sto album rac­co­glie una man­cia­ta dei remix che ho pro­dot­to all'interno del pro­get­to Mon­na­li­Za Over­dri­ve. Tut­ti i pez­zi risal­go­no ai pri­mi anni del 2000.
Tut­ti i bra­ni sono sta­ti com­po­sti con ACID Pro.
La gra­fi­ca del boo­klet trat­ta dal qua­dro The Tower di Frie­da Har­ris, su "sog­get­to" di Alei­ster Cro­w­ley. E' un arca­no mag­gio­re del Thoth Tarot.
La stru­men­ta­le de Il Capo del­la Ban­da con­tie­ne un sam­ple da San­do­kan. La stru­men­ta­le di Dio Loda­to con­tie­ne parec­chi sam­ple da Inda­gi­ne su di un cit­ta­di­no al di sopra di ogni sospet­to di Ennio Mor­ri­co­ne, non­ché un cele­bre discor­so di San­dro Per­ti­ni agli stu­den­ti di un liceo.
L'album è rila­scia­to sot­to licen­za Crea­ti­ve Com­mons: pote­te far­ci quel che vi pare pur­ché non lo ven­dia­te e citia­te sem­pre l'autore. I dirit­ti dei bra­ni remi­xa­ti appar­ten­go­no ai leg­git­ti­mi proprietari.
Il "lato B" di que­sto album con­tie­ne tut­te le stru­men­ta­li, in modo che pos­sa­no esse­re usa­te da chi lo voglia per crea­re altri remix.

29
Ago
2011

MonnaliZa Overdrive — Fringe Science

Que­sto album rac­co­glie una sele­zio­ne del­la musi­ca che ho pro­dot­to all'interno del pro­get­to Mon­na­li­Za Over­dri­ve dal 1997 al 2004. In que­sto sen­so, è l'equivalente di un Grea­te­st Hits. Tut­ti i bra­ni sono sta­ti com­po­sti con ACID Pro e l'ausilio di Soun­d­for­ge, tran­ne Hi Kids e Down With The Cow, pro­dot­ta con Mix­man, e Pro­blem Sol­ver, pro­dot­ta con Reason.

29
Ago
2011

Un'onda anomala chiamata Hardcore

(La band har­d­co­re Il Disa­gio)

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 del 27/08/11


Un’onda ano­ma­la. È que­sta l’immagine più adat­ta a descri­ve­re il gene­re musi­ca­le defi­ni­to har­d­co­re (ter­mi­ne ombrel­lo sot­to al qua­le si cela un labi­rin­to di sot­to­cor­ren­ti come il grin­d­co­re, il cru­st, le for­me più estre­me di punk, ma anche il death metal ed affini).
Le band che han­no volu­to imboc­ca­re que­sta via, la più dura per defi­ni­zio­ne, si tro­va­no ad abi­ta­re le zone emar­gi­na­te e sel­vag­ge del pano­ra­ma musi­ca­le: in ogni live il pub­bli­co si tro­va inve­sti­to da un’ondata soni­ca tra­vol­gen­te, sca­tu­ri­ta dal­la rab­bia e dal­la dispe­ra­zio­ne che la nostra socie­tà soli­ta­men­te occul­ta die­tro ai como­di para­ven­ti del con­su­mi­smo. Live come quel­li che ter­ran­no in sta­to d’assedio il pub­bli­co del­la Ter­ror Fest, la ker­mes­se har­d­co­re che si ter­rà il 3 set­tem­bre alla “Pine­ti­na” a Sor­so, sul lun­go­ma­re Por­to Tor­res-Castel Sardo.
L’hardcore è, in mol­ti sen­si, l’inconscio del­la musi­ca moder­na: il luo­go in cui ciò che è taboo e, quin­di, risul­ta impro­nun­cia­bi­le, tro­va una sua esplo­si­va moda­li­tà di espres­sio­ne. A con­fer­ma di que­sto, è suf­fi­cien­te nota­re come i testi dei bra­ni in que­stio­ne dia­no ampio spa­zio ad argo­men­ti “proi­bi­ti” come la mor­te, la cri­ti­ca socia­le più intran­si­gen­te e visio­na­ria, l’horror vacui che si cela nel cuo­re del materialismo.
«È un tipo di musi­ca libe­ra­to­ria ed aggres­si­va, — spie­ga Davi­de Man­ca, chi­tar­ri­sta del­la band Il Disa­gio (nel­la foto in bas­so di Rober­to Pili) — un urlo con­tro l’oppressione, in qua­lun­que for­ma essa si mani­fe­sti: sia essa figlia (appun­to) del disa­gio socia­le o del­le gab­bie men­ta­li le cui sbar­re sono i luo­ghi comu­ni». Com’è adat­to ad un gene­re “esclu­so” per costi­tu­zio­ne, l’hardcore non può per cor­re­re le stes­se vie di dif­fu­sio­ne del­la musi­ca tra­di­zio­na­le ed è sup­por­ta­to da un vasto net­work clan­de­sti­no di cen­tri socia­li, real­tà auto­ge­sti­te e per­so­na­li­tà inconsuete.
«L’organizzazione dei nostri ulti­mi due tour, — pro­se­gue Davi­de Man­ca — è sta­ta pos­si­bi­le soprat­tut­to gra­zie all’impegno di ragaz­zi appar­te­nen­ti a vari grup­pi anar­chi­ci o punk, che han­no orga­niz­za­to i con­cer­ti ovun­que fos­se dispo­ni­bi­le un pal­co. L’ingresso era libe­ro: non si impo­ne­va un prez­zo fis­so, ognu­no paga­va secon­do le sue disponibilità».
Ed il risul­ta­to è impres­sio­nan­te, se si con­si­de­ra che que­sta rete sot­ter­ra­nea, seb­be­ne agi­sca con limi­ta­tis­si­me risor­se eco­no­mi­che, ha garan­ti­to a Il Disa­gio dei tour che han­no per­cor­so Croa­zia, Slo­ve­nia, Ser­bia, Unghe­ria, Polo­nia, Repub­bli­ca Ceca, Ger­ma­nia, Olan­da ed Ita­lia. Cio­no­no­stan­te, l’hardcore è un gene­re che richie­de una gran­de abi­li­tà tec­ni­ca. In man­can­za di que­sta, i suoi tem­pi for­sen­na­ti impon­go­no alme­no una cer­ta pre­stan­za atle­ti­ca ai per­for­mer. «Come sem­pre, un’ampia cul­tu­ra musi­ca­le è d’obbligo. È fon­da­men­ta­le ascol­ta­re e capi­re ogni gene­re. — dice Davi­de Man­ca — Non far­lo pro­vo­ca una chiu­su­ra set­ta­ria in sot­to­cor­ren­ti ed, in ulti­ma ana­li­si, la sta­gna­zio­ne crea­ti­va. Pen­so che sia un male: sia­mo tut­ti incaz­za­ti per gli stes­si moti­vi, è dele­te­rio chiu­der­si ognu­no nel pro­prio angolino».
Que­sto pro­ble­ma, comu­ne a mol­te ten­den­ze musi­ca­li, può esse­re argi­na­to gra­zie ad even­ti come la Ter­ror Fest: «L’obiettivo è for­ni­re un luo­go in cui riu­ni­re le band che si iden­ti­fi­ca­no nel­le varie ani­me dell’hardcore, — dice Gio­van­ni Pin­na, uno degli orga­niz­za­to­ri — sia per dar loro visi­bi­li­tà che per far­le entra­re in con­tat­to con nuo­ve cate­go­rie di pub­bli­co, come quel­le che giun­ge­ran­no alla Ter­ror Fest per par­te­ci­pa­re al con­te­st di ska­te che si ter­rà poco pri­ma del con­cer­to (ore 17)».
Que­sto festi­val, giun­to alla sua ter­za edi­zio­ne, ha visto i fan rad­dop­pia­re nei pri­mi due anni e si ipo­tiz­za che que­sta ten­den­za con­ti­nui a incre­men­tar­si. Al con­tra­rio dell’esperienza “noma­de” de Il Disa­gio, la Ter­ror Fest è nata per valo­riz­za­re le band loca­li ed ospi­te­rà arti­sti pro­ve­nien­ti da tut­ta la Sar­de­gna (anche se i foco­lai prin­ci­pa­li riman­go­no Olbia, Caglia­ri e Sassari).
Oltre alla raf­fi­ca di con­cer­ti, il festi­val pre­ve­de anche gal­le­rie di arti­sti, stand di pro­dot­ti hand-made ed altri dedi­ca­ti alla dif­fu­sio­ne del­la cul­tu­ra eco­lo­gi­sta e vega­na. Per­ché la furia ed il fra­stuo­no dell’hardcore non sono altro che le doglie da cui nasce un nuo­vo sti­le di vita.
23
Ago
2011

Ci vuole tattoo

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to il 19/08/11 su Sar­de­gna 24.

La moder­na bat­ta­glia per l’identità si com­bat­te anche sul­la pel­le dei cit­ta­di­ni. Let­te­ral­men­te. Nel cor­so del­la sto­ria, i tatuag­gi han­no svol­to la fun­zio­ne di desi­gna­re lo sta­tus ed il ruo­lo socia­le di chi li indos­sa­va: han­no ador­na­to galeot­ti e nobi­li, guer­rie­ri mao­ri e pesca­to­ri giap­po­ne­si. Han­no trac­cia­to con­fi­ni socia­li all’interno del­la popo­la­zio­ne e riven­di­ca­to dif­fe­ren­ze culturali.
Dice, a que­sto pro­po­si­to, il roc­ker caglia­ri­ta­no Joe Per­ri­no: «È meglio ave­re un po’ di fan­ta­sia sul pro­prio cor­po. I temi prin­ci­pa­li dei miei tatuag­gi sono l’immaginario rock e la pit­tu­ra giap­po­ne­se. Il rock è la mia moda­li­tà d’espressione crea­ti­va pre­fe­ri­ta. Inve­ce, ho scel­to di “indos­sa­re” l’arte giap­po­ne­se, con ripro­du­zio­ni di ope­re d’arte o di moti­vi tra­di­zio­na­li del­la Yaku­za, per­ché ado­ro il loro sen­so estetico.»
Con l’avanzata ram­pan­te del McMon­do occi­den­ta­le, che schiac­cia ed omo­lo­ga ogni dif­fe­ren­za, anche l’arte del tatuag­gio è sta­ta uni­ver­sa­liz­za­ta. Ormai, le iden­ti­tà ven­go­no pre­sen­ta­te dai media come beni di con­su­mo e, per que­sto, ora tut­ti ador­na­no la loro pel­le con sim­bo­li usa e get­ta, pri­vi di una con­no­ta­zio­ne socia­le codi­fi­ca­ta. Se è vero che un tatuag­gio defi­ni­sce il ruo­lo di chi lo indos­sa, ora espri­me un mes­sag­gio del tut­to diver­so: puoi esse­re chiun­que tu voglia.
È anche per cele­bra­re que­sti cam­bia­men­ti nell’arte del tatuag­gio che, dal 26 al 28 ago­sto all’Hotel Setar, si ter­rà la quar­ta edi­zio­ne del­la Caglia­ri Tat­too Con­ven­tion. Que­sta mani­fe­sta­zio­ne, ric­ca degli stand di 130 tatua­to­ri, con­cer­ti rock e hip hop, even­ti di pit­tu­ra live e gal­le­rie d’arte, pun­ta a rap­pre­sen­ta­re lo svi­lup­po di quest’arte nel­le sue sva­ria­te for­me ed offri­re alla popo­la­zio­ne l’occasione di cono­scer­ne gli arti­gia­ni. Oppu­re, illu­stra­re la pro­pria pel­le con un gli­fo di par­ti­co­la­re interesse.
«Abbia­mo con­sta­ta­to come — spie­ga Fran­ce­sca Mulas, addet­ta alla comu­ni­ca­zio­ne del­la Con­ven­tion — il pub­bli­co, pri­ma com­po­sto da addet­ti ai lavo­ri, ora sia sem­pre meno eli­ta­rio. Sia­mo par­ti­ti da 4 mila pre­sen­ze nel 2008 e, di anno in anno, l’aumento è sta­to esponenziale».
Se è vero che mol­ti sono attrat­ti dal tatuag­gio per moda, è neces­sa­rio sot­to­li­nea­re come l’aspetto iden­ti­ta­rio di quest’arte non sia del tut­to scom­par­so. «I tatua­to­ri non ama­no i clien­ti pri­vi di un’idea pre­ci­sa, che scel­go­no un’illustrazione da un cata­lo­go, per­ché una simi­le opzio­ne pri­va il loro lavo­ro del­la respon­sa­bi­li­tà che meri­ta. In Sar­de­gna, è mol­to popo­la­re il tatuag­gio a sfon­do archeo­lo­gi­co: mol­ti deci­do­no di riven­di­ca­re la pro­pria appar­te­nen­za alla comu­ni­tà iso­la­na con dise­gni trat­ti da petro­gli­fi o dall’immaginario tra­di­zio­na­le, qua­li masche­re e sim­bo­li nuragici.»
La con­ven­tion ha otte­nu­to una note­vo­le pre­sen­za di tatua­to­ri nazio­na­li e inter­na­zio­na­li anche gra­zie al lato turi­sti­co dell’iniziativa: gli arti­sti pos­so­no dedi­car­si alla loro pas­sio­ne duran­te la not­te e visi­ta­re le bel­lez­ze dell’isola di gior­no. «Que­sta com­po­si­zio­ne inter­na­zio­na­le, — dice Mil­ly, tatua­tri­ce vete­ra­na dell’Inkanto Tat­too Empo­rium di Caglia­ri — con­tri­bui­sce ad aumen­ta­re la qua­li­tà del­le ope­re ese­gui­te duran­te la con­ven­tion. Anche il pub­bli­co ha gusti sem­pre più raf­fi­na­ti. Cio­no­no­stan­te, il tatuag­gio di tipo tra­di­zio­na­le è quel­lo più richie­sto: pochi colo­ri, dise­gni inci­si­vi, sep­pur semplici».
La con­ven­tion cele­bra anche la varie­tà sti­li­sti­ca offer­ta dal­la tec­no­lo­gia. La tipi­ca mac­chi­net­ta a bobi­na è anco­ra in uso, ma è affian­ca­ta da quel­la a rota­ti­va, che offre un dise­gno più pre­ci­so, con mag­gio­ri pos­si­bi­li­tà crea­ti­ve. È pos­si­bi­le impie­ga­re inchio­stri spe­cia­li, in cui i tatuag­gi sono visi­bi­li solo in date con­di­zio­ni di luce, oppu­re usa­re mac­chi­ne ali­men­ta­te dall’energia foto­vol­tai­ca per dimi­nuir­ne l'impatto sull'ambiente. All'orizzonte si pro­fi­la­no pure i tatuag­gi elet­tro­ni­ci, come quel­li svi­lup­pa­ti da Todd Cole­man dell’Università dell’Illinois, capa­ci di inter­fac­ciar­si con gli smart­pho­ne e muta­re dise­gno secon­do i capric­ci dell’utente.
Ric­chi di una tra­di­zio­ne mil­le­na­ria, i tatuag­gi con­ti­nua­no a riflet­te­re l’identità di chi li por­ta. Anche se l’identità, nel nostro occi­den­te, può dura­re lo spa­zio di un mattino.
18
Ago
2011

Spazio al partito dei divertentisti

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to su Sar­de­gna 24 il 14/08/11

L’obiettivo è ricon­qui­sta­re la not­te: offri­re una sca­ri­ca di adre­na­li­na ed una nuo­va cul­tu­ra del­lo spas­so ad una cit­tà che, trop­po di fre­quen­te, si abban­do­na alla rou­ti­ne. Sono que­ste le linee gui­da del­le tre men­ti crea­ti­ve che stan­no scuo­ten­do, ormai da due anni, la vita del­la Caglia­ri by night. «Sia­mo un sin­da­ca­to dell’intrattenimento, un par­ti­to diver­ten­ti­sta, una festa mobi­le» spie­ga Fran­ce­sco Lio­ri, orga­niz­za­to­re del­le sera­te Gol­pe insie­me a Dia­blo e Jim­my dei Siki­ti­kis. Para­fra­san­do i ver­si dei Bea­stie Boys, aggiun­ge: «Riven­di­chia­mo il nostro dirit­to al diver­ti­men­to, e inten­dia­mo mas­si­miz­za­re la rica­du­ta cul­tu­ra­le posi­ti­va su chiun­que si uni­sca a noi. Soprat­tut­to dopo l’elezione del gio­va­ne sin­da­co di Caglia­ri e l’ottimismo che tale fat­to emble­ma­ti­co ha gene­ra­to, voglia­mo tra­dur­re que­sta nuo­va onda­ta di fre­schez­za in una real­tà con­cre­ta anche in set­to­ri inu­sua­li, come quel­lo del­le discoteche».

L’origine del Gol­pe, nome che, nel­la pra­ti­ca, ormai, desi­gna sia le sera­te che l’apparato orga­niz­za­ti­vo, risa­le a due anni fa. «Ero redu­ce da un’esperienza spa­gno­la, in cui sono venu­to a con­tat­to con for­me d’intrattenimento anco­ra ine­di­te in Sar­de­gna, come ad esem­pio i Nasty Mon­days — rac­con­ta Lio­ri — Io, Dia­blo e Jim­my avrem­mo dovu­to orga­niz­za­re una festa nata­li­zia all’ “FBI”, i cui pro­ta­go­ni­sti sareb­be­ro sta­ti i Siki­ti­kis. Deci­dem­mo di pro­por­re qual­co­sa di inu­sua­le: stam­pam­mo 400 occhia­li 3D e li distri­buim­mo al pub­bli­co, per­ché le gra­fi­che del CD era­no tri­di­men­sio­na­li. Dopo aver visto una marea di ragaz­zi che bal­la­va­no con indos­so gli occhia­let­ti, l’ “FBI” si con­vin­se che avrem­mo potu­to offri­re mol­to di più: ope­ra­zio­ne che si con­cre­tiz­zò nel Gol­pe, la disco anti­di­sco, la qua­le da lì mos­se i pri­mi pas­si, fino ad arri­va­re alla sua for­ma esti­va che si tie­ne al Blanco».

Nel­la sua bre­ve sto­ria, il Gol­pe si è evo­lu­to fino a dive­ni­re una sor­ta di pro­gram­ma cul­tu­ra­le: non con­ten­ti di offri­re un intrat­te­ni­men­to inno­va­ti­vo per la real­tà sar­da, che spa­zia tra tut­ti i gene­ri musi­ca­li ed è spes­so con­di­to da ini­zia­ti­ve goliar­di­che, i tre orga­niz­za­to­ri han­no intra­pre­so una stra­da ancor più ambi­zio­sa. «Voglia­mo sti­mo­la­re la sce­na musi­ca­le, facen­do con­flui­re diver­si tipi di pub­bli­co, di nor­ma tra loro inco­mu­ni­can­ti, ed espor­li alle loro reci­pro­che idee e sug­ge­stio­ni. Per cui, nel Gol­pe, non è stra­no che ska­ter, sur­fer, punk e ragaz­zi ben vesti­ti si diver­ta­no assie­me e si con­ta­gi­no a vicen­da. Fac­cia­mo il pos­si­bi­le per dare visi­bi­li­tà a pit­to­ri, video­ma­ker ed altre for­me d’arte, di soli­to, esclu­se da que­sto tipo d’iniziative. Uno spin-off del Gol­pe, in que­sto sen­so, è l’Idioteque: una serie di even­ti pome­ri­dia­ni in cui la musi­ca è accom­pa­gna­ta alla pit­tu­ra dal vivo e la videoar­te. In que­sto modo, anche i ragaz­zi mol­to gio­va­ni, che non pos­so­no nor­mal­men­te acce­de­re ai con­cer­ti per la loro tar­da ora, pos­so­no frui­re ed apprez­za­re la musi­ca dal vivo».

Il Gol­pe, per sen­si­bi­liz­za­re alla tipo­lo­gia del con­cer­to colo­ro che, per for­ma­zio­ne, l’hanno sem­pre snob­ba­ta, ha ini­zia­to a som­mi­ni­stra­re al suo pub­bli­co dei live a sor­pre­sa. Per cui, nel mez­zo di una sera­ta comu­ne, arti­sti come Sal­mo o Kai­ser han­no pre­so il con­trol­lo del­la sce­na e si sono esi­bi­ti. Data la sua vena goliar­di­ca, il Gol­pe ha anche “crea­to” star dal nul­la, inven­tan­do per­so­nag­gi ed ico­ne sul­la vena del momen­to, per cui un nero la cui ori­gi­ne è caglia­ri­ta­na al 100 per cen­to, è sta­to pre­sen­ta­to come un “rap­per di Broo­klyn” oppu­re una sta­tuet­ta raf­fi­gu­ran­te un pasto­re scoz­ze­se (l’animale, non il vil­li­co nor­di­co) è dive­nu­ta l’idolo paga­no del Gol­pe, il dot­tor Cane. «Abbia­mo 8mila con­tat­ti su Face­book — con­clu­de dice Lio­ri — e li usia­mo per infor­ma­re la nostra comu­ni­tà su even­ti spor­ti­vi (soprat­tut­to di tavo­la, come ska­te, wake­board e surf, ma anche para­ca­du­ti­smo) e d’intrattenimento. Quan­do pos­si­bi­le, ci pia­ce far sì che i ragaz­zi sco­pra­no che esi­ste un altro mon­do, oltre a quel­lo del muret­to. Con il tem­po, han­no impa­ra­to a sen­ti­re le nostre feste come loro feste. Le difen­do­no ed emar­gi­na­no gli arro­gan­ti o i vio­len­ti. A vol­te, offria­mo ska­te o altri pre­mi a chi ci por­ta la sua pagel­la. Il Gol­pe è una cosa di tutti.

30
Lug
2011

Creativa è la protesta

Que­sto arti­co­lo è sta­to pub­bli­ca­to il 29/07/11 su Sar­de­gna 24.

Una fol­la, all’improvviso. Uomi­ni e don­ne, cono­scen­ti o estra­nei, tra­spor­ta­ti da una rab­bia e da un pen­sie­ro comu­ne. Si riu­ni­sco­no in una mas­sa, come goc­cio­le spar­se sul­lo stes­so pen­dìo, e scor­ro­no ver­so il loro obiet­ti­vo. Al con­tra­rio del­le orde che asse­dia­va­no i for­ni nei seco­li pas­sa­ti, le fol­le han­no ora svi­lup­pa­to un “siste­ma ner­vo­so” che per­met­te loro di agi­re con una coor­di­na­zio­ne raf­fi­na­ta: sono i mez­zi di comu­ni­ca­zio­ne di mas­sa oriz­zon­ta­li, tra cui spic­ca­no inter­net e gli SMS. Gra­zie ad essi, le cate­go­rie del pas­sa­to non sono più appli­ca­bi­li, ed è neces­sa­rio ricor­re­re a nuo­vi ter­mi­ni: l'orda è dive­nu­ta un “Flash Mob”, una “fol­la istantanea”.
Que­sto feno­me­no, a par­ti­re dal 2003, si è con­trad­di­stin­to per la sua capa­ci­tà di pro­por­re, con gran­de crea­ti­vi­tà, una pro­te­sta civi­le con­vo­ca­ta dal bas­so in cui l’argomento del con­ten­de­re pri­meg­gia sul nar­ci­si­smo dei dema­go­ghi e le ban­die­re poli­ti­che. Come dice Fran­ce­sca Saba, orga­niz­za­tri­ce di un “Flash Mob” che, pochi gior­ni fa, ha per­cor­so le stra­de di Caglia­ri: “Sia­mo cit­ta­di­ni atti­vi, per cui ci rifiu­tia­mo di subi­re le deci­sio­ni altrui. La per­di­ta di un pre­si­dio cul­tu­ra­le come la Biblio­te­ca Pro­vin­cia­le è una scon­fit­ta per tut­ta la popo­la­zio­ne, com­pre­sa la clas­se diri­gen­te. La nostra è sta­ta una dimo­stra­zio­ne di civil­tà: i cit­ta­di­ni non si sono lascia­ti divi­de­re da fedi poli­ti­che o beghe loca­li­sti­che. Han­no agi­to per difen­de­re la cul­tu­ra e, nel­la fat­ti­spe­cie, una Biblio­te­ca che sen­to­no loro”.  I tagli indi­scri­mi­na­ti alla cul­tu­ra han­no già mie­tu­to vit­ti­me in tut­ta la peni­so­la, ed ora minac­cia­no di ridur­re del 70% i ser­vi­zi del­la Biblio­te­ca Pro­vin­cia­le di Caglia­ri. Que­sto com­por­te­rà il licen­zia­men­to di mol­ti biblio­te­ca­ri e la sostan­zia­le sop­pres­sio­ne del­la sua capa­ci­tà ope­ra­ti­va. “Davan­ti a que­sta pro­spet­ti­va” dice la Saba “abbia­mo agi­to come si fareb­be nei con­fron­ti di un ami­co in dif­fi­col­tà, facen­do sen­ti­re il nostro appog­gio, anche con l’obiettivo di dare una mano alle ammi­ni­stra­zio­ni loca­li, come la Pro­vin­cia, che si stan­no impe­gnan­do per evi­ta­re che avven­ga il peg­gio”. Così, il 26 luglio, si è riu­ni­to un “Flash Mob” che ha per­cor­so via Man­no ed è giun­to fino all’interno del­la Biblio­te­ca. Ognu­no dei par­te­ci­pan­ti, con un libro in una mano e l’altra a tap­pa­re la boc­ca, ha volu­to sot­to­li­nea­re il suo dis­sen­so e, nel con­tem­po, svol­ge­re un’ ope­ra­zio­ne di invi­to alla let­tu­ra e di amo­re per la cultura.
Pochi mesi pri­ma, sem­pre a Caglia­ri, un’altro “Flash Mob” ha mostra­to l’impegno dei cit­ta­di­ni in un modo più eccen­tri­co. Tre gior­ni pri­ma del refe­ren­dum che ha spaz­za­to via l’opzione nuclea­re in Ita­lia, infat­ti, la cit­tà è sta­ta “asse­dia­ta” dagli zom­bie. “La mani­fe­sta­zio­ne era pre­vi­sta per Hal­lo­ween” dice Fran­ce­sco Lio­ri, uno degli orga­niz­za­to­ri del­la “Zom­bie Walk”, “ma abbia­mo scel­to di anti­ci­par­la per rap­pre­sen­ta­re in modo tea­tra­le e sur­rea­le qua­le sareb­be sta­to il futu­ro dell’Italia in caso la con­sul­ta­zio­ne non aves­se avu­to suc­ces­so”. Più di 300 per­so­ne, truc­ca­te come in un bloc­k­bu­ster di Rome­ro, han­no bar­col­la­to per le stra­de del­la cit­tà con gran­de scin­til­lio di fau­ci e gor­go­glìo di gole affamate.
Il “Flash Mob” è più affi­ne all’arte tea­tra­le che alle pro­te­ste tra­di­zio­na­li. Pre­di­li­ge l’ironia allo scon­tro mili­ta­re e mira a sor­pren­de­re: ad esem­pio, nel 2006, 4000 ragaz­zi arma­ti di let­to­re MP3 ed auri­co­la­ri han­no inva­so la metro di Lon­dra, mutan­do­la in una disco­te­ca silen­zio­sa. Oppu­re, nel 2008, 8000 per­so­ne masche­ra­te da Guy Faw­kes (ico­na trat­ta da “V per Ven­det­ta”) si sono riu­ni­te davan­ti alle sedi di Scien­to­lo­gy in 93 cit­tà. La pro­te­sta paci­fi­ca, orga­niz­za­ta dagli hac­ker di “Ano­ny­mous”, si è sca­glia­ta con­tro le “ille­ga­li­tà” attri­bui­te al cul­to di Ron Hubbard.
Que­ste nuo­ve for­me di pro­te­sta crea­ti­va, come scri­ve uno dei loro mas­si­mi teo­ri­ci, Hakim Bey, sono una mac­chi­na da guer­ra noma­de, capa­ce di col­pi­re e fug­gi­re. Si amman­ta nell’invisibilità duran­te la vita quo­ti­dia­na ed emer­ge per con­qui­sta­re i suoi obiet­ti­vi quan­do meno la si aspet­ta. Se lo Sta­to e la Sto­ria spes­so si mostra­no come “uno sti­va­le che schiac­cia un vol­to uma­no — per sem­pre” (paro­le di Orwell), i “Flash Mob” si dimo­stra­no, tra i tan­ti, un modo pra­ti­co e civi­le per mostra­re che esi­ste anche un’altra Storia.